Concerto 5


Martedì 20 dicembre 2022 ore 17.30
Conservatorio Benedetto Marcello
Sala dei Concerti


CREAZIONE DI SPAZI ACUSTICI


Ex Novo Ensemble

Daniele Ruggieri flauto
Davide Teodoro clarinetto
Carlo Lazari violino e viola
Carlo Teodoro violoncello
Aldo Orvieto pianoforte

Alvise Vidolin regia sonora
Paolo Zavagna live electronics


Stefano Bellon (1956)
In margine alle fughe del giovane Doinel (2022) per flauto e live electronics
Commissione Ex Novo Musica
Produzione SAMPL (Sound and Music Processing Lab)
PRIMA ESECUZIONE ASSOLUTA

Nicola Sani (1961)
Unstable terra (2022)
per pianoforte, geophone, live electronics e supporto digitale a otto canali
Commissione Ex Novo Musica
Produzione SAMPL (Sound and Music Processing Lab)
PRIMA ESECUZIONE ASSOLUTA

Claudio Ambrosini (1948)
Negli sguardi di Eurialo e Niso (1980)
per flauto, clarinetto e live electronics
(collaborazione informatica di Daniele Torresan)

Filippo Perocco (1972)
Detrito in Acquagranda, Detrito in Acquapietra, Detrito in Acquatorbida (2014/15)
De' colori delle ombre (2022)
per flauto, clarinetto, violino, violoncello e pianoforte, risuonatori e suoni in lontananza
Commissione Ex Novo Musica
Produzione CSC (Centro di sonologia dell'Università di Padova)
PRIMA ESECUZIONE ASSOLUTA


Terra, acqua, piante, sono alcuni soggetti di questo concerto in cui l’elettronica diventa una sorta di lente di ingrandimento per esplorare questi elementi della natura che, ascoltati da vicino, possono evocare fantasie, emozioni, ricordi e sensazioni talvolta imprevedibili. Un percorso musicale che porta l’ascoltatore ad immergersi in altri spazi acustici in cui i suoni della natura si integrano con quelli della musica come il canto delle radici della pianta Soleirolia soleirolii (o Helxine) con cui inizia la composizione di Claudio Ambrosini oppure i suoni di pietre, legni, pelli, metalli di Nicola Sani che costituiscono la base acustica della sua Unstable terra e su cui poggiano i suoni del pianoforte. Diversi invece sono i materiali sonori dei Detriti di Filippo Perocco che si confrontano con quelli dell’ensem- ble: vibrazioni primordiali costruite elettronicamente con suoni puri sinusoidali, che talvolta si distendono in lenti glissandi, modulati con leggeri battimenti instabili oppure scossi da fremiti granulari che si pola- rizzano in zone frequenziali risonanti anche estreme nel registro acuto. Infine, soprattutto nel lavoro di Sani, i suoni della terra si muovono dina- micamente nello spazio acustico della sala, invadendolo fin dall’inizio con i respiri tellurici del Geophone, estratti con una ripresa ravvicinata dello strumento a percussione e proiettati con tecnica espansiva nello spazio elettroacustico in ottofonia. (Alvise Vidolin)

Stefano Bellon In margine alle fughe del giovane Doinel Ho rivisto I 400 Colpi mentre stavo ultimando la composizione del brano in programma stasera e, per vie più sentimentali che meditate, ho finito per associare la vocazione alla fuga del piccolo Antoine con alcuni procedimenti effettivamente adottati nella scrittura del pezzo. Antoine Doinel, ragazzino, è un fuggi- tivo. Evade dal riformatorio in cui è recluso e prima ancora dall’ottusità della scuola, dalle mortificazioni della famiglia in cui cresce e dall’ipo- crisia rivoltante degli adulti. Fugge anche dalla coscienza dolente della propria breve biografia e, forse, anche da un qualche temuta predesti- nazione. Nelle pagine che ho scritto, la vicenda strumentale procede seguendo un percorso sovrapponibile: un piccolo oggetto di poche note tenta di ribellarsi a una specie di fissità iniziale fuggendo la propria natura per poi ricadere fatalmente nel proprio principio. Più volte ricade. Di ricadute si tratta però, non di riprese. Scritto in affettuosa amicizia, il pezzo è dedicato a Daniele Ruggieri. (Stefano Bellon)

Nicola Sani Unstable terra È un’opera di suoni riflessi nello spazio, suoni di pietre, legni, pelli, metalli, che rimandano a un primordiale canto della terra, in cui sono racchiusi significati allegorici, poetici, filosofici, visivi. Suoni primordiali, arcaici, legati al corpo, all’origine delle culture sonore. Suoni nomadi per eccellenza, che l’uomo ha sempre portato con sé in ogni sua migrazione. Le percussioni che risuonano nella soundtrack digitale, espanse dalla regia del suono nello spazio multi-dimensionale, rispecchiate nelle traiettorie sonore del pianoforte dal vivo, sono esclu- sivamente quelle non intonate, che producono sonorità ad altezze indefinite. In un percorso dentro se stessi si ritrovano metamorfosi sconosciute, suoni di pietra che si avvicinano all’acqua, all’aria e al fuoco. Suoni scavati nelle profondità della Terra e dell’Io, come in un rituale arcaico e materico. Un mondo sonoro ancora intatto che ad ogni passo riserva sorprendenti armonie pietrificate e scenari immobili, strappati al buio da fasci di luce sonora. Sul filo del dialogo fra l’uomo e la Terra, si intrecciano cammini individuati dalle linee del pianoforte, che vengono da esperienze profonde e latitudini lontane. E quando il suono si spegne, cadute anche le ultime vibrazioni, torna a regnare l’eterno respiro della Terra, mentre, forse per un attimo, si intravvede un bagliore del nostro inconscio. La tecnologia entra in questo ecosi- stema sonoro creando uno straordinario spazio acustico a 8 canali e la regia del suono, curata da Alvise Vidolin, definisce una travolgente drammaturgia sonora multi-dimensionale in un dialogo prima rarefatto, poi sempre più antagonista con lo strumento dal vivo. (Nicola Sani)

Claudio Ambrosini Negli sguardi di Eurialo e Niso Composto nel 1980, è il primo pezzo che ho scritto per flauto e clarinetto. È un lavoro in cui, oltre agli esiti della ricerca strumentale che avevo condotto nel biennio precedente, compare anche il collegamento sia con la letteratura (la storia dei giovi- netti Eurialo e Niso, narrata da Virgilio) che con il mondo vegetale. L’or- ganico prevede infatti anche due piante verdi che, all’inizio del pezzo, vanno immerse dai due interpreti in un grande contenitore d’acqua posto sul proscenio. Nel mio studio/serra avevo infatti casualmente scoperto che le piante e i terreni, quando sono innaffiati, producono dei leggeri sfrigolii, gorgoglii e altri delicati rumori. La natura bisbiglia, balbetta, sibila... Si fa delicatamente sentire. Ma, amplificandole e sommandole insieme, queste singole voci naturali possono arrivare a dar luogo a un suono corale: un groviglio, un bosco che sorprendente- mente sembra quasi elettronico: natura e artificio magicamente uniti. E bosco come quello in cui si perdono Eurialo e Niso, i due giovani troiani usciti nottetempo dall’accampamento assediato, per andare a avvisare Enea del pericolo che sta correndo la sua gente. Bosco in cui i due si smarriscono e si cercano, lanciandosi richiami che però vengono colti dai loro nemici, che li raggiungono e li uccidono. Le due piante immerse nell’acqua assumono quindi una funzione non solo sonora ma anche scenica: simboleggiano sia il bosco in cui i due protagonisti finiscono per soccombere, che le loro due teste mozzate. Questo brano pone in relazione tre piani sonori, o tre stadi di evoluzione del suono: uno naturale, costituito dalle sonorità concrete emesse dalle piante immerse nell’acqua; uno umano, rappresentato dagli strumenti tradizionali (flauto e clarinetto che, insieme con le piante, si trasformano in una sorta di tableau vivant) e infine uno elettronico, composto dalle modificazioni dei suoni dal vivo e dagli interventi generati mediante computer realiz- zati con la collaborazione tecnica di Daniele Torresan. Negli sguardi di Eurialo e Niso non solo è dedicato a Daniele Ruggieri e Davide Teodoro, primi interpreti, ma ispirato dalla loro giovinezza e fisionomia, che ricol- legavo direttamente ai protagonisti della narrazione virgiliana. (Claudio Ambrosini)

Filippo Perocco Detrito in Acquagranda, Detrito in Acquapietra, Detrito in Acquator- bida, De' colori delle Ombre I primi tre brani che ascolteremo stasera- sono stati scritti per l’Ex Novo Ensemble tra il 2014 e il 2015 e si rifanno in qualche modo ad un mondo lagunare immaginario. Tutto scaturisce da alcune attitudini che, come dei tarli, si insinuano costantemente nelle fessure del processo compositivo. La maceria/detrito, la nenia/canto, la precarietà sono elementi essenziali per gran parte dei miei lavori. L’ultimo brano, qui presentato in prima esecuzione assoluta, consiste in una estensione (tramite l’aggiunta del risonatore e di altri dettagli strutturali) di un lavoro scritto nel 2018 in occasione del settantesimo compleanno di Claudio Ambrosini. Anche in questa pagina il mondo lagunare, acquatico, fluido appare dietro un velo cullato da una nenia che circola filtrata tra gli strumenti e le varie voci. Tutti i brani fanno parte di un potenziale Catalogo di detriti, macerie e rovine, un ampio luogo dove confluiscono lavori scritti dal 2003 ad oggi per insiemi diversi. Prendendo a prestito la tecnica del grattage, raccolgo lo scarto di mate- riale altro per la realizzazione di queste ed altre miniature. (Filippo Perocco)