Concerto 3


Domenica, 5 novembre 2023 ore 20:00
Gran Teatro La Fenice, Sale Apollinee

MUSICA ED EMOZIONI



Crescere con la musica

Ex Novo Ensemble
Daniele Ruggieri, Andrea Magris*, Sonia Venzo*, Eugenio Migotto* flauti
Carlo Lazari, Giulia Gallo*, Paolo Goganyan*, Noemi Colcera* violini
Carlo Teodoro violoncello
Daniele Roi clavicembalo

* giovani solisti formatisi alle scuole di
Daniele Ruggieri e Carlo Lazari,
presso i Conservatori di Padova e Adria.



Sergej Prokof'ev (1891 - 1953)
Sonata in re maggiore op. 115 (1947) per violini all’unisono
Moderato – Andante dolce (Tema con variazioni) – Con brio (Allegro precipitato)

Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
Sonata in sol maggiore, BWV 1038 (1729?) per flauto, violino e basso continuo
Largo – Vivace – Adagio – Presto

Grazyna Bacewicz (1909-1969)
Quartetto (1969) per quattro violini
Allegretto – Andante tranquillo – Molto allegro
Dedica: agli studenti del Conservatorio di Cracovia

Sofija Gubajdulina (1931)
Quartetto (1977) per quattro flauti

Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
Sonata da Musikalisches Opfer BWV 1079 (1747)
per flauto, violino e basso continuo
Dedica: a Federico II di Prussia
Largo – Allegro – Andante – Allegro


Sergej Prokof'ev Sonata in re maggiore op. 115.
La Sonata per violino solo op. 115 fu scritta da Sergej Prokof'ev nel 1947;
l’indicazione di organico è per violino solo o per violini all’unisono.
Non solo quindi è una delle poche sonate per violino non accompagnato
del repertorio russo, ma è anche l’unico esempio di sonata scritta con più
possibilità di esecuzione, solistica o all’unisono. Inoltre è una tipica
composizione ‘di stato’, essendo stata esplicitamente concepita per
degli ensemble di violinisti sovietici che si esibivano a quel tempo suonando
all’unisono opere di Bach, Haendel e altri autori. Le informazioni sulla genesi
dell’opera sono scarse, anche perché, dopo la morte del compositore, molti
documenti e lettere rimasero in possesso dello stato russo. Non è nemmeno
chiaro perché la sonata non fu mai eseguita mentre l’autore era ancora in
vita, ma fu ascoltata dal pubblico la prima volta solo nel 1959 a Mosca, con
Ruggiero Ricci al violino. La composizione si articola in tre brevi movimenti
e si apre con un robusto Moderato in forma sonata, cui fa seguito un breve
e ispirato Andante dolce, formato da una serie di variazioni su un tema in Si
bemolle maggiore. Il Finale (Con brio), di forma A-B-A-B, giustappone una
prima parte in tempo moderato ad una seconda parte più animata (Allegro
precipitato); nella terza e nella quarta parte ritornano, modificati, materiali
tematici presentati nelle due sezioni precedenti. Questa sonata rivela l’intensa
ricerca di Prokof'ev nel regno della melodia pura, è pervasa da un intenso
lirismo che non richiede alcun supporto armonico complesso. La melodia è
raramente ornata da voci in contrappunto, da abbellimenti o da accordi pieni,
ma il compositore ha arricchito i temi colorandoli con inusitate digressioni
tonali e impiegando una scrittura a due voci sapientemente occultate.

Johann Sebastian Bach Sonata BWV 1038.
Trattasi di una rielaborazione – alla pari della Sonata BWV 1022 –
della Sonata BWV 1021 per violino e basso cifrato scritta a Köthen
presumibilmente tra il 1718 il 1722. Tale Sonata fa parte di un gruppo di
composizioni per violino con accompagnamento (BWV 1014-1026) tra le quali
famose sono le Sei Sonate per violino e cembalo BWV 1014-1019: la Sonata
BWV 1021
è sicuramente autentica, alcuni dubbi di autenticità si pongono
invece per numerose altre Sonate del gruppo di opere summenzionato. Della
Sonata BWV 1038, si conserva un manoscritto autografo composto di tre parti
strumentali – Traversa, Violino discordato e Continuo. La composizione è
però opera di altri, forse del figlio Carl Philipp Emanuel, la sua datazione
è incerta. Diversamente dalla Sonata BWV 1022 per violino e basso cifrato,
rielaborata un tono sotto, in fa maggiore, la Sonata BWV 1038 conserva
invece la tonalità di sol maggiore dell’originale bachiano: la parte del basso
cifrato è mantenuta inalterata ma compare una diversa elaborazione della
voce superiore (affidata in questo caso al flauto) e l’inserimento di una
terza parte concertante, affidata ad un violino con accordatura anomala.
L’articolazione formale è comune al gruppo di Sonate summenzionate: un
Largo iniziale, bipartito cui seguono due movimenti veloci (Vivace, Presto),
il secondo dei quali in stile fugato, che inquadrano un Adagio fiorito.
L’accompagnamento non è concepito nello stile del Trio di tipo concertante
adottato nella raccolta delle Sonate per violino BWV 1014-1019; in questo caso
le parti melodiche rivestono un ruolo di un assoluto predominio e la linea del
basso è subordinata ad esse.

Grazyna Bacewicz Quartetto per quattro violini.
Illustre erede di quel gruppo di violinisti-compositori che comprendeva
il suo compatriota Henryk Wieniawski e il rumeno George Enescu,
Grazyna Bacewicz è stata una bambina prodigio:
studiò violino prima con Józef Jarzebski a Varsavia, poi con André Touret
e Carl Flesch a Parigi, intraprese una brillante carriera solistica, fu primo
violino dell’orchestra della radio polacca verso la fine degli anni Trenta. Per la
composizione si formò a Varsavia con Kazimierz Sikorski e Karol Szymanowski
il quale le consigliò di perfezionarsi in Francia con Nadia Boulanger. La presa
di coscienza che ordine e struttura siano elementi irrinunciabili del comporre
la convinsero ad aderire alla tendenza neoclassica sviluppatasi in Francia tra le
due guerre. Nella sua musica si possono tuttavia riscontrare molteplici debiti
stilistici, dal suo amore per l’intensità espressiva di Szymanowski a quello
per l’impronta melodico-ritmica di ascendenza popolare di Bartók. Adrian
Thomas evidenzia una propensione per la tecnica del patchwork, che si fa più
viva nelle opere della tarda maturità con la sperimentazione di nuovi linguaggi
atonali – per esempio la tecnica dodecafonica alla fine degli anni Cinquanta.
Il suo percorso artistico fu tuttavia originale: la cifra stilistica della sua musica
risiede in un’imprevedibile combinazione di delicatezza e muscolarità, di
arguzia e vitalità. Scritto nel 1949, il Quartetto per quattro violini è un pezzo
dedicato ai suoi allievi violinisti, nel contesto del suo impegno per arricchire il
repertorio degli strumenti ad arco, anche in formazioni ad organico inusuale.
L’opera dialoga efficacemente con la dottrina artistica del ‘realismo socialista’,
imposta duramente in Polonia nell’immediato dopoguerra, trasfigurando la
musica popolare polacca attraverso la lente deformante del Neoclassicismo,
al quale la Bacewicz associa un lirismo di esuberante intensità.

Sofija Gubajdulina Quartetto per quattro flauti.
Secondo Sofjia Gubajdulina, il suono del flauto è collegato alla femminilità
e per questo motivo il Quartetto per flauti è antitetico al Trio per tre trombe.
Rifacendosi all’antichissima dottrina orientale del tao,
la compositrice riconduce al principio femminile ogni
espressione di pienezza, di spiritualità, di irrazionalità. Dal punto di vista
compositivo, la sequenza dei cinque movimenti del Quartetto può essere
paragonata a una sonata liberamente intesa, avente forma continua e
contenuto musicale ricco e multiforme, in cui la I e la II parte rappresentano
l’esposizione, la III parte l’elaborazione, la IV parte la ripresa della II e della III
parte, mentre la V parte comprende il nuovo sviluppo del materiale elaborato
e il finale. […] Il Quartetto per quattro flauti è il prodotto di un organico
timbricamente singolare e inconsueto e si dispiega in maniera bizzarra
quanto imprevedibile. L’autrice stessa, a proposito della materia musicale,
afferma: «La materia musicale ha la sua storia, la sua evoluzione. [...] Non
siamo noi a scoprirla; essa è come la terra, è come la natura, è come un
bambino: chiede qualcosa, vuole qualcosa e senza questo qualcosa non può
vivere» (Sofija Gubajdulina, E questa è felicità, intervista di Julija Makeeva,
«Sovetskaja muzyka», 6, 1988, p. 23). In un’opera come il Quartetto per
quattro flauti i contrasti, le opposizioni, le energie dinamiche occidentali,
accentuate dalla staticità cromatica orientale, si dispiegano spontaneamente,
quasi involontariamente, proprio come nel giardino orientale «dei sentieri
fuggenti». [Valentina Cholopova, Sofija Gubajdulina. Tra Oriente e Occidente,
in AA.VV., Gubajdulina, a cura di Enzo Restagno, Torino, 1991]

Johann Sebastian Bach Sonata da Musikalisches Opfer BWV 1079.
Secondo Alberto Basso «il Bach degli ultimi anni è tutto proteso nell’osservazione
e nella pratica d’una tecnica musicale arcaica che giunge come una folgore ad
illuminare il mondo contemporaneo, ponendolo di fronte ad una materia inusitata e
quasi incomprensibile». Lo spirito razionale, sorretto da geniali artifici, utilizzando
«i mezzi più disadorni e severi» si impone come elemento regolatore su un
mondo musicale che appariva «consumato e svuotato di contenuto e di valore».
Le tre ultime grandi opere di Bach, le Variazioni canoniche, l’Offerta musicale
e l’Arte della fuga assurgono al simbolo di «comunicazioni scientifiche»,
dissertazioni, che Bach presentò alla Società Mizler, una congregazione di
dotti esperti nella quale era entrato nel giugno del 1747 e che imponeva
a tutti i soci di presentare annualmente una comunicazione scientifica; nel
suo caso dunque una composizione musicale di alto contenuto teorico-
scientifico. I due ultimi numeri dell’Offerta musicale, la Sonata (peroratio
in adfectibus) e il Canon perpetuus (peroratio in rebus) costituiscono i poli
antagonisti, ma complementari, di tale modus operandi. Entrambi i numeri
vedono il flauto traverso protagonista in omaggio a Federico II di Prussia,
cui l’opera fu dedicata. La Sonata rappresenta dunque una deviazione dalla
condotta della raccolta, in quanto la tecnica contrappuntistica lascia qui
libero spazio ad una manifestazione di «puro eloquio musicale» e diventa
quasi un segno premonitore di quella nuova «sensibilità» (Empfindsamkeit)
che caratterizzerà i tempi nuovi della scuola berlinese, sorta proprio
nell’ambiente della corte del sovrano. A causa dell’impiego della tonalità di
do minore la Sonata costituisce uno bei brani più difficili da realizzarsi con
il flauto traverso a una chiave. Si ipotizza che Federico, per quanto fosse un
flautista ben formato e un compositore di talento, non sia stato in grado di
suonarla; probabilmente risultava all’altezza solo del suo insegnante di flauto
Johann Joachim Quantz.