5.


Venerdì 15 novembre 2024 ore 20.00
Gran Teatro La Fenice
Sale Apollinee

RADICI
"Speriamo nel nuovo mentre onoriamo l'antico"



Marco Rogliano violino

Ex Novo Ensemble
Daniele Ruggieri flauto
Davide Teodoro clarinetto
Carlo Lazari* violino
Carlo Teodoro violoncello
Aldo Orvieto pianoforte





Johann Sebastian Bach (1685-1750) / Ferruccio Busoni (1866-1924)
Fantasia cromatica e Fuga BWV 903 (1720)
versione di Ferruccio Busoni (1915) per violoncello e pianoforte

Mario Castelnuovo Tedesco (1895-1968) / Jasha Heifetz (1901-1987)
Figaro. Rapsodia da concerto sul Barbiere di Siviglia di Rossini (1943)
per violino* e pianoforte

Ferruccio Busoni (1866-1924)
Divertimento op. 52 BV 285 (1920)
versione di Kurt Weill per flauto e pianoforte (1922)

Luigi Nono (1924-1990)
"Hay que caminar" soñando (1989)
per due violini

Franco Donatoni (1927-2000)
"Etwas ruhiger im Ausdruck" (1967)
per flauto, clarinetto, violino*, violoncello e pianoforte



Ferruccio Busoni,
ebbe tre intensi e duraturi ‘innamoramenti’: la musica di Bach negli
anni di formazione e nella giovinezza, quella di Liszt nel periodo maturo;
il nuovo ‘volto’ dell’ultimo stile busoniano nasce invece da un’autentica
devozione per Mozart.

Questo concerto presenta almeno due di queste figure: Bach con la versione came-
ristica della Fantasia cromatica e Fuga BWV 903, Mozart con il Divertimento
op. 52 per flauto e piccola orchestra, che fa parte – insieme a
Romanza e Scherzoso, per pianoforte e al Concertino op. 48 per clari-
netto – di una trilogia di opere concertanti che onorano la chiarezza e
la concisione mozartiane. L’anima lisztiana, di Busoni è qui rappresen-
tata dal Figaro di Mario Castelnuovo Tedesco, ove l’autore si diverte a
sfocare i materiali rossiniani con gesto istrionico e pungente ironia.

Moderno è ciò che si lascia sedurre dalle inesauribili possibilità di interpretazione
dell’antico: «Proponiamoci dunque di ricondurre la musica alla sua
essenza primitiva [...] facciamo che sia pura invenzione e sentimento
nell’armonia, nella forma, nei timbri». La musica del passato non costitu-
isce dunque oggetto di culto o di indagine archeologica, in una visione
liberata da «dogmi architettonici, acustici, estetici» diventa slancio
propulsivo verso il nuovo.

«A Toledo Nono lesse sul muro di un chiostro del 1300: "Caminantes no hay que caminar".
O voi che camminate, non vi sono strade, c’è da camminare; non
esistono percorsi segnati, strade certe e sicure, c’è la ricerca incessante,
quella di Wanderer o di Prometeo.» Così Paolo Petazzi nel catalogo de
La Biennale di Venezia 1992-93. Ed è sconvolgente per noi rilevare come
l’inquietudine, la frammentarietà, l’ansioso e incessante interrogarsi,
l’aprirsi a sospensioni e incantamenti a cui approdò Luigi Nono nelle
sue ultime opere sia tanto vicina a quella «riconquista della serenità» di
cui parla Busoni nel 1920 dal suo esilio zurighese: «il sorriso del saggio,
della divinità: musica assoluta».

Altra declinazione del medesimo spaesamento dell’ultimo periodo creativo di Luigi
Nono è la musica di Franco Donatoni della sua prima stagione creativa.
Etwas ruhiger im Ausdruck, brano nato da una semplice cellula schönber-
ghiana, abbandona ogni direzionalità, ammutolisce nel disagio di un
perenne pianissimo, la cui immanenza l’autore spezza solo con timidi
slanci offrendoci un condensato di sublime sensualità e tenue – ma
sottotraccia disperata – espressività.
[Aldo Orvieto]