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lunedì 10 novembre 2025, ore 20.00
Gran Teatro La Fenice
Sale Apollinee

RAVEL 150 - primo concerto
Dallo stile classico al Blues


Ex Novo Ensemble

Daniele Ruggieri flauto
Davide Teodoro clarinetto
Carlo Lazari violino
Carlo Teodoro violoncello
Aldo Orvieto pianoforte





Bach, Carl Philipp Emanuel(1714 - 1788)
Quartetto in la minore H.537 (1788) per flauto, viola, cello e pianoforte
Andantino – Largo e sostenuto – Allegro assai

Maurice Ravel (1875 - 1937)
Sonata in sol maggiore (1923-7) per violino e pianoforte
Allegretto – Blues – Perpetuum mobile

Darius Milhaud (1892-1974)
Suite Op.257b (1936) per violino, clarinetto e pianoforte
Overture – Divertissement – Jeux – Introduction et Finale

Bohuslav Martinu (1890-1959)
Trio H. 300 (1944) per flauto, violoncello e pianoforte
Poco allegretto – Adagio – Andante/Allegretto scherzando



Su un ferry che lo stava portando in Inghilterra – secondo la testimonianza Manuel Rosenthal, uno dei suoi rari allievi – venne a Ravel l’idea del I. movimento della Sonata in sol maggiore: una grande nostalgia della Francia, «mi ritrovai a pensare alla campagna francese, a un villaggio, a una fattoria. E in una fattoria non sono forse i versi delle galline la cosa che colpisce maggiormente l’orecchio? […] Dovevo assolutamente riuscire a collegare tra loro una grande frase lirica (quella sostanziata del mio ricordo) e un elemento concreto che simboleggiasse il mio paese, quindi la campagna, la natura nel suo aspetto francese più quotidiano […]». Il I. movimento desidera evocare il sapore e la freschezza del primo classicismo mitteleuropeo, si fonda su un tema di ascendenza barocca, rispetta i canoni della forma-sonata. Per presentare questo scenario, in apertura di serata, ascolteremo il Quartetto in la minore H.537 di Carl Philipp Emanuel Bach.
Il Blues del secondo movimento spezza brutalmente questo incanto. Decontestualizzare, far interagire elementi stilistici diversi, si può dire fosse l’humus che impregnava la vita culturale parigina degli anni ’20. E lo avvertiamo nella temperie della Suite di Darius Milhaud (1936), come anche nella ridda poliritmica e nelle oasi meditative che caratterizzano il Trio di Bohuslav Martinu (1944): qui forse con ancor maggior evidenza con quei tratti di nostalgia che il compositore ceco, vissuto a Parigi dal 1923 ed emigrato negli Stati Uniti nel 1940, riservava alla cultura francese. Ravel nel suo Blues, condivide questi tratti di instabilità, di spaesamento, mettendo in musica le meditazioni di un uomo che tentava di sfuggire le sue malinconie ‘passando da un night-club all’altro’. Varie volte la scrittura della Sonata fu interrotta: «l’ho appena abbandonata. [...] sono pienamente ricaduto nella depressione.». Solitudine, tristezza, rassegnato abbandono: di qui l’intima assonanza del mondo raveliano con la nota espressione «I’m feeling blue», una condizione di malessere insieme fisica e spirituale.
Chiude la Sonata il Perpetuum mobile, ‘un meccanismo di precisione’ ove la pulsazione regolare e velocissima del violino viene integrata con una parte pianistica di considerevole pregnanza ritmica che ripresenta, in un vortice inventivo, gli spunti tematici dei primi due movimenti. Ravel considerava violino e pianoforte strumenti essenzialmente incompatibili; anziché equilibrare i loro contrasti egli decide di porre qui in evidenza tutta la loro incompatibilità. (Aldo Orvieto)