Concerto 6


Sabato 17 ottobre 2015, ore 20.00
Teatrino di Palazzo Grassi

Itinerari musicali della Grande Guerra

In collaborazione con Palazzo Grassi - François Pinault Foundation



«Certo, in questi tre mesi, non mi sono
dimenticato della guerra, […] che disgusto, che
triste lezione per tutti noi! […] Mi riferisco a
quella pesante costrizione calata sul nostro
pensiero, sulle nostre forme, e che viene accettata
con una sorridente negligenza. Questo è l'errore […]
si è insinuato dentro di noi come sangue marcio.»
Claude Debussy, 1915


Ex Novo Ensemble
Davide Teodoro clarinetto
Carlo Lazari violino
Annamaria Pellegrino violino
Mario Paladin viola
Carlo Teodoro violoncello


Kurt Weill (1900-1950)
Quartetto in si minore (1918) per due violini, viola e violoncello
Mässig - Allegro ma non troppo (in heimlich erzählendem Ton) - Langsam und innig -
Durchaus lustig und wild, aber nicht zu schnell

Marcello Panni (1940)
Luoghi dell'Apocalisse (2015) per clarinetto e quartetto d'archi
La Visione di Patmos - La Caduta di Babilonia - La Gerusalemme celeste
Commissione Ex Novo Musica 2015. Prima esecuzione assoluta
A Claudio Ambrosini e l'Ex Novo Ensemble

Max Reger (1873-1916)
Quintetto op. 146 in la maggiore (1916) per clarinetto e quartetto d'archi
Moderato ed amabile - Vivace - Largo - Poco allegretto


Kurt Weill Quartetto in si minore

Kurt Weill compose pochissime opere da camera, la maggior parte tra il 1918 e il 1923: due quartetti per archi (il Quartetto in si minore senza numero d'opera e il Quartetto op. 8), una Sonata per violoncello e pianoforte, il ciclo di liriche Frauentanz op. 10 (per voce e cinque strumenti), il Klopslied per voce e due ottavini e fagotto (quest'ultimo datato 1925). Questi testi riflettono l'evoluzione del giovane Weil durante il suo periodo studi alla Königlich Akademische Hochschule für Musik di Berlino sotto la guida di Engelbert Humperdinck (1918-1919), il suo breve incarico come direttore d'orchestra a Lüdenscheid (1919- 20) e gli studi nella classe di Ferruccio Busoni, iniziati nel 1921. Dal Quartetto per archi in si minore (1918-1919), completato sotto la guida di Humperdinck, alla Sonata per violoncello e pianoforte (1919-1920), lo stile di Weill già subisce una trasformazione. Il Quartetto mostra un chiaro orientamento verso modelli classici; è caratterizzato da un linguaggio tardoromantico che si indirizza alla lezione di Richard Strauss, Hans Pfitzner e Max Reger (evidente nella fuga assai ampia dell'ultimo movimento). Nella Sonata per violoncello e pianoforte il suo vocabolario armonico, già ampio e non convenzionale, muovendosi da solide basi tardo-romantiche, subisce l'influenza di Debussy. Una chiara linea di demarcazione separa queste prime due opere di musica da camera dai due successivi contributi, il Quartetto per archi op. 8 e il ciclo di canzoni Frauentanz op. 10: l'insegnamento di Ferruccio Busoni e la sua visione di una “nuova classicità”, avevano esercitato su di lui un considerevole fascino. Appare però sorprendente che, già in questo primo quartetto, Weill avesse presente la lezione di Schoenberg (il trattato di armonia è del 1911) che postula la scala cromatica alla base della tonalità - principio che ovviamente conduce all'intercambiabilità tra tonalità sullo stesso grado della scala. Tale propensione ad una struttura armonica con alternanza continua di tonalità maggiori e minori sarà, come sappiamo, uno dei perni fondamentali dell'estetica di Busoni. Weill già nel 1918 percepisce dunque l'ambivalenza tra tonalità maggiori e minori non in una dialettica di opposti ma come stati d'animo che si compenetrano: il passaggio dall'uno all'altro avviene nella sua musica impercettibilmente e senza sforzo, quasi riflesso della vita interiore, spesso ricca di cambiamenti repentini e impercettibili di umore e fonte inesauribile di sentimenti sempre nuovi e contrastanti.


Marcello Panni Luoghi dell'Apocalisse

Ho scritto l'oratorio Apokàlypsis nel 2009 per la piazza del Duomo di Spoleto. Un'esperienza eccezionale, un viaggio attraverso il libro più misterioso e simbolico del Nuovo Testamento con la guida eccelsa del cardinale Gianfranco Ravasi. Da quel viaggio ho ora estratto tre luoghi e la loro musica: - la visione iniziale di Giovanni, con la processione delle apparizioni dei 4 Viventi, (Leone Vitello Uomo Aquila) i 24 Anziani, il coro degli Angeli il Cristo sul trono, e infine l'Agnello: «Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. E quando l'ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all'Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d'oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi […]»; - la fine di Babilonia, cioè del mondo del corpo, corrotto e corruttibile: «È caduta, è caduta Babilonia la grande, ed è diventata covo di dèmoni, rifugio di ogni spirito impuro, rifugio di ogni uccello impuro e rifugio di ogni bestia impura e orrenda: perché tutte le nazioni hanno bevuto del vino della sua sfrenata prostituzione, i re della terra si sono prostituiti con essa e i mercanti della terra si sono arricchiti del suo lusso sfrenato […]»; - la discesa della Gerusalemme Celeste e il trionfo della luce sul buio, dello spirito sul corpo: «L'angelo mi trasportò in spirito su un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino…». (Marcello Panni)


Max Reger Quintetto op. 146

Il Quintetto con clarinetto, ultima opera di Reger, la cui prima esecuzione avvenne cinque giorni prima della sua morte - il 6 novembre 1916 a Stoccarda - può considerarsi il testamento musicale del suo autore. In cattive condizioni di salute e cosciente della durata relativamente breve della propria vita, Reger compose, con febbrile impeto, più di centocinquanta partiture prima di morire a soli 43 anni. Il suo stile si pone in opposizione alle grandi architetture post-romantiche di Mahler e Strauss: pur abilissimo nello sviluppo dei materiali tematici, Reger guarda piuttosto al classicismo viennese e a Bach, utilizzando un procedere contrappuntistico severo e un linguaggio armonico personale assai avanzato e a tratti fortemente sperimentale. Come buon numero di partiture di grandi compositori che videro la luce negli ultimi mesi di vita, anche questo quintetto è avvolto da un'aureola di mistero, una sorta di crepuscolare “chiamata all'aldilà”. Eloquenti appaiono i rapporti dell'opera di Reger con il Quintetto op. 115 che Brahms scrisse due anni prima della morte. Il musicologo tedesco Roland Häfner ha segnalato che in tutti i movimenti del quintetto di Reger ritroviamo due motivi di quattro note che costituiscono una sorta di “motivi paralleli” a quelli presenti nel quintetto di Brahms. Reger usa questi elementi tematici in modo evidente ma anche, con sottile maestria, nel contesto degli sviluppi cromatici: si tratterebbe dunque, secondo Häfner , di un omaggio secreto a Brahms. Venticinque anni separano le due opere, in un'epoca ricca di sviluppi musicali, anni di evoluzione del linguaggio ben visibili nel lavoro di Reger. Come Brahms, anche Reger aveva una predilezione per il clarinetto. Lo strumento è trattato con una sobrietà che cancella tutti quegli attributi di virtuosismo e di pomposità proprî della scrittura anteriore; si fonde efficacemente nel colore degli archi, tratteggiando un ambiente sonoro in “pianissimo” tra l'amabile, il pietoso e il piangente e animando il discorso musicale con fremiti di profonda e a tratti tragica pulsione narrativa.