Ritratto di Gian Francesco Malipiero Ricordi CRMCD 1024

Musica da Camera

Venezia è stata, dal Rinascimento in poi, un “laboratorio” musicale. Qui hanno trovato spazio e mezzi molte generazioni di compositori e di innovatori (da Zarlino ai Gabrieli, a Vivaldi, a Nono) che hanno via via delineato le caratteristiche di una scuola di pensiero compositivo ed esecutivo: una Scuola Veneziana. Il C.l.R.S., creato nel 1983, vuole proseguire questa linea di approfondimento sperimentale, condotto sia avvalendosi degli strumenti tradizionali che delle tecnologie più aggiornate. Con questa monografia di Gian Francesco Malipiero si inaugura una galleria di ritratti che il C.l.R.S., con la collaborazione dell'Editore Ricordi e della Regione Veneto, intende dedicare ai maestri di questa antica e vitale Scuola.

Il Presidente del C.l.R.S.
Claudio Ambrosini

Si ringraziano il Dr. Gisberto Morselli e la Direzione Artistica del Teatro Comunale di Ferrara per la collaborazione offerta al presente progetto; il Pro! Giovanni Morelli, il Dr. Paolo Cattelan e il Comitato Scientifico della Fondazione Giorgio Cini di Venezia per aver messo a disposizione i manoscritti autografi e gli abbozzi preparatori relativi alle opere qui registrate. La Signora Maria Pia Fanna Roncoroni per la cortese concessione del ritratto di Gian Francesco Malipiero riprodotto in copertina.

Prassi esecutiva e genesi del testo musicale di Malipiero: una nota

In questo odierno tributo discografico al Veneziano si inscrive, da parte dell'Ex Novo Ensemble, la ricerca di determinazioni specifiche della prassi esecutiva. Determinazioni consapevoli del processo creativo e concettuale del compositore, se non addirittura, in certi casi, fondate sul riconoscimento della genesi del testo musicale (del resto ciò è anche, da parte dell' Ex Novo, un metodo di approccio derivato da plurime esperienze di compartecipazione alle problematiche, anche testuali, della Musica Nuova). Il confronto delle edizioni con gli abbozzi autografi che si conservano presso il Fondo Malipiero della Fondazione Giorgio Cini è venuto dunque a far parte non occasionalmente dell'intenso lavoro preparatorio, ed ha aiutato a maturare una risposta esecutiva puntuale all'indole polistilistica o alle ambigue strutture tematiche o liberamente polifoniche della musica. Tutto ciò è avvenuto fin dalla minuziosa osservazione del «segno» impresso dall'autore sul pentagramma, ma è facile figurarsi l'inadeguatezza di questa sede per dame conto. Tuttavia ci sembra importante accennare a come, oltre alla correzione di alcune corruttele presenti nelle stampe, oltre a una più «vera» determinazione agogica e dinamica dello specifico delle ricorrenze motiviche, ci siano numerosi casi in cui è evidente che è la stessa disposizione concettuale del gesto compositivo a essere trattenuta negli abbozzi (e non concessa chiaramente alle stampe). Ad esempio, l'Ultimo Tempo della Sonata a Tre (questa è il vero banco di prova, per la sua stessa durata, dell'intero Compact Disc) venne pubblicato dall'Universal di Vienna nel 1928 e, per motivi, crediamo, d'ordine tipicamente editoriale, è quasi come se sul principio del Tempo stesso, due movimenti a solo, rispettivamente un Allegro impetuoso per Violino e Violoncello e un Piuttosto lento per Pianoforte, interrompessero definitivamente il già precario e contraddittorio aspetto di continuità di tutta la Sonata. Per il totale di 84 misure, Malipiero dispose invece sull'abbozzo una situazione diversa: perfettamente simmetrica e speculare (se ne può avere una vaga conferma con uno sguardo alla carta autografa che qui si pubblica) conservando alla pagina sempre inalterato lo spazio, immaginario, che delimita e include la presenza materiale di tutti e tre gli strumenti (e dei tre «sonadori»). Vale a dire che per le prime 40 misure si trovano meticolosamente scritti i silenzi della persona del Pianoforte dentro il solo degli archi e che nelle successive 40 la situazione è perfettamente capovolta, sulla pagina, dentro il movimento a solo del pianoforte. Bisogna «leggere» l'abbozzo per capire come in effetti non vi sia nessuna interruzione all'interno dell' Ultimo tempo, ma si tratti di evidenziare piuttosto, esecutivamente, la dinamica portante del suo svolgimento: dalla massima convergenza, «fusione», delle linee sonore - il dialogo degli archi cui corrisponde quello delle due mani sulla tastiera - alla massima divergenza delle stesse nella conclusione «insieme» di tutti e tre gli strumenti. Del resto, si tratta di dare a Malipiero ciò che gli è proprio senza pericolose, gratuite sovrapposizioni «di libertà», e nemmeno costrizioni ingiustificate, dacché il Veneziano ammette solo e sempre l'eccentricità nelle rappresentazioni formali delle strutture tematiche, che pur utilizza a modo proprio, mentre quelle contrappuntistiche sono sempre, più che oggettive, «vere» per lui, cioè materializzazioni in polifonie di strumenti-personae che «esistono» fin dalla pagina del suo esercizio compositivo. Nell'Ultimo tempo della Sonata a Tre si potrebbe dire, secondo noi, ma sul confronto dell'abbozzo di Malipiero, che non ci sono movimenti «a solo», ma «solo» «pause di silenzio» (i suoni) e presenze silenziose chiamate a collaborare a un'immaginaria e «discontinua continuità», fragilmente legata a un'intenzionale rappresentazione del gesto interpretativo.

Paolo Cattelan, Fondo Malipiero presso la Fondazione Giorgio Cini di Venezia
Aldo Orvieto, Ex Novo Ensemble di Venezia

Il dialogo della memoria nell'opera da camera di Gian Francesco Malipiero

Tra i compositori del ventesimo secolo Gian Francesco Malipiero è un autore ancor oggi sottovalutato, se non addirittura sconosciuto - soprattutto fuori d'Italia. Se prescindiamo dalle espressioni dei Futuristi, da valutarsi più che altro come esercitazioni concettuali, fu proprio la musica di Malipiero a dare inizio al Novecento musicale italiano. Tuttavia nessun evento culturale si genera dal nulla; Gian Francesco Malipiero ricerca le sue origini, prende coscienza delle proprie radici culturali e riconosce la propria appartenenza alla storia dell'evoluzione del fenomeno musicale, dal Gregoriano fino al Settecento italiano, recuperando anche riferimenti a valori culturali etnico-arcaici autenticamente sopravvissuti fino a noi nel folklore. Questo «ritorno al passato», che già per Verdi aveva rappresentato una forma di progresso, è presente in numerose opere di Gian Francesco Malipiero ed anche in quelle che vengono proposte in questo disco. Ascoltando questi brani si avvertono reminiscenze di melodie e ritmi popolari, come pure si percepisce la compresenza dell'armonia tonale con scale e procedimenti modali propri della musica sacra. Quando Malipiero, nelle opere tarde, si libera progressivamente dal sistema tonale maggiore-minore (si ascoltino, uno dopo l'altro, il Dialogo n. 4 del 1956 e l'Ottavo quartetto per archi composto nel 1963-64), il metodo compositivo si rivela essere una forma di attualizzazione della polifonia rinascimentale e la melodia, libera dal sistema tonale, esprime la rinascita di un impiego delle voci con andamenti pretonali indipendenti. Quando Malipiero scrive una sinfonia o una sonata, non lo fa nella tradizione della cultura musicale tedesca, bensì nel ricordo del Seicento e del Settecento italiani; è bene del resto ricordare che la musica strumentale da camera in Italia fiorì proprio nel Sei-Settecento con la sonata, nelle sue diverse espressioni.

All'inizio del nostro secolo i compositori, impegnati nell'attuare una riforma della musica italiana, si prefissero di liberare la musica del loro paese dai vincoli restrittivi della parola, dagli obblighi della funzionalità scenica e dai capricci dei cantanti; era opinione diffusa che occorresse restituire alla musica la sovranità perduta mediante l'uso completo di tutte le sue possibilità espressive. I compositori volevano dimostrare - quasi per porsi al di fuori dei clichés tipici della cantabilità italiana - di essere in grado di scrivere musica «pura», in senso più ampio «sinfonica»; di essere cioè all'altezza di scrivere «musica strumentale». Anche se compositori come Malipiero in seguito certo non trascurarono l'espressione teatrale, si pone comunque il problema di verificare se tale rinnovamento degli stilemi compositivi si fosse veramente attuato. La nostra registrazione offre l'occasione per una verifica: vengono presentate opere con vari organici strumentali nel proposito di indicare un percorso dal 1927 al 1964.

Nonostante il considerevole periodo di tempo preso in esame, individuiamo alcune caratteristiche, alcune cifre stilistiche personali profondamente radicate nel suo modo di pensare e di sentire, non solo artistico; pur discostandosene di tanto in tanto, Malipiero ad esse comunque sempre ritornò. Lo stile malipieriano frequentemente contrappone alla forma dello sviluppo tematico tipico della tradizione mitteleuropea l'impiego di procedimenti paratattici, l'uso di cellule compositive disposte in sequenza lineare (in questo senso egli preferì le forme libere della sinfonia e della sonata antica ai più rigorosi codici formali del "movimento di sonata" classico-romantico). II processo formale si compie proprio nell'allineare distinti quadri sonori, ciascuno caratterizzato da una particolare espressione, da precisi motivi e ritmi. Spesso la transizione al successivo quadro sonoro avviene in modo improvviso e repentino; a volte si riconosce chiaramente la "sutura" e dunque una forma a pannelli, a polittico (come si avverte distintamente nel ritornello in forma di corale della Sonata a cinque del 1934; spesso viene altresì ricercato l'effetto di contrasto, cioè si attua un improvviso cambiamento rispettivamente espressivo o nel tempo). Frequentemente la forma a pannelli si riconosce appena, poiché a livello percettivo prevalgono elementi strutturali vincolanti; a volte la presentazione del nuovo quadro sonoro viene celata da processi lineari (per esempio nel primo e nel secondo movimento della Sonata a tre, composta nel 1927). Nella maggior parte dei casi viene realizzata una forma combinatoria libera, che non è riconducibile ad alcun processo discorsivo o deduttivo (per esempio tematico). Questa struttura formale è corrispondente ai processi associativi, razionalmente incontrollati, della coscienza (prodotti dal subconscio), e corrisponde allo «stream of consciousness» allo svolgersi sfrenato delle fantasie di ogni giorno (Fantasie di ogni giorno, come Malipiero ha intitolato una composizione per orchestra del 1953).

Dunque, in questo senso, la musica astrae l'individuale e filtra l'universale, rappresenta l'archetipo dell'esistenza e illustra primarie emozioni umane. La poetica malipieriana corrisponde per molti aspetti a quella del romanzo moderno - pensiamo qui a Marcel Proust o a James Joyce. Lo stream of consciouness è infatti un procedimento compositivo che originalmente trovò applicazione nelle forme narrative. Malipiero va alla ricerca - ispirandosi al famoso titolo del romanzo proustiano, ma procedendo per un percorso del tutto diverso - del tempo perduto: nella coscienza del Veneziano brulicano le storie della sua madrepatria Venezia; è un "attingere" dal serbatoio del ricordo storico e mitico. In questo riconosciamo un fecondo atteggiamento contraddittorio tipico del ventesimo secolo: il compositore, orientato nel suo intimo al passato, dà forma al nuovo richiamando alle mente - propria e altrui -lontananze temporali. Per questo c'è bisogno di un linguaggio. Dato che abbiamo rilevato l'uso del quadro sonoro come unità strutturale ed espressiva, riteniamo ora proficuo avvicinare questa scelta metodologica ai procedimenti tipici dell'Impressionismo musicale, che creò i mezzi per catturare le impressioni che i processi oggettivi suscitano sul soggetto umano, riuscendo così a ricostruire, dal punto di vista del linguaggio sonoro, un equilibrio tra Io e Mondo. Malipiero assimila determinati risultati di Claude Debussy e li associa a elementi espressivi insieme più antichi e più nuovi.

Dialogo - così suona il titolo di alcune composizioni degli anni Cinquanta. Tutte le composizioni incise in questo Compact Disc possono essere interpretate in tal senso: come dialogo delle voci strumentali tra loro, ma anche come dialogo dell'io - compositore ed ascoltatore - con le voci stesse o addirittura con se stesso - come lo stesso Malipiero scrisse in un commentario agli otto Dialoghi. Malipiero, scritto il primo dialogo, confidò: "continuando a conversare con me stesso e con gli strumenti a mia disposizione" vidi nascere gli altri come per incanto. Nel Dialogo n. 4 il compositore è stato in grado di risolvere sia i problemi della differenziazione sonora delle voci che quelli del suono d'insieme. Nella Sonata a tre emerge invece l'aspetto contraddittorio del dialogo, come se le voci strumentali coesistessero quasi contrapponendosi: poiché -come sostiene lo stesso Malipiero - la sonorità di un violino o di un violoncello non si fonde con quella di un pianoforte e dunque non si crea alcuna unità espressiva.

Nell'Ottavo quartetto per archi (un genere che del resto ispirò a Malipiero alcuni capolavori) il grado di fusione è certamente maggiore; viene tuttavia mantenuto relativamente modesto per consentire alle voci autonomia polifonica. Quest'opera, che certamente costituisce il culmine qualitativo di questa registrazione, è un esempio rilevante di "libertà" nell'espressione musicale: una «libera tonalità» (con reminiscenze tonali o modali che sottopongono una atonalità rigorosa a nuove costrizioni); una libera condotta melodica (l'identità melodica non viene cioè proposta mediante forme ricorrenti, come motivi o temi; il procedere della melodia per ampi intervalli fa pensare alla progettazione di una melodia dodecafonica, senza però che essa veramente lo sia); quadri sonori che - come abbiamo visto precedentemente, ma qui in modo ancora più radicale - si succedono seguendo una libera forma associativa. Gli ascoltatori che hanno bisogno di "punti fermi" si troveranno certamente in difficoltà; ma per coloro che percepiscono la briosa fantasia e la grande sensibilità sonora di questa musica si annunciano momenti di sicuro divertimento. È già sorprendente che Malipiero, ultraottantenne, la cui musica potrebbe apparire un relitto anacronistico se paragonata alle opere dell'avanguardia di quegli anni, sia invece in grado di schiudere nuovi mondi sonori e con ciò di lasciare il suo contributo attuale e critico; a volte, nelle opere del suo ultimo periodo creativo, Malipiero pare quasi aver assimilato la lezione di alcuni suoi illustri allievi di un tempo (pensiamo a Bruno Maderna e a Luigi Nono).

Joachim Noller, 1992