Concerto 11


Sabato 28 novembre 2015, ore 18.00
Conservatorio Benedetto Marcello, Sala Concerti

Visioni elettroacustiche

SIAE Classici di Oggi Progetto Musica Colta Contemporanea
In collaborazione con SaMPL (Sound and Music Processing Lab)



« […] quanto si va dicendo non intende giungere
ad alcuna conclusione, non ambisce a dimostrare
alcunché, non ha nulla da affermare, nulla da
difendere, non è armato di alcuna opinione, non
cela alcuna idea, non indossa alcuna filosofia […].
Semmai, quanto si va dicendo calza le scarpe -
leggere robuste e indistruttibili - del metodo: esse
non calpestano, consentono soltanto la marcia.»
Franco Donatoni, Antecedente X


Ex Novo Ensemble
Daniele Ruggieri flauti Davide Teodoro clarinetti
Carlo Lazari violino
Mario Paladin viola
Carlo Teodoro violoncello
Aldo Orvieto pianoforte
Alvise Vidolin regia sonora e live electronics


Raphaèle Biston (1975)
Figure & Profile (2015) versione per flauto (e flauto basso), clarinetto
(e clarinetto basso e clarinetto piccolo), violoncello e pianoforte (2015)
Commissione Ex Novo Musica 2015. Prima esecuzione assoluta.

Luca Richelli (1963) Echi di dolore (2015) per flauto in sol, clarinetto basso, violino,
violoncello pianoforte e live electronics
Commissione Ex Novo Musica 2015. Prima esecuzione assoluta.

Claudio Ambrosini (1948)
Una forma, chiusa (1981) per flauto, violino e viola

Stefano Gervasoni (1962)
Luce ignota della sera (da Robert Schumann, Zwölf Vierhändige Clavierstücke für kleine und grosse Kinder, op. 85 n.12) (2015)per pianoforte e live electronics
Commissione Ex Novo Musica 2015. Prima esecuzione assoluta.

Corrado Rojac (1968)
Nella notte III (2012) su frammenti di versi di Sre?ko Kosovel, per violino, violoncello e pianoforte
Mosso fluidamente - Mosso - Mosso fluidamente - Mosso
Prima esecuzione assoluta

Vittorio Montalti (1984)
Abandoned Places (2015) per flauto basso, clarinetto basso, violino, violoncello, pianoforte e elettronica
Commissione Ex Novo Musica 2015. Prima esecuzione assoluta.


Raphaèle Biston Figure & Profile

Da trame sonore formate da un groviglio di linee oscillanti emergono alcune figure ritmiche o melodiche il cui sviluppo è ugualmente determinato da un principio di oscillazione. Risonanze, mélange di timbri e di colori armonici cangianti danno al tutto un carattere dolce, sinuoso, leggermente incerto. Una seconda parte evoca un piccolo meccanismo danzante, ed è in contrasto con la precedente sia per il registro (grave) che per i timbri utilizzati (qui colorati di rumore). Anche in questa seconda sezione, la musica si fonda su un principio di ripetizione, che a volte concentra l'attenzione su una cellula praticamente immobile mentre altre, al contrario, sottopone il materiale a incessanti mutazioni, rinnovandolo perpetuamente. Un breve ritorno dell'esposizione iniziale trascina il flauto e il clarinetto fino ai limiti del loro registro acuto. Scritto inizialmente per flauto, clarinetto, cymbalum e violoncello, Figure et Profile, nella sua prima versione, era legato al timbro e alla risonanza particolare del cymbalum. Questa nuova versione, abbastanza diversa dalla prima, tenta di ritrovare quell'atmosfera utilizzando il pianoforte in modo spesso non convenzionale, facendo molto uso di armonici, pizzicati, bacchette etc. Questo strumento ha un ruolo centrale nel pezzo: sia marcatamente solistico che nell'insieme con gli altri tre strumenti; anche per la funzione di “collante” che la sua tessitura assicura fra il registro acuto del flauto e del clarinetto e il registro grave del violoncello. (Raphaèle Biston)


Luca Richelli Echi di dolore

Echi di dolore è una composizione autobiografica che traspone in musica l'esperienza del dolore fisico, e in modo particolare, il cambiamento della percezione dello scorrere del tempo. La musica non può che esistere nel tempo, che non è il tempo assoluto, ma è il tempo relativo che ognuno di noi percepisce in modo differente. Il dolore altera progressivamente la nostra percezione temporale fino al limite della stasi totale in cui il tempo stesso sembra non esistere più. Il live electronics gioca proprio il ruolo di “alteratore” della percezione del tempo attraverso il “congelamento” dell'evoluzione del suono strumentale. Da un punto di vista strutturale, la composizione si sviluppa proprio dall'equilibrio, o meglio, dallo squilibrio tra le due componenti - acustica ed elettronica. (Luca Richelli)


Claudio Ambrosini Una forma, chiusa

Ricordo con affetto Una forma, chiusa, uno dei primi lavori scritti per l'Ex Novo Ensemble che, dopo un periodo iniziale con altri musicisti, si stava configurando nella formazione rimasta pressoché invariata fino ad oggi. La spinta a scrivere, e di getto, fu il bando del Concorso di Belveglio del 1981, una competizione per flauto protagonista, inserito in organici da camera diversi, creata da Marlaena Kessick. Tema di quell'anno: flauto e archi. Un'altra caratteristica del concorso -­ non solo innovativa, ma encomiabile - era che ciascuno dei compositori finalisti doveva portare con sé i propri esecutori. Ci sembrò un'occasione magnifica. Inviai il brano, che passò le selezioni ed entrò in finale. Ci preparammo e partimmo per Asti, non senza una certa apprensione. Gli altri giovani compositori selezionati, diventati poi tutti noti: Francesconi, Solbiati, Tesei, Testoni. In giuria: Niccolò Castiglioni, Azio Corghi, Goffredo Petrassi. L'apprensione aumentava… Finì con il primo premio non assegnato e il secondo attribuito a pari merito a Solbiati e al sottoscritto. Non era una défaillance, vista la qualità dei competitors e il livello della giuria. E fu una tappa importante per la maturazione di tutti noi, “fuori casa” e sottoposti a un esame non da poco. Per quanto mi riguarda, inserendo nel titolo la parola “chiusa”, intendevo prendere posizione contro l'estetica dell'opera aperta, all'epoca in auge. Nella successione di momenti d'insieme e solistici, la parte del flauto è in rilievo e presenta molte delle nuove tecniche che allora stavo trovando, e altrettanto fanno i due archi. Alcuni elementi di linguaggio sono già tipici (le indicazioni delle varie sezioni vanno da “Con energia, teso” a “Più aggressivo”, a “Aggressivo e progressivamente più violento”) e alternano fasi in cui l'energia si manifesta come tensione materica ad altri in cui ricompare quasi aerea, sottile, nascosta in un gioco di sfumature timbriche, spesso microintervallari. Una forma, chiusa è dedicato ad Andrea Amendola e Carlo Lazari. (Claudio Ambrosini)


Stefano Gervasoni (1962) Luce ignota della sera

Luce ignota della sera è il mio secondo omaggio alla visionarietà della musica di Schumann. Come nel 1995, quando composi descdesesasf, per trio d'archi e (versione 2014) elettronica, associai il nome di Schumann a quello del poeta Paul Celan, ho ora voluto legare al nome dell'artista renano quello del compositore Luigi Nono, cui devo la mia iniziazione compositiva. Nel caso del trio, gli interpreti dovevano interrompere la musica e dire sommessamente una poesia di Celan; nel caso di questo brano viene integrato alla scrittura schumanniana un frammento di un mio precedente omaggio a Nono, Prédicatif (2014, dal III quaderno della raccolta Prés). Luce ignota della sera è dunque una rielaborazione originale che assume il testo integrale dell'ultimo brano dei Zwölf Vierhändige Klavierstücke für kleine und große Kinder, op. 85 n. 12, per pianoforte a quattro mani, Abendlied. Mentre il pianista esegue dal vivo letteralmente la parte di accompagnamento dell' Abendlied schumanniano il live electronics (realizzato da Alvise Vidolin) si assume il ruolo di “agente trasfiguratore” della parte del canto facendo risuonare - tramite trasduttori che inviano il segnale direttamente nella cassa armonica del pianoforte - la melodia normalmente eseguita dall'altro interprete del “quattro mani” schumanniano: melodia - quasi innere Stimme - che è stata preregistrata e trattata e a cui viene anteposta una suite accordale tratta dal mio Prédicatif. Tale preludio viene poi ripreso alla fine del brano, un semitono sotto e leggermente modificato, e costituisce una vera e propria coda nella quale la polarità di re del frammento in omaggio a Nono si congiunge alla tonalità di re bemolle di Abendlied. L'intervallo di semitono è per l'appunto l'escursione che deve compiere l'elettronica, durante i tre minuti e trenta di questo brano, per duplicare il pianoforte reale shiftandone gradualmente le frequenze: durante questo percorso, il suono diretto e il suono progressivamente sempre più calante - diffuso, come per la melodia, all'interno della cassa di risonanza dello strumento - interagiscono: si creano battimenti, le altezze fluttuano sempre più, il pianoforte si fa stonato, sfuocato, spettrale. E in questo ambiente, come in un'altra dimensione che si fa largo in quella crepuscolare, risuonano nostalgicamente e utopicamente, altri frammenti, ricombinantesi casualmente, tratti dall'ultimo dei miei Prés (raccolta significativamente ispirata al mondo infantile) dal titolo Pré de près. Frammenti che l'elettronica lancia nello spazio vicino e lontano, come detriti sonori che si uniscono e si confondono, in un mondo sentito microscopicamente e oltrepassante idealmente la realtà fisica: un sogno infinitamente attivo che proietta la forza creatrice degli artisti visionari a cui intende rendere omaggio. (Stefano Gervasoni)


Corrado Rojac Nella notte III

Il brano è stato ispirato dalla lettura di alcune poesie di Sre?ko Kosovel. Mi piace pensare che Kosovel avrebbe apprezzato un accostamento della sua poesia a qualche gruppo cameristico simile al trio con pianoforte. La mia interpretazione della sonorità di tale organico si discosta ben poco dalla tradizione con un uso convenzionale degli strumenti. Ho volutamente evitato i timbri e gli effetti tipici della musica più recente e mi sono limitato a qualche indicazione di “suono armonico” o “sul ponticello”: il suono del mio trio sarebbe stato probabilmente il suono che avrebbe potuto sentire Kosovel ai suoi tempi - se avesse frequentato i concerti della Seconda Scuola di Vienna. La novità è aver affidato agli stessi strumentisti la recitazione di frammenti dei versi che hanno ispirato il mio lavoro. La forma consta di quattro frammenti musicali, di cui però il primo e il terzo costituiscono due brevissimi prologhi che introducono al secondo e al quarto: tali brani rappresentano, con i loro interventi vocali, il cuore della composizione, mentre i due prologhi, di natura esclusivamente strumentale, introducono al clima onirico che pervade l'intera opera. (Corrado Rojac)


Vittorio Montalti Abandoned Places

Abandoned Places è un brano commissionato dall'Ex Novo Ensemble per cinque strumenti e elettronica. Si tratta della descrizione di una serie di luoghi disabitati. Diverse immagini scorrono davanti ai nostri occhi: posti abbandonati in cui tutto sembra immobile, movimenti minimi come di parassiti o gesti evidenti che raccontano le storie che un tempo hanno abitato questi spazi. In questo brano il silenzio del presente si unisce alle eco del passato. (Vittorio Montalti)