Concerto 2


Giovedì 7 Novembre 2019 ore 20.00
Gran Teatro La Fenice, Sale Apollinee

GEMINI VARIATIONS
Omaggio a Niccolò Castiglioni

in collaborazione con l'Istituto per la Musica
della Fondazione Giorgio Cini



Ex Novo Ensemble

Daniele Ruggieri flauto,
Carlo Lazari violino,
Aldo Orvieto pianoforte (+)
Daniele Roi pianoforte



Niccolò Castiglioni (1932-1996)
Sonata (1953)* per violino solo
- Mosso, agitato
– Lamentazione (Lento, dolente)
– Inno (Allegro)

Nino Rota (1911-1979)
Trio (1958) per flauto, violino e pianoforte (+)
- Allegro ma non troppo
– Andante sostenuto
– Allegro vivace con spirito

Niccolò Castiglioni (1932-1996)
Gymel (1960) per flauto e pianoforte (+)
Partita (1953)* per pianoforte a 4 mani
- Entrata (Allegro moderato)
– Ostinato (Allegro mosso)
– Marcia (Moderato)
– Minuetto (Moderato)
– Finale (Sostenuto e pomposo)

Maurice Ravel (1875-1937) Ma mère l'oye (1908-10) Cinque pezzi infantili per pianoforte a quattro mani
- Pavane de la belle au bois dormant (Lent)
– Petit poucet (Tres modere)
– Laideronnette, imperatrice des pagodes (Mouvement de marche)
– Les entretiens de la belle et de la bete (Mouvement de valse modere)
– Le jardin feerique (Lent et grave)

Niccolò Castiglioni (1932-1996)
Sonatina (1952)* per flauto e pianoforte (+)
- Allegro
– Nenia (Andantino)
– Rondo (Allegro moderato, ma vispo)

Benjamin Britten (1913-1976) Gemini Variations (1965)
Dodici variazioni e Fuga su un epigramma di Zoltan Kodaly (Epigrammi, 1954, nr. 4)
per flauto, violino, pianoforte a 4 mani
– Tema, Maestoso
– Variazione I Prestissimo scherzando
– Variazione II Moderato
– Variazione III Allegro
– Variazione IV Grazioso
– Variazione V Canone, Vivace
– Variazione VI Specchio I, Lento tranquillo
– Variazione VII Cadenza
– Variazione VIII Appassionato
– Variazione IX Fanfara, Allegro
– Variazione X Marcia, Allegro
– Variazione XI Specchio II, Misterioso
– Variazione XII Romanza, Andante rubato
– Fuga, Molto moderato


* Manoscritto inedito fondazione Giorgio Cini
istituto per la musica fondo Niccolò Castiglioni



Come quella di ogni artista, la formazione di un compositore e costellata di tentativi piu o meno incerti, emulazioni di modelli, prove di forza. Un’intera mappa di esplorazioni giovanili, a volte contradittoria, a volte intimamente coerente, che antecede e prepara l’emergenza dell’opera pubblica, quel “opus 1” da cui tutto sembra dover partire. Ma dove inizia veramente l’“opera” di un autore? Come riconoscere quel momento in cui l’impronta personale giunge finalmente a dominare l’atto creativo? Si tratta di un confine arbitrario, oscillante, che lo stesso compositore ridisegnera negli anni, rivelando o nascondendo le tracce del proprio percorso di maturazione.

La recente acquisizione dell’archivio personale di Niccolo Castiglioni da parte della Fondazione Giorgio Cini di Venezia ha consentito l’accesso a uno straordinario corpus di composizioni giovanili inedite: circa un migliaio di pagine attraverso le quali e possibile seguire, passo a passo, le tappe del suo apprendistato. A colpire e, innanzitutto, la precocita del talento. Il primo dei brani conservati e datato agosto 1940, quando Castiglioni, che era nato a Milano il 17 luglio 1932, aveva da poco compiuto otto anni. Sfogliando queste pagine e facile constatare come, nel giro di poco tempo, l'iniziale incertezza del ductus infantile lasci spazio a una scrittura di precisione esemplare. Appena sei anni dopo, nel 1946, entrera nel Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, dove otterra il diploma di composizione sotto la guida di Giorgio Federico Ghedini e Franco Margola.

Le tre composizioni che verranno eseguite in questo concerto furono scritte durante l’ultimo anno di Conservatorio, tra il settembre 1952 e l’aprile 1953. Nel loro schietto rigore formale, ci restituiscono il ritratto di un compositore che si appresta a concludere i suoi anni di formazione scolastica dotato di una maestria tecnica di prim’ordine, ma anche di un’autentica natura di musicista versatile e sensibile. Come la quasi totalita della produzione di Castiglioni fino al 1954, anno che segna il suo avvicinamento alla tecnica di composizione con la serie dodecafonica, questi brani si muovono nel solco del classicismo novecentesco, sia nel linguaggio sia nell’architettura formale. Un utilizzo disinvolto della modalita, certe asprezze armoniche e la semplicita del disegno ritmico ne sono ingredienti fondamentali.

Composta tra settembre e ottobre 1952, la Sonatina per flauto e pianoforte è articolata in tre tempi. Il primo è una forma sonata di stampo classico, non esente da improvvise mutazioni di colore armonico. Nel movimento lento, intitolato “Nenia”, una dilatata formula melodica ritorna piu volte sotto angolature sempre diverse. Il Rondò finale riprende il brio iniziale con una pulsazione ritmica regolare ma incostante, confermando il carattere ora espansivo ora freddamente ironico dell’intera composizione.

La Partita per pianoforte a quattro mani, datata “dicembre 1952 – 9 febbraio 1953”, evidenzia il gusto del giovane Castiglioni per un pianismo sobrio e rigoroso, privo di ogni forma di edonismo sonoro. Da canto suo, la scrittura appare sempre equilibrata tra momenti di severa austerita, come nell’Ostinato del secondo movimento, e altri di piu lieve eleganza (il Minuetto del quarto movimento), mostrando anche qui la predilezione del compositore per i pannelli di sviluppo lineare e omogeneo.

La Sonata per violino solo risale alla primavera del 1953 e precede di poco il Mistero della Resurrezione per voci e orchestra da camera con cui Castiglioni otterra il Diploma di composizione. Il primo tempo e una forma sonata costruita sulla tradizionale contrapposizione tra un tema agitato e uno piu calmo. Castiglioni si serve di un materiale limitato, fatto di cellule melodiche che sembrano chiudersi su se stesse. Segue una “Lamentazione” sotto forma di tema con variazioni: a ogni riformulazione del tema corrisponde un aumento della dinamica espressiva, finche, raggiunto il climax, il movimento si spegne con un’inversione del tema iniziale. L’“Inno” che chiude la Sonata merita un’attenzione particolare: l’introduzione di un canto monodico nel cuore del movimento e gia eloquente testimonianza dell’interesse, al quale Castiglioni rimarra sempre fedele, per le forme piu elementari della melodia. [Francisco Rocca]

Il programma che verra proposto questa sera e stato concepito per rendere omaggio alla figura di Niccolo Castiglioni attraverso l’esecuzione di tre manoscritti inediti custoditi presso il Fondo Niccolò Castiglioni della Fondazione Giorgio Cini e di uno dei suoi piu importanti lavori dei primi anni ’60, Gymel per flauto e pianoforte.

Le altre musiche che accompagnano questo percorso di memoria musicale dedicato a Castiglioni sono state scelte con amorevole cura ripercorrendo i gusti e gli atteggiamenti musicali e umani del Nostro. Anzitutto la passione per la Natura, che egli alimentava attraverso lunghe passeggiate in Tirolo, alla ricerca di quell’ attenzione introspettiva che possa favorire la meditazione e il pensiero. Celebrare la Natura per Castiglioni e dedicargli una attenzione “al microscopio”, lasciarsi invadere dalle sue bellezze piu intime. La sua estrema delicatezza nell’avvicinarsi al Creato, in sintonia con la sua fede religiosa coltivata in solitaria semplicita, e ben espressa da questo suo pensiero: ?Io detesto solo una cosa: le piante da appartamento; sono come bambini strappati alla mamma, alberi sradicati dal suolo, depauperati dalla linfa vitale e dall’humus: la terra e necessaria per le radici!?. Il suo essere ?persona semplice cioe einfältig, non einfach?, lo conduce ad una visione estrema dell’esperienza musicale: ?secondo me, non solo la musica sacra propriamente detta, ma tutta la musica per essere musica e (nel conscio o nell’inconscio) musica religiosa ?. Severita e asciuttezza, rispetto per il suono e per la sua bellezza, discorsivita narrativa mai artefatta, culto di una autenticita umana ed espressiva cosi estrema da provocare momenti di estraneita, ossessione, depressione, alienazione nell’impatto con l’immanenza del Reale. Seguendo questi pensieri abbiamo trovato adatto proporre per questo omaggio a Niccolo Castiglioni le opere di Benjamin Britten, Maurice Ravel e Nino Rota che andiamo ora a descrivervi.

A Budapest, nella primavera del 1964, Britten fu molto colpito dal talento musicale di due gemelli di dodici anni. Entrambi suonavano il pianoforte, uno di loro il flauto, l’altro il violino; cantavano, leggevano bene a prima vista e rispondevano a difficili domande musicali. “Alla fine dell’incontro – racconta Britten – si sono avvicinati a me e con affetto, anche se con determinazione, mi hanno chiesto di scrivere per loro un’opera. Sebbene affermassi di essere troppo occupato, il mio rifiuto non fu preso in considerazione; allora insistetti su un piccolo punto di contrattazione; l’avrei fatto solo se mi avessero scritto una lunga lettera nella quale mi avessero raccontato ogni cosa su loro stessi, sui loro studi, sui loro giochi; in inglese. Mi sentivo al sicuro. Dopo una settimana o due arrivo la lettera, in un inglese vivido e di grande temperamento: sentii che dovevo onorare la mia promessa. Ecco tutto. I ragazzi furono invitati all’Aldeburgh Festival per la prima esecuzione di Gemini Variations il 19 giugno 1965, e successivamente suonarono a Londra (registrando per Decca), Bruxelles, Budapest e in altre citta dell’Ungheria”. In seguito Britten preparo una versione per quattro esecutori nella quale il flautista e il violinista, per non annoiarsi in lunghe attese, partecipano all’esecuzione di quei brani che erano stati originariamente concepiti per pianoforte a quattro mani.

Gli amici di Ravel, i coniugi Godebski, abitavano per lunghi periodi in una casa di campagna presso Valvins, La Grangette, che si poteva raggiungere solo percorrendo un sentiero di due chilometri nel bosco, a piedi, dalla stazione ferroviaria. Fu per i giovanissimi Mimie e Jean Godebski che Ravel ebbe l’idea di comporre un pezzo facile per pianoforte a quattro mani; nel 1908 nacque cosi la Pavane, una ninna nanna con la quale la Fata Benigna, culla il sonno della principessa, una dolce melodia in modo eolio dal sapore arcaico. La Suite fu completata nel 1910, orchestrata nel 1911. In Petit Poucet Ravel utilizza una successione di terze parallele per evocare l’immagine del girovagare senza meta del protagonista e gli onomatopeici richiami degli uccelli per far comprendere all’ascoltatore il nodo narrativo della favola. Solo alla fine il clima ingenuo e suggestivo si rischiara in una luminosa e serena terza maggiore. Nell’ingenua ricerca della strada di casa Pollicino incontra Laideronnette, impératrice des pagodes che si spoglia per il bagno; limitandosi (apparentemente) alle cinque note della scala cinese Ravel evoca un esile e fantastico tintinnare di carillons e “cineserie” che descrivono un’esotica terra di sogno. La vicenda de La Belle et la Bète e stilizzata in un dialogo amoroso e sensuale al ritmo d’un valzer lento, nel corso del quale la Bella finisce per cedere alle suppliche della Bestia: l’incantesimo e spezzato e il vero volto dell’affascinante principe prendera forma. Un glissato ci trasporta nel clima di estatica fissita de Le jardin féerique, un sommesso corale che si sviluppa in crescendo fino ad uno sfolgorante finale. Dichiarando che Les Entretiens de la Belle et la Bête costituivano la “quarta Gymnopédie”, Ravel simpaticamente ammise l’influenza dell’estetica minimalista di Erik Satie.

Ascoltare oggi il Trio di Nino Rota ci fa subito rilevarne la distanza estetica sia dalle avanguardie del suo tempo che dalla sua stessa produzione di musica per film. La scrittura strumentale, a tratti aspra, evoca la drammaticita espressiva della musica di Bartok, l’uso della bitonalità fa pensare alle esperienze neoclassiche di Stravinskij e di Casella; il tema principale, utilizzato sia nel primo che nel secondo movimento (anche in forma retrograda) richiama un tema di fuga barocca. Eppure il Trio di Nino Rota non ha debiti con la musica del passato, si impone come l’opera di un artista maturo, forse uno dei lavori piu importanti del suo catalogo cameristico. Un primo movimento di grande teatralita presenta le tre individualità strumentali con forte carattere e personalità. Un misterioso e contemplativo movimento centrale indaga i recessi inconsci di una condotta armonica sottilmente instabile. Le tensioni accumulate in questo enigmatico Andante vengono infine liberate in un Finale frenetico, elettrizzante che lascia spazio alle esibizioni virtuosistiche dei tre strumenti. [Aldo Orvieto].