Concerto 3


Domenica 2 Ottobre, ore 20.00
Gran Teatro La Fenice - Sale Apollinee



ARS GALLICA

La musica da camera di Camille Saint-Saëns

In collaborazione con
Palazzetto Bru Zane - Centre de musique romantique française

Daniele Ruggieri flauto
Rossana Calvi oboe
Davide Teodoro clarinetto
Roberto Giaccaglia fagotto
Aldo Orvieto pianoforte



Camille Saint-Säens (1835-1921)

Sonata op. 168 in sol maggiore (1921) per fagotto e pianoforte
Allegro moderato - Allegro scherzando - Molto adagio/Allegro moderato

Sonata op. 167 in mi bemolle maggiore (1921) per clarinetto e pianoforte
Allegretto - Allegro animato - Lento - Molto allegro

Tarantella op. 6 (1857)per flauto, clarinetto e pianoforte

Sonata op. 166 (1921) in re maggiore per oboe e pianoforte
Andantino - Allegretto - Molto allegro

Romanza Op. 37 (1871) in re bemolle maggiore per flauto e pianoforte

Odelette op. 162 (1920) in re maggiore per flauto e pianoforte

Caprice sur des airs danois et russes op. 79 (1887) per flauto, oboe, clarinetto e pianoforte


Nel 1857, sempre più spesso ritroviamo Saint-Saëns in illustri salotti parigini dove è apprezzato da artisti e strumentisti, come Louis Dorus e Renè Leroy, solisti dell'Opéra a cui sarà dedicata la Tarantelle op. 6 per flauto e clarinetto (in seguito completata con accompagnamento di pianoforte). In Francia il clarinetto, come strumento solista, fu ignorato da quasi tutti gli autori fino a metà del XIX secolo e l'unica opera di rilievo può considerarsi il Trio op. 46 di Louise Farrenc (1856). Saint-Saëns, a soli 22 anni, dimostra temerarietà nel suo impiego in questa Tarantelle, brano pieno di verve e umorismo lieve e spontaneo. Su invito di Rossini, i dedicatari la suonarono in una serata alla Rue de la Chaussée-d'Antin. Credendola scritta dall'autore del Barbiere di Siviglia, si raccolse una processione di ammiratori: «Ah Maestro che capolavoro, meraviglioso!» Rossini rispose con calma: «sono del tutto d'accordo con voi. ma questo duo non è mio, è del Signore qui presente».
Dopo la sconfitta della Francia, il 1 marzo 1871 avviene la storica parata trionfale dell'esercito prussiano lungo gli Champs Elysées. La Romanza op. 37 è stata scritta proprio nel 1871, forse durante la fuga di Saint-Saëns da Parigi, nei giorni della nascita dell'esperienza della Comune: il compositore aveva dovuto lasciare la Francia immediatamente a causa della sua affiliazione alla casa reale francese. L'opera riflette il momento storico seguente la guerra franco-prussiana (1870-71) caratterizzato dallo sforzo degli artisti per rilanciare l'umiliato sentimento patriottico attraverso la composizione di nuova musica francese: scopo che fu alla base della fondazione della Société Nationale de Musique e della rubrica Ars Gallica, dedicata appunto alla promozione della musica francese. Saint-Saëns, fortemente impegnato in queste tematiche, compose la Romanza nella versione originale per flauto e pianoforte, eseguendola egli stesso insieme a Paul Taffanel alla Salle Pleyel nell'aprile 1872. La dolce e melanconica melodia è attraversata dall'inquietudine di una parte pianistica che risulta una toccante testimonianza delle struggenti emozioni vissute nei mesi di guerra dal suo autore.
Nel 1887, su invito della prestigiosa “Società di Musica da Camera per Strumenti a Fiato” fondata nel 1879 da Paul Taffanel, Saint-Saëns affronta nuovamente l'impiego di fiati solisti nel Caprice sur des airs danois et russes, scritto in omaggio alla zarina, principessa di Danimarca e moglie di Alessandro III - figlio di Alessandro II, il coraggioso riformatore che morì in un attentato nel 1881. Invitato in Russia per una serie di concerti sotto il patrocinio della Croce Rossa (fondata nel 1863), Saint-Saëns scrisse una pagina che metteva in luce ciascuno dei suoi amici che lo accompagnavano nel viaggio: il flautista Paul Taffanel, l'oboista Georges Gillet e il clarinettista Charles Turhan. Il Caprice sur des airs danois et russes si presenta come un trittico: la prima parte si ispira alla melodia popolare danese Dagmar the Queen la seconda al folclore inglese (per salutare, a distanza, la Principessa Alessandra di Galles, sorella della zarina) la terza è di carattere russo. La partitura si apre su uno scenario “di corte”, solenne e maestoso, che sembra voler imporre il silenzio agli ascoltatori. Il tema del primo capriccio (danese) è affidato prima al flauto, poi all'oboe, il pianoforte si limita a tessere dolci e seducenti linee di accompagnamento. Il tema russo del Finale associa umorismo e cromatismo in un tempo vivace che ricorda le più belle danze folcloristiche. La partitura diverte, seduce, crea una atmosfera raffinata e solenne.
Così come Debussy negli ultimi anni di vita progettò Six Sonates pour instruments divers (delle quali portò a compimento solo tre, tra il 1915 e il 1918), anche Saint-Saëns nel 1921 aveva maturato l'intenzione di scrivere una sonata per ciascun strumento a fiato. Tre furono realizzate, una quarta - per corno inglese - sembra fosse nella penna del suo autore. La Sonata per oboe op. 166, dedicata a Louis Bas, oboista dell'Opéra, comincia con un arioso Andantino cui segue un movimento centrale Allegretto in cui un elegiaco solo dell'oboe si contrappone ad una atipica giga che ricorda la famosa Air du rossignol di Parisatys. Nel finale Molto Allegro, nello spirito di una tarantella, l'oboe si rivela deliziosamente virtuoso; curiosa una breve citazione in eco della Sonata di Franck, in un passaggio acuto fino al fa diesis, prima di ritrovare la iniziale tonalità di re maggiore. Dedicata ad Auguste Perrier, professore al Conservatorio, la Sonata per clarinetto op. 167 è senza alcun dubbio un capolavoro di malizia, eleganza e struggente lirismo pensato per valorizzare le differenti qualità dello strumento: morbidezza di suono, atmosfere crepuscolari, vivacità. L'Allegretto iniziale, si presenta come una passeggiata in terre desolate, con una nostalgica reminiscenza dal II Atto del Samson et Dalila. Di eccezionale interesse il Lento funebre basato su un ritmo doloroso che sostiene un ossessivo pedale di tonica in una trascinante scalata dal grave all'acuto. Con una sorta di piroetta virtuosa, tipica dei cambi d'umore di Saint-Saëns, il Molto allegro finale ci catapulta nel XVIII secolo concludendo la partitura in un clima rasserenato, appena velato, poco prima della coda, dalla reminiscenza dell' Allegretto iniziale: omaggio alla forma ciclica che suggella con maestria l'unità dell'opera. Ultima delle tre, la Sonata per fagotto op. 168, dedicata a Léon Letellier, si rivela un modello di trasparenza, vitalità, leggerezza, costituendo un vero gioiello nella storia di questo strumento, poco celebrato dai compositori. All'Allegretto moderato iniziale, un'aria che invita alla pace e al raccoglimento, si contrappone un Allegro scherzando umoristico che, facendo uso di arpeggi in staccato, accentua il carattere esuberante e un po' buffo dello strumento. Un Adagio, trattato come una grande melodia d'opera, fa ancor più rilucere l'efficace conclusione (Allegro moderato) che, con una strizzatina d'occhio, sembra mettere in scena un festivo sberleffo alle difficoltà della vecchiaia. L'Odelette op. 162 è anch'essa frutto dell'ultimo anno di vita dell'autore Il titolo, rimanda efficacemente ad una visione immaginifica del femminile nei paesi di cultura islamica: l'interesse dell'autore si dimostra tuttavia originale e profondo, non banalizzante né rivolto ad una descrizione meramente di carattere. L'opera non prende a prestito stilemi preconfezionati della musica turca, ma li trasfigura all'interno del linguaggio del romanticismo francese con buon gusto e un'immediatezza espressiva estremamente seducente.