OUVERTURE Velut Luna CVLD 02200

All'inizio degli anni Novanta il Centro Internazionale per la Ricerca Strumentale (CIRS) di Venezia, diretto da Claudio Ambrosini, si fece promotore di un vasto progetto volto a favorire lo scambio e l'integrazione delle conoscenze strumentali tra ambiti musicali diversi. A questa iniziativa - significativamente intitolata "Ouverture" per alludere alla volontà di "un'apertura" e una comunicazione più ampia tra mondi e tradizioni lontane - furono invitati compositori di varia formazione e nazionalità, e solisti provenienti da settori altri e tendenzialmente autonomi della nuova musica (etnica, jazz, progressive, ecc.). Ai primi fu chiesto di scrivere dei nuovi lavori per l'Ex novo Ensemble con l'aggiunta di uno o più solisti improvvisatori ospiti. La finalità principale del progetto era l'interazione "guidata" dal compositore tra musicisti di diversa provenienza geografica e culturale, cercando però di evitare sia il collage di linguaggi eterogenei che un tipo di improvvisazione "indifferenziata". Per questa ragione fu specificato sin dall'inizio che le partiture richieste avrebbero dovuto prevedere parti scritte per esteso per i musicisti dell'ensemble e altre parti, in un certo senso "aperte" e più liberamente interpretabili, per il solista. Le modalità di interazione solista-assieme strumentale andavano poi determinate secondo procedimenti o comportamenti definiti in modo esplicito dal compositore, che avrebbe potuto utilizzare la notazione da lui ritenuta più opportuna (grafica, simbolica o anche altre, tra cui quella tradizionale). Nella fase di realizzazione conclusiva una funzione importante sarebbe stata poi svolta dal direttore del gruppo strumentale, incaricato di coordinare "in diretta" ogni pezzo, equilibrando con i suoi gesti le parti, invitando ad approfondire o a sintetizzare gli interventi, suggerendo accoppiamenti o impasti e così via. In questo CD si presenta una prima tranche dei numerosi lavori pervenuti e in particolare quelli che richiedono la partecipazione del sax improvvisatore solista, suonato dal jazzista veneziano Pietro Tonolo. Con il suo contributo a questa iniziativa il complesso strumentale Ex novo Ensemble di Venezia si avvia a festeggiare la sua quasi ventennale attività, e con la stessa formazione di partenza, nel campo della musica moderna e contemporanea.

Il brano di apertura è di Tommaso Vittorini (1955), un autore messosi in luce nei primi anni Settanta come sassofonista jazz, poi fondatore e direttore sia di una delle prime grandi formazioni italiane di jazz, il "Grande elenco dei musicisti" che, attualmente, della Eliseo Big Band di Roma, oltre a dedicarsi all'arrangiamento e alla composizione. Scritto per sei strumenti, flauto, clarinetto, violino, violoncello, marimba, piano e sax solista, il suo Waycold è caratterizzato da una trascinante allure melodica resa ancor più accattivante dalla continua ambivalenza ritmica (benché segnato in 3/4, il pezzo presenta un fraseggio velatamente binario). Vi si distinguono due parti, una prima in cui il sax si amalgama agli altri strumenti e una seconda in cui il solista elabora l'improvvisazione in base ad uno schema accordale stabilito dall'autore.

Nel secondo lavoro, scritto dal pianista e compositore milanese Giorgio Gaslini (1929), fautore di un'idea di "musica totale", si può riscontrare una precisa costante stilistica di questo musicista: "l'insistente reiterata sfida" al jazz - come ha ben scritto Giampiero Cane -"per farne [...] il luogo di partenza per lo sviluppo delle potenzialità del genio creativo e non un repertorio di frasi fatte o di clichés che, inanellati in questo modo o quello, diano luogo a riassicurazioni su sé e sul mondo fondate sulla ricomponibilità e dalla ripetibilità delle affermazioni". Il nome del brano, Trio, si richiama sia alla formazione strumentale (pianoforte, violoncello e percussioni, oltre naturalmente al sax), sia alla sua configurazione in tre parti, basate su nuclei tematici diversi. Le raffinate sonorità iniziali, sospese in una sorta di indefinitezza evocativa, si precisano in motivi sempre più perentori e pulsanti che culminano nel tema conclusivo.

Il terzo brano è di Corrado Pasquotti (1954), docente di composizione al Conservatorio di Venezia e che può vantare esecuzioni di suoi pezzi in prestigiose istituzioni (Ircam di Parigi, Biennale di Venezia, Rai di Roma, Lincoln Center di New York, ecc.). La partitura di Take five collage, per trio d'archi e sax e batteria solisti, consta di due parti, sovrapposte all'atto dell'esecuzione. La prima è costituita da una fascia sonora eseguita da violino, viola e violoncello e non suddivisa in battute che dà luogo a un continuum ciclicamente replicato a formare lo sfondo fonico dell'intero pezzo. La seconda parte riprende la celebre melodia di Take five del sassofonista Paul Desmond, misurata in battute di 5/4 (come si può evincere dal titolo) e realizzata da sax e batteria. Cangianti lacerti ritmico-melodici della fonte jazzistica originale emergono da un duttile gioco di scambi e di rimandi tra i due strumenti solisti, che comprende anche un episodio di libera improvvisazione del sax.

In C, del californiano Terry Riley (1935), è una delle opere capitali della Minimal Music e una delle composizione più significative di questo autore, che ha esercitato un ruolo di primo piano nella musica americana post-cageana. In questo pezzo, del 1964, si manifesta un pensiero compositivo che punta all'abbattimento delle barriere estetiche tra generi musicali e in cui affluiscono modelli culturali e orientamenti spirituali assimilati durante un variegato percorso formativo: la musica indiana, la pratica jazz e improvvisativa, la riflessione sugli esiti psicologici dell'ascolto di pattern ripetuti. Il materiale di partenza del pezzo è costituito da 53 figurazioni melodiche diverse che possono essere liberamente organizzate dagli esecutori (ciascuno dei quali può decidere quando iniziare e quante ripetizioni eseguire). Tali schemi, che si sovrappongono e si stratificano dando luogo a un numero amplissimo di possibilità combinatorie, sono sostenuti per tutta la durata del lavoro dalla pulsazione continua di un Do nel registro acuto, qui eseguito alternatamente da pianoforte e marimba, che dà appunto nome alla composizione.

Commissionato in collaborazione con il Canada Council for the Arts, Plus que la plus que lente è stato scritto da John Rea (1944), docente di composizione, teoria e storia della musica alla McGill University di Montreal e tra i cui impegni più recenti si ricorda una riorchestrazione del Wozzeck di Berg per 21 strumenti. Il brano prevede sei esecutori (flauto, clarinetto, violino, violoncello, percussioni e pianoforte) e un sax ed è suddiviso in quattro sezioni collegate da cadenze dello strumento solista. La prima sezione (Scorrevole) è caratterizzata dalle figurazioni ritmiche eseguite da flauto, clarinetto, violino e violoncello che si infittiscono progressivamente (a partire da una coppia di crome fino a due quartine di biscrome) ma che, grazie al simultaneo rallentamento della pulsazione metronomica, suggeriscono invece l'impressione di un fluire omogeneo e lievemente dilatato. Nella seconda sezione (Azzurreggiandosi) il ritmo tende a rapprendersi in un pizzicato omoritmico al di sopra del quale il solista improvvisa in stile blues, come - spiega l'autore - avrebbe potuto fare "un musicista che finalmente suona solo per sé dopo essersi esibito all'occhio disattento e all'orecchio distratto degli ospiti di un grande albergo". Nella terza sezione (Mordente) si riscontra un'eccitazione ritmica percussiva di sapore vagamente stravinskiano che, nella quarta ed ultima sezione (Liscio), si placa in uno sfondo sonoro dominato dal solista.

Nato a San Francisco, John Celona (1947) è stato allievo di Onderdonk, Xenakis e Gaburo, ha suonato il sax tenore assieme a Carlos Santana e Sun Ra e ora insegna composizione all'Università di Victoria. Il suo pezzo, Basilica Nuova, per sei strumenti e sax tenore solista, è caratterizzato da una forma a rondò (ABAC ecc.) ove la sezione A è costituita da un tutti strumentale contrassegnato da linee aggrovigliate e insistenti e si alterna ad altre sezioni ad organico più ristretto, con impasti sempre diversi e sonorità generalmente più sommesse. Pur di carattere improvvisativo, l'apporto solistico del sax a questo fondale sonoro è attentamente calibrato e prescritto dall'autore in ciascuna sezione. Il pezzo è stato scritto con l'aiuto di Timbre Space, un nuovo programma Macintosh per la composizione, la sintesi del suono in tempo reale e l'orchestrazione ideato da Celona e da John Wright. Il titolo, oltre a riferirsi a un nuovo modo di costruire la musica con l'ausilio dei mezzi informatici tale da emulare una spazialità quasi architettonica, è un gioco di parole sul termine "bossa nova" e anche un omaggio a Venezia, luogo di stupefacente bellezza e residenza dell'Ex novo Ensemble, che incornicia questo ultimo lavoro con due libere improvvisazioni.


Maria Giovanna Miggiani