Concerto 9


Venerdì 21 ottobre 2016, ore 18.00
Scuola Grande di San Rocco, Sala Capitolare


VOCI DAL GHETTO
Cinquecento anni dalla nascita del ghetto di Venezia

In collaborazione con Scuola Grande Arciconfraternita San Rocco

Davide Teodoro clarinetto
Carlo Lazari violino
Annamaria Pellegrino violino
Mario Paladin viola
Carlo Teodoro violoncello

Giacomo Meyerbeer (1791-1864)
Quintetto (1813) per clarinetto e quartetto d'archi
Allegro moderato - Rondò (allegro scherzando)

Alexandre Krein (1883-1951)
Esquisses Hebraïques op. 12 (1909) per clarinetto e quartetto d'archi
Lento - Andante - Allegro Moderato

Oswaldo Golijov (1960)
The Dreams and the Preyers of Isaac the Blind (1994) per clarinetto e quartetto d'archi


Il Ghetto. Il Campo del Ghetto è stato il “campo” di gioco delle mie figlie. Il luogo di articolate gincane a cronometro in bicicletta, di estenuanti partite di “campanon” disegnato sui “notari” col gesso, di salti alla corda, di infiniti “nascondini”, “piera alta”, insomma di tutti quei giochi ricordati nell'infanzia dei più fortunati. Poi le mie figlie, crescendo, hanno alzato lo sguardo, così ho dovuto spiegare loro perché lì le case fossero così alte, e dove fossero poste le porte che la notte chiudevano l'accesso al Ghetto, e ancora l'origine stessa di quella parola. E infine ho dovuto spiegare loro il grande dolore per tutti quei nomi, ricordati dalle lapidi commemorative, morti a causa dell'orrore nazifascista. Per questo, in occasione del cinquecentenario dell'istituzione del Ghetto da parte della Repubblica Serenissima, penso sia doveroso offrire un contributo alla memoria di questo luogo così importante per gli ebrei, per Venezia, per il mondo.
Il suono è da sempre stato strumento privilegiato per la cultura ebraica. Così la musica, intimamente legata alle radici più profonde della tradizione, diviene col tempo fonte di inesauribili scambi e trasformazioni nell'incontro con altre culture e tradizioni. Come avviene nel caso del cosmopolita Giacomo Meyerbeer, nato a Berlino nel 1791, l'anno della morte di Mozart - per inciso: la sua casa berlinese fu uno dei luoghi d'incontro dell'intellighenzia tedesca nei primi anni dell'Ottocento; trasferitosi successivamente in Italia (1815) cambiò definitivamente il suo nome (Jakob Liebmann Meyer Beer) in Giacomo Meyerbeer; è oggi riconosciuto tra i grandi compositori d'opera del periodo romantico. La sua ultima opera del periodo italiano sarà Il crociato in Egitto, scritta per la Fenice di Venezia nel 1824 (e recentemente dalla Fenice riproposta). Dal 1827 si trasferisce a Parigi e ottiene la definitiva consacrazione con i grandi successi di Roberto e il Diavolo e de Gli Ugonotti; muore a Parigi nel 1864. Il suo Quintetto (1813) con clarinetto, ricercato con tenacia per mezza Europa, è stato finalmente ritrovato, riaffiorando tra le carte di famiglia degli eredi del grande clarinettista Heinrich Baermann (1784-1847) per il quale l'opera è stata scritta e al quale è dedicata. Avvalendosi della collaborazione di Baermann, Meyerbeer sperimenta ampiamente le possibilità tecniche e virtuosistiche del clarinetto. Il linguaggio, già idealmente proiettato verso il “periodo italiano”, rivela una propria peculiare personalità e fa presagire il successo di Meyerbeer come compositore d'opera: specialmente nell'ultimo movimento ove ritroviamo la riproposta del materiale tematico iniziale innestato in forme di danza ebraica.
Completamente diverso il percorso artistico del compositore e violoncellista sovietico Alexander Krejn (1883-1951) il quale si immerse sin dalla tenera età nella musica tradizionale ebraica. Suo padre era infatti un noto musicista Klezmer, e da lui Alexander insieme ai fratelli ricevette la prima educazione musicale. Sette dei suoi dieci fratelli diverranno infatti musicisti tra cui David, violinista presso il Teatro Bolshoi di Mosca e Grigori che, come Alexander, diverrà compositore. Dopo una infanzia trascorsa esibendosi nel gruppo Klezmer del padre, a tredici anni Alexander entra al Conservatorio di Mosca come studente di violoncello e successivamente di composizione con Sergej Taneev. Ancora studente inizia a comporre liriche in lingua russa e francese i cui testi guardano alla poesia simbolista. Uscito dal Conservatorio nel 1908 sviluppa uno stile originalissimo di musica da concerto ebraica che sintetizza le innovazioni armoniche skrjabiniane, le modalità peculiari della musica popolare ebraica, il nuovo linguaggio della musica francese. I primi sforzi di Krejn in questa direzione si concretizzarono proprio negli Esquisses Hebraiques che, proponendo una sorta Klezmer in forma classica, gli valsero un immediato successo di critica, confermandolo come importante voce nuova della musica russa.
Conclude il programma un'opera di Osvaldo Golijov nato nel 1960 a La Plata in Argentina da una famiglia ebraica originaria dell'Est Europa. La musica classica suonata dal padre pianista, quella di ispirazione liturgica e Klezmer, il nuovo tango argentino introdotto da Astor Piazzolla sono stati i riferimenti dei suoi primi anni di formazione. Dopo aver studiato pianoforte al Conservatorio della sua città si è trasferito in Israele nel 1983, dove ha studiato con Mark Kopytman al Jerusalem Rubin Academy lasciandosi affascinare dalle tradizioni e contraddizioni della cultura israeliana. Trasferitosi quindi negli Stati Uniti nel 1986, ha conseguito il Dottorato di Ricerca presso l'Università della Pennsylvania dove ha studiato con George Crumb. Successivamente ha lavorato a stretto contatto con importanti interpreti come Yo-Yo Ma, il Kronos Quartet, il Lawrence Quartet e, per il cinema, con importanti registi, uno fra tutti Francis Ford Coppola. The Dreams and the Preyers of Isaac the Blind (I sogni e le preghiere di Isaac il Cieco) rappresenta appunto il frutto della stretta collaborazione con questi eminenti artisti. In questo lavoro si potrebbe asserire che Golijov riscriva il Klezmer reinventandolo e proponendolo come modello di modernità. Gli espedienti esecutivi, che si rifanno alla tradizione interpretativa dei grandi maestri di questo genere, si fondono e confondono con le modalità esecutive della musica contemporanea. Scritto per Giora Feidman e il Cleveland Quartet, per lo Schleswig Music Festival nel 1994, ecco come lo stesso Golijov descrive la sua opera: «I movimenti di questo Quintetto sono scritti nelle tre diverse lingue parlate dal popolo ebraico durante la storia. Questo in qualche modo riflette la natura epica della composizione. Sento il preludio e il primo movimento come la lingua più antica: l'aramaico; il secondo è in yddish, la lingua ricca e fragile di un lungo esilio; il terzo e il postludio sono scritti in ebraico sacro. Il preludio e il primo movimento esplorano contemporaneamente due preghiere. Il secondo movimento si basa su The Old Klezmer band, una melodia di danza tradizionale. Il terzo è stato scritto prima di tutti gli altri, si tratta di una versione strumentale di K'varakat, un lavoro che ho scritto qualche anno fa per il Kronos Quartet e il Cantor Misha Alexandrovich.» Insomma Golijov descrive un'arte che nasce e si basa sulla nostra capacità di cantare e ascoltare, con il potere di costruire castelli di suoni nei nostri ricordi e in grado forse di disegnare nell'aria ciò che, otto secoli fa, Isaac il Cieco grande cabalista e rabbino di Provenza, dettò in un manoscritto, affermando che tutte le cose sono frutto di combinazioni di lettere dell'alfabeto ebraico. (Davide Teodoro)