Concerto 2
Mercoledì 10 Novembre 2021 ore 20.00
Gran Teatro La Fenice, Sale Apollinee
QUATTRO SECOLI DI MUSICA A VENEZIA
Ex Novo Ensemble
Daniele Ruggieri flauto,
Davide Teodoro clarinetto,
Carlo Lazari violino,
Carlo Teodoro violloncello,
Aldo Orvieto pianoforte
Giovanni Gabrieli (1557-1612)
Canzoni per sonar a quattro con ogni sorta di stromenti (1608)
per flauto, clarinetto, violino e violoncello
- Canzon prima "La spiritata"
- Canzon seconda
- Canzon terza
– Canzon quarta
AntonioVivaldi (1678-1741)
Concerto in Re maggiore RV92 (1720 ca.)
per flauto, violino e violoncello
Allegro – Larghetto – Allegro
Ermanno Wolf-Ferrari (1876-1948)
Introduzione e Balletto op. 35 (1946)
per violino e violoncello
Bruno Maderna (1920-1973)
Widmung (1967) per violino solo
Claudio Ambrosini (1948)
“Oh mia Euridice” A fragment (1991)
per clarinetto (anche controtenore),
violoncello e pianoforte
Stefano Bassanese (1960)
“si si si, no no no” (divertissement
a guisa di danza per il 71°
compleanno di Claudio Ambrosini)*
per flauto, clarinetto, violino,
violoncello e pianoforte
* Commissione Ex Novo Musica
PRIMA ESECUZIONE ASSOLUTA
La “musica contemporanea” non è un genere musicale ( tanto per intenderci, come
nel caso della musica di consumo lo è il rock, il pop, il rap…). Usando
una tautologia è semplicemente la musica composta ai nostri giorni
ed è proprio per non cadere nella trappola del “genere musicale specialistico”
che per l’Ex Novo Ensemble è sempre stato molto importante
proporre dei programmi che presentassero musiche di diverse epoche.
Questo è il caso di Quattro secoli di musica a Venezia, dove la civiltà
musicale veneziana viene raccontata in un percorso da Gabrieli ai nostri
giorni con un’immedesimazione identitaria da parte dell’ensemble
che lo ha portato a utilizzare molte volte questo programma nelle forme più
disparate pur conservandone l’impostazione concettuale originale. Ricordo,
ad esempio, una sorprendente partecipazione alla trasmissione televisiva
Domenica in del 1986 condotta da Mino Damato – non ancora camminante
sui carboni ardenti – dove dalla Toccata dell’Orfeo di Monteverdi si passava
senza soluzione di continuita grazie alla magia del “chroma key televisivo”,
virando tra i fumi al violetto, a una Toccata di Ambrosini. O ancora,
in una forma decisamente piu articolata, per la stagione del 1987
dei Munchner Philharmoniker o durante la tournee americana del 1996
dove il progamma è stato eseguito alla Kaufmann Concert Hall di New York
e al Chicago Center of Arts. Insomma Quattro secoli di musica a Venezia
è una sorta di cavallo di battaglia che vogliamo riproporre al nostro pubblico
in occasione del quarantennale della fondazione dell’Ex Novo Ensemble.
Le Canzoni del grande maestro veneziano Giovanni Gabrieli, primo organista di San
Marco, fanno parte di un importante raccolta di opere strumentali contenete
trentasei pezzi a quattro, cinque e otto voci, edite nel 1608 a Venezia
da Alessandro Rauerij. Queste Canzoni per “sonare”, che sembrano appartenere
per il loro carattere agli albori della musica strumentale, rappresentano
però già il frutto d’una evoluzione di quasi un secolo. Il loro nome indica
che questi pezzi traggono la loro origine da una primigenia forma vocalale
la “chanson française”, ma sin da principio tali canzoni non erano solamente
cantate, furono infatti considerate in tutta Europa come dei lavori
principalmente strumentali. E ben presto la “Canzon francese” divenne
in Italia quel particolarissimo genere strumentale da cui ha avuto origine,
tra il 1610 e il 1630, la “Sonata moderna”.
Quando Vivaldi ebbe fatta sua la forma-Concerto di Torelli e le ebbe dato un’impronta
ancor piu netta in numerosi Concerti con solista, vi prese tanto interesse
che la volle adattare anche ad altri organici, benchè essa fosse nata
proprio dalla contrapposizione solista-orchestra. Grazie alle vastissime
esperienze compiute nel campo del Concerto grosso, l’adattamento
del nuovo schema a composizioni con due o più solisti contrapposti
all’orchestra dovette riuscirgli relativamente facile e ovvia. Piu problematica
invece gli fu certamente la totale abolizione del solista nel
Concerto grosso ripieno, perché qui veniva a cadere un elemento essenziale
della forma, il contrasto, appunto, tra i due diversi volumi sonori.
Eppure Vivaldi volle tentare un altro esperimento ancora, valendosi
sempre di quella stessa forma: il Concerto per solisti senza orchestra.
E ne lasciò ben quindici, oltre ai quattro per flauto traverso dell’op. X
in una piu antica versione cameristica. Per questo tipo di composizioni
egli usò per lo piu due o tre strumenti melodici sopra un basso.
Lo schema e quello della forma-ritornello, dove i ritornelli sono quasi
sempre eseguiti da tutti gli strumenti mentre nei Solo emergono strumenti
singoli. Talvolta i ritornelli sono strutturati come nelle Sonate
a Tre, di modo che le opere appartenenti a questo gruppo sono qualcosa
a mezzo tra la musica orchestrale e quella da camera, pur essendo il più
delle volte intitolato “Concerto”.
Ermanno Wolf-Ferrari, nasce a Venezia da padre tedesco e madre italiana. Come Busoni
rappresenta una di quelle figure che riuscirono ad incarnare una sorta
di doppia cittadinanza artistica, accogliendo e mescolando i migliori
influssi ora dalla cultura tedesca ora da quella italiana. Infatti la sua
formazione si svolse tra Venezia e Monaco di Baviera. Interessato
soprattutto all’opera lirica, la cui attività lo tenne impegnato per quasi
un trentennio, particolarmente fortunato fu per lui l’incontro con il teatro
di Carlo Goldoni, di cui traspose in musica “Le donne curiose” (1903),
“I quattro rusteghi” (1906), “Il campiello” (1936). In queste opere il Settecento
è assunto a modello di eleganza compositiva ed equilibrio formale
ed è questo forse il principale motivo del loro successo. Wolf-Ferrari
rinnovò infatti progressivamente il proprio stile operistico, mantenendosi
però equidistante sia dalle esperienze delle avanguardie sia dal Verismo.
Nell’ultimo periodo della sua vita Wolf-Ferrari si dedicò invece soprattutto alla produzione strumentale. Da essa non traspare traccia dei grandi
rivolgimenti apportati dalla Seconda scuola di Vienna, emerge piuttosto
un senso di spontanea cantabilità e trasparenza. Come nel caso di questo
perfetto fiore tardivo rappresentato dall’ Introduzione e Balletto op. 35
(1946) per violino e violoncello, sbocciato in pieno periodo di guerra
insieme ad altri grandi lavori come il Concerto per violino e quello per
violoncello (1944) o ancora il Piccolo Concerto per corno inglese (1947).
Bruno Maderna, veneziano, compositore e direttore d’orchestra coltissimo e importantissimo
purtroppo mancato precocemente, lascera un solco incancellabile
nella musica del Novecento pur conservando quel tratto leggero in ogni
nota della sua opera, ereditato probabilmente sin dall’infanzia quando
il padre Umberto Grossato, musicista d’intrattenimento, gli trasmette i
primi rudimenti musicali. A soli sette anni si esibisce infatti come violinista
e direttore d’orchestra. Nel 1940 si diploma in composizione a Santa
Cecilia e in quegli stessi anni inizia la frequentazione con Malipiero, allora
direttore del Conservatorio di Venezia, da cui eredita l’interesse per la
musica antica e la polifonia rinascimentale. Il termine tedesco Widmung
(dedica) sottolinea le circostanze celebrative che presiedettero nel 1967
alla nascita dell’omonima pagina per violino solo. L’evento fu rappresentato
dall’inaugurazione di un museo privato: la collezione di arte astratta
di Ottomar e Greta Domnick a Nurtingen. I dedicatari e anche probabili
committenti di Widmung, furono dunque i signori Domnick, mentre
a tenere la prima esecuzione fu il violinista Theo Olof il 27 ottobre 1967.
"Oh, mia Euridice..." A fragment
I passi del musicista devono anche saper essere quelli di Orfeo, intento col suo
canto a muoversi in un mondo poco partecipe, se non ostile, ammansendo
belve, intenerendo sassi, incantando fiere (…sassi, belve, fiere:
fin dai tempi antichi a chi mai si alluderà?). Notissimo è il suo mito,
rivissuto da tanti compositori nei secoli così che anch’io ho cercato,
nel 1984, di darne una versione, in un’opera da camera che ho intitolato
Orfeo, l’ennesimo. Però qualche anno prima avevo gia composto
un altro breve lavoro sullo stesso tema, una sorta di “lamento di Orfeo”,
concepito per essere presentato al pubblico come il frammento superstite
di una opera nuova, ma andata misteriosamente perduta. Come se si trattasse
di un nuovo monteverdiano Lamento di Arianna, o della finta lettera
secentesca da cui Manzoni fa partire i suoi Promessi sposi.
"Oh, mia Euridice..."A fragment, è appunto questo frammento, poi entrato a far parte
di Orfeo, l’ennesimo. La versione per clarinettista (che deve anche
cantare), violoncello e pianoforte presentata stasera è stata poi stesa
nel 1991, su commissione del festival Di Nuovo, di Reggio Emilia,
ed e dedicata ai miei genitori.[Claudio Ambrosini]
sì sì sì, no no no (divertissement a guisa di danza
per il 71° compleanno di Claudio Ambrosini)
per flauto, clarinetto, violino, violoncello e pianoforte
Verso metà degli anni ’80 collaboravo con Claudio Ambrosini come copista. Trascorrevamo
lunghi pomeriggi di frenetico lavoro ed esilaranti momenti di buon
umore. Una delle “gag” che spesso ricorrevano era l’imitazione-caricatura
di un celebre pianista, si trattava di una sola frase che ripetevamo divertiti
come fosse un mantra, una sintesi espressiva di poche sillabe composta
da soli accenti e prosodia, come fosse una danza immaginaria: sì sì sì,
no no no appunto. [Stefano Bassanese]