Concerto 7


Sabato 24 ottobre 2015, ore 20.00
Gran Teatro La Fenice Sale Apollinee

Vie d'acqua

SIAE Classici di Oggi Progetto Musica Colta Contemporanea



« E ora ci si rivela il timbro! Le sue voci sono
innumerevoli, paragonato ad esse il mormorio
dell'arpa è un rumore assordante, lo squillo di
mille tromboni un pigolio.»
Ferruccio Busoni


Ex Novo Ensemble
Daniele Ruggieri flauto
Davide Teodoro clarinetto
Carlo Lazari violino
Carlo Teodoro violoncello
Aldo Orvieto pianoforte


George Crumb (1929)
Vox Balenae (1971) per flauto, violoncello e pianoforte amplificati
Vocalise - Sea Theme - Archeozoic - Proterozoic - Paleozoic - Mesozoic -
Cenozoic - Sea Nocturne

Filippo Perocco (1972)
Detrito in Acquagranda (*), Detrito in Acquapietra, Detrito in Acquatorbida (*) (2014/15)
per flauto, clarinetto, violino, violoncello e pianoforte, risuonatori e suoni in lontananza
(*) Commissione Ex Novo Musica 2015. Prima esecuzione assoluta.

Salvatore Sciarrino (1949)
Perduto in una città d'acque (1991) per pianoforte

Hanns Eisler (1898-1962)
Vierzehn Arten, den Regen zu beschreiben, Op. 70 (1941)
per flauto, clarinetto, violino, viola, violoncello e pianoforte
(dedicato ad Arnold Schoenberg per il suo 70° compleanno)


George Crumb Vox Balenae

Vox Balaenae, è stato composto nel 1971 per la New York Camerata ed è stato ispirato da una registrazione del canto delle megattere che ascoltai nel 1969. Ciascuno dei tre musicisti deve indossare una mascherina nera per tutta la durata della performance. Le maschere hanno la funzione di evitare che si instauri un rapporto di proiezione umana tra l'esecutore e i suoni da lui emessi, e il performer simboleggia le potenti e impersonali forze della natura, di una natura “disumanizzata”. Pertanto consiglio anche che l'opera sia eseguita su un palcoscenico illuminato da una luce blu intenso. La forma di Vox balenae è semplicemente tripartita: consiste in un prologo, in una serie di variazioni intitolate alle ere geologiche e da un epilogo. Il Vocalizzo di apertura (in partitura: “selvaggiamente fantastico, grottesco”) è una sorta di cadenza per il flautista, che deve simultaneamente suonare il suo strumento e cantare dentro di esso. La combinazione di suoni strumentali e vocali produce un timbro surreale ed inquietante, non lontano dai suoni del canto delle megattere. La conclusione della cadenza è annunciata dalla parodia delle misure di apertura di Also sprach Zarathustra di Strauss. Il Tema del mare (in partitura: “solenne, con maestosa calma”) è presentato dal violoncello (in armonici), accompagnato da accordi scuri e fatali prodotti ponendo in vibrazione le corde del pianoforte. La sequenza delle variazioni comincia con le ossessionanti grida dei gabbiani marini dell' Archeozoico (in partitura: “senza tempo, incipiente”) e gradualmente, crescendo di intensità, raggiunge il suo climax nel Cenozoico (in partitura: “drammatico, con senso del destino”). L'apparire dell'uomo nel Cenozoico è simbolicamente marcata da una parziale riproposizione del riferimento a Zarathstra. Il Notturno del mare (in partitura: “sereno, puro, trasfigurato”) è una elaborazione del Tema del mare: Il brano è scritto nelle tonalità limitrofe al si maggiore ed emergono i suoni scintillanti dei crotali (suonati alternativamente dal violoncellista e dal flautista). Nel comporre il Notturno del mare io cercavo di evocare “il ritmo ampio della natura” e un senso di sospensione del tempo. Il gesto che conclude l'opera è una serie di ripetizioni di una figura di dieci note che si estingue gradualmente. Per l'esecuzione in concerto l'ultima figura è da suonarsi “in pantomima”, quasi un diminuendo oltre la soglia dell'udibile. (George Crumb)


Filippo Perocco Detrito in Acquagranda, Detrito in Acquapietra, Detrito in Acquatorbida

I nuovi lavori di questa sera, Detrito in Acquagranda e Detrito in Acquatorbida, si aggiungono a Detrito in Acquapietra un brano scritto per l'Ex Novo Ensemble nel 2014. Fanno parte del Catalogo di detriti, macerie e rovine, un'ampia raccolta di vari brani realizzati dal 2003 ad oggi per insiemi diversi. Prendendo a prestito la tecnica del grattage, raccolgo lo scarto di materiale “altro” per la realizzazione di queste ed altre miniature. (Filippo Perocco)


Salvatore Sciarrino (1949)
Perduto in una città d'acque (1991) per pianoforte

Perduto in una città d'acque ha impresso “il sorriso taciturno di Nono”, il parlare “attraverso il torpore della sua malattia”. Non un semplice “viaggio veneziano” e neppure un omaggio a Luigi Nono morente, ma piuttosto il “dilatato gocciare dei suoni”, il “rivolgersi della memoria, della percezione su di sé, mentre ci perdiamo, allorché riconosciamo e non riconosciamo”. Il cercare “la varietà inesauribile delle esperienze”, il “gettar via” ogni maschera, questo il cuore dell'affetto di Sciarrino per Luigi Nono, “maestro e fratello adolescente”. Perduto in una città d'acque, è dedicato ad Alvise Vidolin “con l'entusiasmo di una amicizia che mette radici”. (Salvatore Sciarrino, Carte da suono, Palermo/Roma, 2001, Edizioni CIDIM)


Hanns Eisler Vierzehn Arten, den Regen zu beschreiben, Op. 70

Il quintetto Vierzehn Arten, den Regen zu beschreiben ('Quattordici modi di descrivere la pioggia') nasce come musica per film e, contemporaneamente, come hommage di Eisler al suo maestro, Arnold Schoenberg. Nel 1928 il regista Joris Ivens aveva realizzato un documentario muto ('Regen') sui diversi effetti prima, durante e dopo la pioggia ad Amsterdam, per il quale Lou Lichtfeld aveva composto la prima musica. Eisler compose un nuovo brano che, tramite una nuova tecnica, potesse sottolineare la complessità e la sperimentalità del film di Ivens. La tecnica in questione è quella dodecafonica, mutuata da Arnold Schoenberg: partendo da una serie di dodici note si costruiscono le melodie e le armonie, utilizzando i suoni nella serie originale, il suo inverso, il retrogrado, l'inverso del retrogrado ecc. Non sono sufficienti tuttavia logica e rispetto delle regole matematiche per creare musica, tanto più che Eisler riesce, in quest'apparente costrizione compositiva, a realizzare atmosfere che spaziano dal più semplice naturalismo, in perfetta simbiosi con le immagini filmiche, al più estremo contrasto con queste ultime. Il pezzo consiste in quattordici brevi brani che si susseguono in un alternarsi sapiente di caratteri e suggestioni. Non solo l'organico è quello utilizzato nel Pierrot lunaire di Schoenberg, ma anche la serie musicale è dedotta dal nome del compositore (A, D, eS, C, H, E, B, G). La composizione fu iniziata nell'estate del 1941 e conclusa il 18 novembre dello stesso anno a New York. La prima ebbe luogo il 13 settembre di tre anni dopo, in occasione del settantesimo compleanno del maestro e ispiratore di Eisler. Anni dopo il compositore, durante un colloquio con il dottor Hans Bunge, confessò che il titolo del brano potrebbe essere anche “Vierzehn Arten, mit Ansand traurig zu sein” ('Quattordici modi per essere tristi con decenza'), poiché in molte lingue la pioggia è un simbolo della tristezza, e quindi egli, con la sua composizione, aveva descritto un' “anatomia della tristezza - o un'anatomia della malinconia”. Il suo interlocutore gli rispose: “Anche questo fa parte dell'arte. Non voglio dire che sia il tema centrale del XX secolo… ma anche questo può accadere in un'opera d'arte”.