Gran Teatro "La Fenice", Sale Apollinee, Domenica 3 ottobre 2010, ore 20.00
RINASCIMENTO STRUMENTALE IN ITALIA
IL QUARTETTO D'ARCHI
Quartetto d'archi dell'Ex Novo Ensemble
Carlo Lazari violino
Francesco Lovato violino
Mario Paladin viola
Carlo Teodoro violoncello
Preludio critico di Roberto Calabretto
OTTORINO RESPIGHI (1879-1936)
Quartetto dorico (1924)
ALFREDO CASELLA (1883-1947)
Cinque pezzi op. 34 (1920),
Preludio - Ninna-nanna - Valse ridicule - Notturno - Fox-trot
BRUNO MADERNA (1920-1973)
Quartetto per archi (1956)
FILIPPO PEROCCO (1972)
luoghi del non riposo (2010)
notte prima - notte seconda
Prima esecuzione assoluta
IL QUARTETTO D'ARCHI TRA NUOVO ED ANTICO
ATTRAVERSO IL NOVECENTO ITALIANO
Un autentico punto di svolta nella storia della musica strumentale in
Italia coincide fuor di dubbio con quel fervore di rinnovamento che
caratterizzò gli autori della cosiddetta Generazione dell’Ottanta: ad
essi va il merito, nonostante qualche iniziale furore iconoclasta (si
pensi a certe ingenue quanto invelenite stroncature ai danni di Verdi
o di Puccini), di aver contribuito a rompere l’isolamento della vita
musicale italiana, da troppo tempo condizionata dal dominio del
teatro d’opera, che aveva precluso quasi del tutto la possibilità che
si sviluppasse anche nel nostro Paese una produzione sinfonica e
da camera paragonabile a quanto era avvenuto in Europa. Questi
giovani musicisti svolsero un’encomiabile opera di mediazione, ma la
loro attività non si esaurì nel far conoscere la grande produzione
sinfonica e strumentale d’oltralpe sulla falsariga di quanto avevano
tentato nel secolo precedente Martucci e Sgambati; il loro merito sta
anche nell’aver avuto il coraggio di volgere lo sguardo all’indietro
verso l’antica civiltà strumentale italiana, per cercare una via
nazionale utile ad un rinnovamento che, pur in linea con i più
autorevoli modelli stranieri, fosse radicato nella nostra tradizione
antecedente alla lussureggiante stagione del melodramma
ottocentesco. Al di là dei diversi percorsi individuali - troppo diversi
per costituire un gruppo informale, allo stesso modo del Groupe des
Six nella Francia degli anni ’20 - i musicisti della
Generazione dell’Ottanta coniugano sovente nelle loro opere il
nuovo e l’antico, cosicché la ricezione delle contemporanee
esperienze che si andavano compiendo in Europa viene a integrarsi
con la riscoperta delle nostre radici musicali profonde.
I primi due quartetti proposti questa sera testimoniano, seppur in
modo diversamente originale, questa duplice ricerca. Il Quartetto
dorico (1925), insieme al Concerto in modo misolidio per pianoforte
e orchestra (1924) e al Concerto gregoriano (1921), rappresenta uno
degli esiti più notevoli derivanti dall’attrazione esercitata su Ottorino
Respighi dalle suggestioni arcaicizzanti delle melopee gregoriane. Il
Quartetto è forse la composizione più interessante di questa trilogia,
in quanto il materiale tematico di derivazione antica si inserisce in
una struttura compositiva assolutamente libera rispetto agli schemi
codificati dalla scuola classico-romantica. Praticamente sviluppata in
un solo tempo (in quanto l’ascoltatore non è in grado di distinguere
la divisione quadripartita segnata in partitura), l’opera si traduce in
una serie di microsezioni che si susseguono senza una regola
precisa, riapparendo più volte nella forma originaria o in forma
variata.
Il primo movimento, che comincia con un accordo bitonale (do
maggiore - mi minore), da eseguirsi fortissimo in strappata, è
seguito dall’esposizione all’unisono del tema principale modale, che
conferisce all’intero movimento un sapore squisitamente dorico, pur
trasposto di un tono così da rientrare nella sfera del mi minore. Le
varie brevi sezioni che formano il movimento sviluppano
contrappuntisticamente lo spunto tematico esposto in apertura,
agendo sia sull’elemento di carattere melismatico (la quartina
discendente di semicrome) sia sul ritmo puntato lombardo nella
sua formulazione originale o speculare.
Nel secondo movimento il tema principale perde il carattere modale
che gli era conferito in precedenza dalla mancanza della sensibile.
In più, la quartina di semicrome, prima discendente, si trasforma in
una sequenza di note ribattute introdotte da un accordo risultante
dalla sovrapposizione di quinte. L’armonia dissonante, i suoni
sforzati, gli spostamenti d’accento, i mutamenti ritmici contribuiscono
al fascino e alla modernità, che caratterizzano questa sezione.
Il terzo movimento, che si collega al precedente tramite una scala
ascendente, ripropone il tema principale in veste elegiaca, affidato
alla viola, col sottofondo di un sommesso tremolo di ottave.
Nel movimento conclusivo, ricapitolazione in forma di climax dell’intero
Quartetto, domina ancora lo stesso tema, esposto dai violini con
l’accompagnamento di una figura ostinata dal ritmo puntato;
inizialmente una Passacaglia che viene sottoposta ad un’elaborazione
finemente contrappuntistica. La critica è concorde nel considerare
questa composizione come la migliore, nella produzione di Respighi,
tra quelle costituite da musica pura, non descrittiva.
Quanto ai Cinque pezzi per quartetto di Casella, è d’uopo una
piccola premessa. È noto che il musicista torinese fu una guida
sicura per molti suoi connazionali verso la definizione di un nuovo
linguaggio musicale, un instancabile animatore della vita musicale
italiana allo scopo di aprirla alle più significative esperienze europee,
un pioniere della ricerca musicologica orientata verso il Settecento
strumentale italiano. Eppure il suo itinerario artistico è segnato dalla
lunga ricerca di uno stile definito e definitivo. A questo proposito i
pezzi che ascolteremo nel corso di questo concerto rappresentano
una delle opere che segnano il passaggio dalla parentesi
tardoromantica, che l’autore attraversò intorno agli anni tragici della
Grande guerra, caratterizzata dall’esasperazione della dissonanza e
dalla ricerca di atmosfere incantate, alla definizione di una cifra
stilistica sua propria, quella del Casella più tipico, vale a dire una
scrittura essenziale, nitida e trasparente, in cui prevale la
dimensione orizzontale, spesso ispirata a musiche e forme musicali
preesistenti, anche di derivazione folklorica, e sorretta da un acceso
gusto del ritmo. Nei Cinque pezzi rimane traccia del vecchio Casella
solo nel Notturno, pagina ancora d’atmosfera dalle sequenze dei
liquidi accordi che si susseguono placidamente, mentre gli altri
quattro brani sono percorsi da grande dinamismo ritmico. Non si
tratta più della traduzione in musica di impressioni tratte dal mondo
esterno, ma del trattamento di forme e linguaggi musicali - spesso
presi a prestito da altre forme linguistiche - con intenti burleschi; di
una musica al quadrato che nasce per gusto di ricreare vecchie
forme in un linguaggio armonico moderno e provocatorio con esiti
non scevri da intenti umoristici. Siamo, dunque, nell’habitat più
congeniale al compositore: quello del geniale pastiche e dell’arguto
rifacimento stilistico.
Il Quartetto per archi in due tempi di Bruno Maderna, segue una
prima esperienza quartettistica pre-seriale in tre movimenti del 1946.
L’incontro con Scherchen nel 1948 fu per Bruno Maderna e Luigi
Nono fondamentale per l’approccio alla tecnica seriale, seppure, nel
caso di Maderna, tale tecnica fu sempre assimilata nella maniera
meno ortodossa possibile per adattarla alle proprie esigenze
espressive. Così gli schizzi preparatori che rappresentano
graficamente la curvatura delle serie fondamentali da utilizzare nel
Quartetto per archi in due tempi (1955), confrontati con la partitura
pubblicata, dimostrano che l’autore nell’atto creativo vero e proprio si
è mosso con libertà rispetto ai dati iniziali; conferma del fatto che il
lirismo e la cantabilità che caratterizzano la sua produzione non
vennero mai sacrificati ad astratte teorie compositive. Questo quanto
scrive Luigi Nono in Lo sviluppo della tecnica seriale (1957): "Nel
Quartetto in due movimenti di Bruno Maderna del 1955 sono
determinati in modo preciso i rapporti tra i diversi registri sonori, la
dinamica e gli attacchi: l’intero materiale è originato da successive
permutazioni della serie fondamentale ed è determinato per quel che
riguarda l’altezza e la durata. Ma i registri e la dinamica vengono
determinati ogni volta dagli attacchi (pizzicato - al ponte - con l’arco
- col legno - battuto). La caratteristica di questa composizione è che
il secondo movimento è una variazione del retrogrado del primo:
sono variate le durate, i registri e la dinamica. Le durate sono variate
con l’inserimento di pause tra le note e la suddivisione ritmica dei
valori di durata più lunghi. Questi due procedimenti (inserimento di
pause e suddivisione ritmica) rappresentano in quest’opera un nuovo
elemento della composizione".
Curioso verso ogni forma della materia sonora, instancabile
sperimentatore, Maderna fu una figura di grande divulgatore della
musica contemporanea presso il pubblico di tutto il mondo; crediamo
dunque avrebbe apprezzato l’epilogo di questa serata, che vede la
prima esecuzione assoluta di luoghi del nonriposo di Filippo
Perocco. L’autore così ne parla: "un territorio di confine tra sonno e
veglia, tra conscio e inconscio, tra volontario ed involontario. Il
rimanere sveglio tutta la notte. Come altri miei recenti lavori anche
luoghi del nonriposo ha uno stretto legame con questo stato di
attesa. Notte prima e Notte seconda sono i primi luoghi di questo
lavoro in progress". (Roberto Campanella)