Concerto 1
Mercoledì 23 Ottobre 2019 ore 20.00
Gran Teatro La Fenice, Sale Apollinee
QUARANT'ANNI DI MUSICA INSIEME
Ex Novo Ensemble
Daniele Ruggieri flauto,
Davide Teodoro clarinetto
Carlo Lazari violino,
Carlo Teodoro violoncello
Aldo Orvieto pianoforte
Salvatore Sciarrino (1947)
Lo spazio inverso (1985)
per flauto, clarinetto, violino,
violoncello e celesta
Giacomo Manzoni (1932)
Ex Novo (2013) per flauto,
clarinetto, violino e violoncello
Aldo Clementi (1925-2011)
Scherzo (1985) per flauto, clarinetto,
violino e violoncello e armonium
elettrico preregistrato
Ludovico Einaudi (1955)
The apple tree (1995) per flauto,
clarinetto, violino e violoncello
e pianoforte
Alessandro Solbiati (1956)
Cinque Movimenti*
per violino e violoncello
Claudio Ambrosini (1948)
Vite di suoni illustri (2012)
per flauto, clarinetto, violino
e violoncello e pianoforte
Salvatore Sciarrino (1947)
Arioso a 5 (2018) per flauto, clarinetto,
violino e violoncello e pianoforte
* Commissione Ex Novo Musica
PRIMA ESECUZIONE ASSOLUTA
Quarant’anni di musica insieme è un programma che presenta un’esigua parte
dei lavori che in questi anni sono stati eseguiti in prima assoluta o dedicati
all’Ex Novo Ensemble. E ben definisce il panorama della musica
in Italia attraverso i suoi protagonisti piu rappresentativi. Il concerto
si apre infatti con Lo spazio inverso del 1985 di Salvatore Sciarrino che,
quasi a testimoniare la parabola evolutiva della musica italiana, chiude
anche il concerto con Arioso a 5 del 2018, attraversando i linguaggi cosi
diversi di compositori la cui autorevolezza non ha bisogno di presentazione
alcuna quali: Giacomo Manzoni, Aldo Clementi, Ludovico Einaudi,
Claudio Ambrosini. Infine, ciliegina sulla torta – come potevamo trascurare
l’impellente attualita – la prima esecuzione assoluta integrale
del lavoro Cinque movimenti di Alessandro Solbiati.
Lo spazio inverso (1985). Creare l'apparenza del moto con la stasi, una logica di fatti
senza relazione. Puo sembrare un paradosso irriducibile, e invece e l'incantesimo
che a me e stato assegnato. Abolito il ritmo: la successione
risulta da una gravitazione polifonica, come i segni nel cielo – allo stesso
modo l'orizzonte somma profili molteplici di monti. Il deserto lascia affiorare
la fisiologia. Isole pulsanti di suono strisciano laghi di silenzio, e nel
silenzio ritroviamo i suoni del corpo e li riconosciamo nostri, li ascoltiamo,
finalmente. Ora sentiamo nuove anche le minime tensioni degli intervalli.
E i gesti, svuotati dell'originario dramma, non si danno per veri, e balugina
la loro intrinseca rappresentativita. La rarefazione e tale da emanare,
ogni volta, uno spazio tutto proprio dove la composizione respira,
lontana dalle musiche consuete. Straordinaria, stagliandosi pure sui suoni
del quotidiano, dai quali paradossalmente e costituita. La persistenza,
talvolta, di eventi, di linee a mezz'aria come orizzonti sospesi fornira
le coordinate al nostro orecchio. Mentre un tempo il volto dell'opera
doveva comporsi unitariamente, come isolato nel vuoto, ora si rovescia
quella volonta di forma. E i margini del pensiero, creati gia tali, vengono
semplicemente accostati. Non piu dissimulati, produrranno impossibili
dislivelli – le cesure – violente cicatrici in primo piano. Quasi gli strati
della coscienza si fossero moltiplicati, sovrapposti, l'opera rappresenta
i suoi stessi processi, tracce su tracce, per somigliare a un quaderno
di universi lacerati. In particolare riconosciamo due dimensioni distinte:
una e leggermente piu oscura, ferina. Ne continuita, ne frammenti,
ne dialettica. Sono evitati gli sviluppi, e in realta solo suggeriti affinita
o legami, fra un momento e il successivo. Suscitare lo spazio dove non
c'e che una dimensione mentale puo sembrare un surrogato in assenza
dell'antica musica. Eppure basta la stessa coscienza del processo mentale,
attraverso un'attenzione capillare al percepire – e la coscienza che
la rete dei sensi organizza anche il disordine, ed e leggibile il caos. In virtu
di tutto cio e diversa questa musica, nuova la sua legge, e il suo finto
racconto si rende, per grande o minuscolo che sia,alla soglia del secolo.
Una melodia di vuoto. Aggirandola per anni, ne viene evocato il lirismo.
L'aura soltanto, quasi magicamente, poiche mancano persino i presupposti
di una stentata sequenza. E generosa la nostra mente. Ad essa
questa musica flebile si volge. Non piu fatta per addormentare le fiere.
Anzi ugualmente addormenta in noi la fiera strumento di conoscenza.
[Salvatore Sciarrino]
Ex Novo (2013). Il titolo non esprime solo la dedica al gruppo diretto da Claudio Ambrosini
e al 10° anniversario del suo festival, ma anche una certa innovazione
nella struttura compositiva, basata su un gruppo di note continuamente
trasformato – a durate pressoche costanti – negli intervalli, nei registri,
nelle scelte timbriche, dinamiche e ritmiche, lasciate queste peraltro
al libero flusso del discorso musicale. Non si tratta propriamente di un
nuovo inizio, ma certo di una innovazione che potrebbe schiudere
al compositore orizzonti da esplorare. Fuori da queste brevi indicazioni
credo che si debbano lasciare all'autore specifici approfondimenti tecnici,
e all'ascoltatore la valutazione della riuscita o dell'efficacia musicale
del brano. [Giacomo Manzoni]
Scherzo (1985) di Aldo Clementi è un preziosissimo cesello contrappuntistico
a partire da una sorta di valzer di matrice mitteleuropea, che ben mette
in luce la fine natura “artigiana” dell’autore cosi sapientemente raccontata
da Mario Bortolotto nel suo “Fase seconda”. Questa sorta di moto
incantatorio degli strumenti, che si staglia dal fondo del totale cromatico
dell’organo preregistrato, viene ritornellato a piacere in un vorticoso
continuo impercettibile ritardando, quasi a voler mano a mano
forzare le maglie dello stretto ingranaggio contrappuntistico svelandone
la complessita e gli artifizi.
The apple tree (1995) che come lo stesso autore racconta “cerca di mettere in relazione
elementi tratti da codici e linguaggi diversi del passato e del presente
che appartengono alla nostra memoria, con un’attenzione particolare
a quel grande serbatoio che e la musica popolare”, si caratterizza per
lo scorrere di fasce ritmicamente ostinate e timbricamente uniformi su cui
si ritagliano oggetti sonori riconoscibili. E in questo scorrere inarrestabile,
che porta con se frammenti melodici, gesti, colori, tracce, elementi
di una esistenzialita marginale, frutti di un ipotetico albero delle mele, che
si concretizza quel contrassegno di “minimalismo” attribuito alla musica
dell’autore.
La composizione dei Cinque movimenti per violino e violoncello ha preso le mosse
nel 2018 da una pura esigenza personale, fuori da qualsiasi commissione,
l’esigenza di una severa sintesi immaginativa e formale: “asciugare”
un chiaro ma complesso percorso narrativo e figurale entro successive
arcate di pochi minuti e con una strumentazione minima. Non vi è stato
alcun progetto globale, in partenza, e proprio il fatto che ciascun movimento
sia stato scritto separatamente nel corso di più di un anno e per
destinazioni impreviste e diverse (Ouverture è stato composto per Ex Novo
per il 70° compleanno dell’amico Claudio Ambrosini, il secondo movimento
per Ned Ensemble, il terzo e quarto sono divenuti commissione della Pinacoteca
di Brera per una propria celebrazione del giugno scorso) ha conferito
ad ogni movimento una totale indipendenza, e una caratterizzazione
piuttosto ricca al proprio interno. Non si tratta cioe di brevi brani basati
ciascuno su un’unica idea, bensi di cinque arcate formali e immaginative
complete e complesse, sebbene ciascun brano abbia un centro d’interesse:
il primo una progressiva apertura di registro che rivela via via l’identita
dei due strumenti, il secondo l’uso globale della sordina pesante, il terzo,
viceversa, un attacco potente e “sinfonico” e il quarto una spina dorsale
pulsante e danzante. Poichè ciascun movimento conduce a proprio modo
ad un elemento melodico, nel quinto ho pensato di rovesciare le cose
e partire da un canto eterofonico che passa come un fil rouge attraverso
reminiscenze dei movimenti precedenti, per dare unita al tutto e in omaggio
all’impareggiabile ottavo e ultimo Valse noble et sentimentale di Ravel,
autore sempre imprescindibile e irraggiungibile, ma in particolar modo
in un duo per violino e violoncello. [Alessandro Solbiati]
Vite di suoni illustri (2012). Quello che caratterizza alcuni compositori della mia generazione
è forse una diversa attenzione al suono, una concezione nuova
del suono. Non piu le “note”, appartenenti a questo o quel “sistema”,
e non piu nemmeno la nota, intesa come entita isolata, astratta. Piuttosto,
invece, i suoni intesi come organismi viventi, dotati ciascuno di caratteristiche
uniche e ben precise, connesse a questioni complesse derivanti
sia dalla natura degli strumenti che dalla natura dell’uomo, dalla sua
fisiologia: cioè sia dalla produzione del suono, che dalla sua percezione,
dall’ascolto. Tra un do e il do all’ottava sopra (o sotto) nel sistema tonale –
o in quello, all’opposto, dodecafonico – la parentela è grande; in una
musica “suonale”, le differenze sono grandi. Oltre a questa idea di suono
c’è altro, per esempio il confronto dialettico con il passato: diversi miei
lavori si pongono in rapporto con la storia, denunciano – spesso fin
dal titolo, come nel caso di Rondò di forza, di Trobar Clus, di De vulgari
eloquentia o di Prélude à l’après-midi d’un fauve – un affetto che ho
sempre cercato, spero, di tenere esente da nostalgie. Anzi, tentando di
non limitarmi a uno sguardo devoto ma sviluppando una teoria, che ho
chiamato della prospettiva, secondo la quale un chiaro riferimento storico
– quasi un “correlativo oggettivo” eliotiano – puo essere funzionale.
E non tanto per abbandonarsi a rimpianti quanto piuttosto per segnare,
appunto, una presenza ma nello stesso tempo una distanza: il passato
ha prodotto magnifiche cose, certamente, che noi ascoltiamo, ammiriamo,
amiamo ma... loro erano lì e noi siamo qui. E da qui le guardiamo.
Da un capolavoro del passato a noi, tra quell’epoca e la nostra, c’è il tempo
che e intercorso e i grandi passi che le tecniche strumentali e il pensiero
musicale hanno fatto nel frattempo. I secoli e, in particolare, i decenni
della modernita hanno aperto il “ventaglio dei suoni” fino a esiti un tempo
inimmaginabili. Vite di suoni illustri è dunque rivolto da una parte verso
pietre miliari della storia della musica e dall’altra verso gli ascoltatori, che
questi brani possono riconoscere, verificandone il grado di trasformazione.
Va da se che un lavoro sulle nuove tecniche non puo che avvenire
su materiali arcinoti, iconici. Un esempio? Il glissato di clarinetto che apre
la Rapsody in blue o un frammento di un Capriccio di Paganini. Protagonisti
in questo lavoro sono dunque dei suoni divenuti ormai “mitici” e che,
tolti dal loro contesto e immessi in quello della contemporaneita, si trovano
a vivere esperienze completamente diverse. Protagonisti di queste nuove
“vite”, nell’ordine: clarinetto, flauto, violino, violoncello e pianoforte.
Vite di suoni illustri è stato composto nel 2012 ed è dedicato agli ottant’anni
di Mario Messinis, un ascoltatore speciale, sempre assetato di suoni nuovi
e insieme capace di valutare musiche di ogni tempo. [Claudio Ambrosini]
Arioso a 5. Salvatore Sciarrino nel 1982 in giuria alla seconda edizione del Concorso
“Venezia Opera Prima” scelse Claudio Ambrosini, allora esordiente,
che si era presentato con due suoi lavori scritti nel 1981: Rondo di forza
per pianoforte e Icaros per violino. Nelle estati del 1982 e del 1983, Sciarrino
invitò Claudio Ambrosini come suo assistente al Corso di Composizione
che si svolgeva nell’ambito del Festival delle Nazioni di Città
di Castello: ne nacque una profonda, singolare amicizia. Anche
se Ambrosini non fu mai propriamente allievo di Sciarrino – i due sono
quasi coetanei – molte sono le liaison che intrecciano la loro esperienza
artistica: prima tra tutte la vocazione alla creazione di “suoni di sintesi”
con gli strumenti della tradizione, sempre intessuti in una tela di rigorosissimo
impianto formale. Nel 2017 nel corso delle molteplici iniziative
che onorarono la ricorrenza del 70° compleanno di Sciarrino, anche
Ex Novo Musica gli dedicò un concerto nel contesto del quale ebbe luogo
la prima esecuzione assoluta di Domini minimi di Claudio Ambrosini, che
“è stato pensato il 4 aprile 2017 ed e dedicato ai settant’anni di Salvatore
Sciarrino che, del dire tantissimo con apparentemente pochissimo,
e maestro”. Salvatore Sciarrino, presente purtroppo solo in ispirito a quel
concerto veneziano, ha voluto adesso dedicare ad Ambrosini Arioso a 5,
uno splendido dono a Ex Novo Musica del quale gli siamo affettuosamente
riconoscenti. [Aldo Orvieto]