Concerto 1


Domenica 11 settembre 2016, ore 18.00
Teatrino di Palazzo Grassi

SMALL IS BEAUTIFUL
SIAE Classici di Oggi



Con il sostegno di SIAE
In collaborazione con Palazzo Grassi - François Pinault Foundation

Daniele Ruggieri flauto,
Luca Avanzi oboe,
Carlo Lazari violino,
Carlo Teodoro violoncello
Giovanni Mancuso electronium


Franz Joseph Haydn
Divertimento in sol maggiore Hob.IV:11 (1784) per flauto, violino e violoncello
Allegro moderato - Adagio - Vivace

Niccolò Castiglioni (1932-1996)
Grüezi romanzetta (1990) per oboe

Franz Joseph Haydn
Divertimento in do maggiore Hob.IV:8 (1784) per flauto, violino e violoncello
Allegro moderato - Poco Adagio - Finale (Presto)

Niccolò Castiglioni
Romanzetta (1990) per flauto

Franz Joseph Haydn
Divertimento in la maggiore Hob.IV:10 (1784) per flauto, violino e violoncello
Andante con espressione - Adagio - Tempo di Menuetto

Giovanni Mancuso (1970)
Cabaret mistico n, 3 (2016)
per flauto, oboe, violino, violoncello, electronium, strumenti e suoni accessori.
Commissione Ex Novo Musica 2016, prima esecuzione assoluta.

Niccolò Castiglioni
Alef (1967) per oboe
Intonazione per flauto, oboe, violino e violoncello (1992)

Franz Joseph Haydn (1732-1809)
Divertimento in sol maggiore Hob.IV:7 (1784) per flauto, violino e violoncello
Allegro - Adagio - Allegro


Joseph Haydn tra Esterháza e Londra

Negli anni 1782-90 tutte le energie di Haydn erano assorbite dal vorace desiderio del principe Esterházy per allestire una stagione operistica sempre più lunga e più ricca che culminò nel 1786 con ben 125 rappresentazioni di sette opere diverse. La sua musica era in quegli anni sempre più richiesta all'estero e Haydn raggiunse una fama veramente internazionale soprattutto in Germania, Francia, Spagna e Inghilterra. Fin dal 1782-3 il compositore era molto amato in Inghilterra: si pensi che William Forster, venditore e liutaio londinese, acquistò più di 120 sue composizioni tra cui i sei Divertimenti Hob IV: 6-11 che apparvero per la prima volta a stampa nel 1784 con il numero d'opera 38: una copia è fortunatamente sopravvissuta al British Museum con la firma “di me giuseppe Haydn mpria 784”. Furono ristampati da vari editori tra i quali Traeg a Vienna nel 1802 come opera 100, con il qual numero d'opera rimasero poi noti fin in epoca moderna. Per il momento il compositore non sembrava volersi trapiantare a Londra anche perché «giurò di servire il Principe fino a quando la morte non avesse messo fine alla vita di uno dei due, e di non lasciarlo mai, anche se gli avessero offerto milioni» in segno di riconoscenza perché quest'ultimo gli aveva ricostruito due volte la casetta di Eisenstadt, dopo che per due volte era andata a fuoco. Gli inglesi corteggiarono assiduamente Haydn fino al punto di proporne scherzosamente il rapimento sul The Gazetteer & New Dayly Advertiser del 17 gennaio 1785. Per la realizzazione di questi deliziosi trii Haydn attinse ampiamente a sue precedenti composizioni: numerosi movimenti sono infatti tratti dall'opera Il mondo della luna e dal Baryton Trio Hob XI: 97. Concepita per le più diverse e estemporanee esigenze delle classi medie questo genere di musica - titolata indifferentemente Divertimento, Cassazione o Serenata - ebbe un successo considerevole e giocò un ruolo assai importante nella vita musicale della seconda metà del XVIII secolo, in particolare nella Germania meridionale e in Austria. Di fattura molto libera aderisce pienamente, come Haydn stesso afferma, ad una concezione di musica strumentale che lascia libero corso alla fantasia dell'autore. Tale considerazione risulta pienamente confermata in questi lavori per ricchezza di soluzioni strumentali, arguzia e fascino: si tratta sì di “musica ricreativa”, ma della più alta qualità.

Giovanni Mancuso Cabaret mistico n, 3 (2016)

Un piccolo varieté psico-magico - omaggio al visionario Alejandro Jodorowsky - costruito come una successione non coerente di immagini o di racconti onirici dal significato ambiguo. Allusioni, ricordi, sogni, parole, documenti, citazioni si ritrovano - nello straniamento di un contesto irrazionale - a far da sfondo ad una teoria notturna di piccoli quadri surreali, frammenti di sogni interrotti. (Giovanni Mancuso)

Niccolò Castiglioni par lui-même

«Sono nato a Milano nel 1932. Mi sono diplomato in pianoforte nel 1952 e in composizione nel 1953, sotto la guida del simpatico Franco Margóla - ma prima avevo ricevuto lezioni da Ghedini. Allora il Conservatorio era assai diverso da oggi: l'aria era assai più sana e meno disordinata.[…] Probabilmente devo molto della mia cultura a mio padre; lui era coltissimo davvero, sapeva ottimamente persino il russo; appassionato di filosofia, era seguace del filosofo francese Alain, l'amico fedele di Paul Valéry. Forse è dovuto a questo se ad un certo momento ho preso una specie di “cotta filosofica”. […] Questo grande amore per il Medioevo filosofico lo conservo tuttora, e anni fa, quando percorrevo in lungo e in largo la Valle di Tires con ogni sorta di passeggiate, mi pareva che dal fondo del torrente, che sussurrava musicalmente, meraviglioso nel silenzio dei boschi e dei gioghi montani, cantasse e salisse dal fondovalle (come una esalazione o una nebbia arcana) la voce dei grandi mistici del Medioevo: Sant'Anselmo, San Bonaventura, Enrico Suso, Bernardo, etc. Come compositore devo risalire ancora agli anni del Conservatorio per farmi il ritratto: allora ero intimamente legato a Paolo Castaldi, spirito bizzarro ma intelligente ed acuto. Ci accomunava una imperterrita fede stravinskijana. […] Più tardi ci fu un crescente interesse per la dodecafonia e anche per rengagement politico (alla Nono) […] Più tardi il mio stile si interiorizzò. Allora frequentavo molto Luciano Berio (era il tempo del massimo fervore attorno allo Studio di Fonologia). La sua influenza su di me fu notevole: abbandono dell'engagement politico, spostamento dell'interesse musicale su posizioni decisamente post-weberniane. […] Mi dava enormemente fastidio il tono sfrontatamente arrivistico dell'Avanguardia con la sua conformistica idolatria stravinskijana. Per una forma di silenziosa protesta contro tutto ciò, decisi di rendere omaggio a Stravinskij con la lingua del suo più autorevole avversario, Arnold Schoenberg (che l'Avanguardia aveva disprezzato con tracotanta frettolosità). Questo è il motivo per cui il Sacro Concerto si basa sul testo di un Salmo in lingua ebraica. L'anno successivo (1983) era il centenario weberniano. Allora mi tolsi la maschera e cantai una poesiola che avevo trovato su una cartolina illustrata raffigurante la statua della Madonna del Santuario di Trens (sotto Vipiteno), con uno slancio e un entusiasmo interamente libero; dovevo mettere di fronte a me stesso una cosa: contrariamente alle opinioni espresse da Pierre Boulez e da Henri Pousseur doveva essere chiaro che il Webern vero non aveva niente a che fare con Stravinskij.»

Niccolò Castiglioni pensieri

«Secondo me, non solo la musica sacra propriamente detta, ma tutta la musica per essere musica è (nel conscio o nell'inconscio) musica religiosa.»

«Io detesto solo una cosa: le piante da appartamento; sono come bambini strappati alla mamma, alberi sradicati dal suolo, depauperati dalla linfa vitale e dall'humus: la terra è necessaria per le radici!»

«Io sono una persona semplice, cioè einfältig, non einfach! »

«Il Libro Biblico dei Proverbi di Re Salomone: uno scritto che non potrebbe essere più bello, che ha dell'incredibile, e che io avevo scoperto ancora da ragazzino, una volta che mi trovavo a Cortina d'Ampezzo assieme a mia sorella Ilaria ed ero colpito dall'effetto sfolgorante della neve in alta montagna.»

«Con questo pezzo [Alef, ndr] si profila in me una certa ritrosìa per i toni snervatamente delicati e troppo raffinati («il morbido Aristippo» soprannominava l'austero Parini l'aristocratico Voltaire) e si accentua il mio amore per una certa nobiltà popolaresca.»

«Quomodo en im graece loquenem non intelligit qui gracecum non novit, nec latine loquentem, qui latinus non est, et ita de coeteris; sic lingua amoris ei qui non amat, barbaro erit.» (San Bernardo, Sermo 79 in Cantica)

«La meraviglia, ecco il segreto, ecco anche perché il poeta vero assomiglia al bambino.» (Giovanni Pascoli, Per un poeta morto, in Fanciulla della domenica, 1892)