Ritratto di Ermanno Wolf Ferrari DYNAMIC CDS 54

Ermanno Wolf-Ferrari

Kammersymphonie op. 8
Quintetto con pianoforte op. 6

Il singolare destino di Ermanno Wolf-Ferrari è collegabile a quello di compositori che dovettero affrontare una crisi esistenziale allo scoppio della Prima Guerra Mondiale quando s’impose la decisione di una scelta da quale parte stare.
La doppia identità di Wolf-Ferrari (il padre era tedesco, la madre veneziana), il tipo di educazione ricevuta soprattutto in Germania dove studiò sotto la guida di Josef Rheinberger, e la sua affermazione, almeno come operista, in Italia, sembrano indicare una originale forma di “bilinguismo” di cui solo una parte è oggi sopravvissuta, cioè quella che lo ricorda più italiano che germanico: Il segreto di Susanna, I gioielli della Madonna, I quattro rusteghi.
Questa produzione operistica può aver forse contribuito a gettare un'ombra su quella strumentale tutta svolta con grande rigore costruttivo e nella migliore tradizione germanica. Contemporaneo di Schoenberg e di Reger e Schrecker, Wolf-Ferrari stenta comunque a trovare una propria collocazione in un ambito storico che tenesse in conto le tendenze espressionistiche che si andavano delineando al principio di questo secolo e comunque prima che la sintassi atonale si fosse configurata appieno. Le opere strumentali del compositore veneziano, scritte nei primi anni del Novecento (delle quali fanno parte la Kammersymphonie op. 8 e il Quintetto op. 6 incisi su questo disco) mostrano di non tenere in conto certe valenze allora affermate, come il cromatismo e la graduale riduzione delle progressioni, che connotavano invece il discorso musicale postromantico. Sembra che Wolf-Ferrari fosse invece più interessato a ricuperare altre esperienze nel segno talvolta di spessori quasi straussiani, però temperati da pause e corone “misteriose” e da un moderato impiego del sincopato, come risulta in particolare dal Trio n. 2 per archi e pianoforte.

Anche la scelta della tonalità risulta abbastanza instabile: nella Kammersymphonie, l'adozione di Si bemolle maggiore sembra suggerita da un fatto funzionale e riferito non solo al pianoforte, ma anche agli altri strumenti che “suonano” meglio in ambiti tonali più confacenti alle loro caratteristiche timbriche e alla estensione.
In pratica si tratta di un doppio quintetto per archi e fiati, mediato dal pianoforte che si muove con eleganza e vivacità, mentre i singoli strumenti propongono passaggi solistici scoperti, come il clarinetto, il fagotto, il violoncello, il corno e lo stesso pianoforte. Esemplare sotto questo aspetto è lo Scherzo (Vivace con spirito) situato come terzo movimento.

Sempre in tema di scelta delle tonalità basilari, il Quintetto op. 6 si muove nell'ambito desueto di Re bemolle maggiore con i suoi cinque bemolli in chiave, mentre il successivo Quartetto per archi op. 24 è concepito nell'ovvio Do maggiore.
Insomma, la scelta di tonalità facili o difficili che siano, sembra dettata da un’esigenza interiore ma sempre collegata a una mania ancora romantica nel rendere atmosfere e stati d'animo con l'impiego di alterazioni in chiave senza dovere necessariamente ricorrere a cromatismi, se non occasionalmente. Per cui, l'apertura del primo e fosco movimento del Quintetto, poi cede il passo alla tranquilla esposizione della Canzone e del Capriccio quasi a segnare una maggiore semplificazione melodicamente e ritmicamente intesa a gettare luci più che ombre sul discorso musicale. Come se la sua doppia natura non si collocasse più in una “terra di nessuno” ma tra i confini di due grandi civiltà musicali da lui divise con eguale impegno.

Edward Neill