13
Sabato 6 dicembre 2014, ore 20.00
Gran Teatro la Fenice, Sale Apollinee

AI LIMITI DELLA NOTTE

Giampaolo Pretto (*) e Daniele Ruggieri flauti
Carlo Teodoro violoncello
Daniele Roi clavicembalo e pianoforte

Preludio critico di Maria Nevilla Massaro

Johann Sebastian Bach (1685-1750)
Trio Sonata in sol maggiore BWV 1039 per due flauti e basso continuo
Adagio - Allegro ma non presto - Adagio e piano - Presto

Salvatore Sciarrino (1947)
Canzona di ringraziamento (1979) per flauto (*)

Wilhelm Friedemann Bach (1710-1784)
Trio Sonata in Re maggiore Fk 48, per due flauti e basso continuo
Andante - Allegro - Vivace

Salvatore Sciarrino (1947)
Ai limiti della notte (1984) per violoncello

Carl Philipp Emanuel Bach (1714-1788)
Trio Sonata in mi maggiore Wq 162 per due flauti e basso continuo
Allegretto - Adagio di molto - Allegro assai

Salvatore Sciarrino (1947)
Il motivo degli oggetti di vetro (1986) per due flauti e pianoforte

Giampaolo Pretto (1965)
Still Untitled (2014) per due flauti, violoncello e clavicembalo
Commissione Ex Novo Musica. Prima esecuzione assoluta


§ § §

Nello spazio liminare si confondono
suoni uditi e suoni immaginati,
ombre ed esseri, realtà e sogno.
Nemmeno la concretezza armonica della famiglia Bach
riesce in toto a farci ancorare alla realtà,
con la sua trascendenza spirituale.
Siamo a un passo dal mistero,
troppo indietro per carpirlo,
troppo avanti per svelarlo.

§ § §



Johann Sebastian Bach Trio Sonata in sol maggiore BWV 1039

Pur se con diversi cambiamenti, la Sonata BWV 1039 è la trascrizione ad opera dello stesso Bach della Sonata BWV 1027 per clavicembalo e viola da gamba. Non è ancora del tutto chiaro quale versione sia nata per prima, o se addirittura esistesse un'ulteriore versione precedente per due violini e basso continuo, anche perché una buona parte dei manoscritti bachiani, soprattutto quelli del periodo di Cöthen (1717-1723), è andata persa. Non è ad ogni modo l'unico esempio di “auto-trascrizione”: al contrario, questa fu una pratica spesso utilizzata dal compositore, soprattutto a beneficio degli esecutori del Collegium Musicum di Lipsia, per i quali trascrisse, tra l'altro, le sue precedenti trio-sonate, trasformandole in concerti con clavicembalo concertante. I suoi figli continuarono a comporre sonate per strumenti solisti con cembalo obbligato, influenzando successivamente i compositori romantici, alimentando un genere che arriva fino ai giorni nostri.
La Sonata BWV 1039 è scritta in quattro movimenti in alternanza lento-veloce, rispettando in questo la forma della sonata da chiesa, potremmo dire "addolcita" dall'adozione del più moderno stile galante. La tessitura dei due flauti ha una netta predominanza sull'incedere del basso continuo, che fa sentire la sua voce solo in alcuni fugati. L'Adagio iniziale è una sorta di pastorale, un movimento lirico bipartito con forma AA1; il tema e il suo contro-tema sono prima esposti nella tonalità di impianto, poi alla dominante, con scambio delle voci. Il secondo movimento è una fuga con la struttura ABA1; in alcuni episodi si assiste ad una sorta di bariolage, procedimento usato negli strumenti ad arco che prevede l'alternanza della stessa nota su corda vuota e su altra corda diteggiata; il che potrebbe avvalorare l'ipotesi di una versione precedente per violini. L'Adagio e piano che segue è arioso, le sue crome incalzanti disegnano lentamente armonie fortemente patetiche. Anche il Presto finale è una fuga con struttura ABA1, piuttosto danzante, ricca di sincopi, scalette e progressioni, che molto ricorda i Concerti Brandeburghesi.


Salvatore Sciarrino Canzona di ringraziamento (1979)

L'incantesimo per fortuna era riuscito. Ciò che pareva destinato a congelarsi in un bozzolo per sempre svuotato della propria voce, il vecchio strumento, esausto della stessa ricerca di suoni nuovi, stavolta ne usciva radicalmente trasformato. Inventare è una sfida. Per anni, confesso, avevo covato un desiderio; che il flauto si mutasse nel suo inseparabile compagno d'altri tempi, fosse insieme flauto e tamburo, e il tamburo cuore. Non mi sarei visto esaudito tuttavia, se non avessi tutta la vita inseguito un desiderio più grande, di fare della magia con le cose più banali, i suoni più sgradevoli, quelli che circondano il quotidiano e quasi non sentiamo più. Ma non era il solo incantesimo. Sullo strumento monodico la polifonia non era più apparente, perché in certi punti emissioni diversissime venivano come emulsionate nel medesimo istante. E siccome ogni tipo di suono ha un suo tempo di riverberazione, il suono reale si sovrapporrà alla coda del precedente. Fenomeno ulteriormente esasperato dalle dinamiche opposte. Dato l'esito felice non mi restava che ringraziare le divinità. Allora mi sentivo altresì debitore a Goffredo Petrassi che tante volte mi ha dimostrato affetto e riguardo; pensai di dedicargli il ringraziamento. Nel riferirmi a Beethoven, io non ero guarito da una malattia. Eppure con questa il travaglio creativo ha notevole comunanza, specie se intransigenti con la propria anima. La canzone è una costruzione geometrica su pochi suoni lasciati sospesi dagli incantesimi. Strofica, polifonica, poliritmica, solo ai vampiri della musica potrà apparire come esangue una melodia accompagnata. (Salvatore Sciarrino, 1980-90, da Carte da suono, Edizioni CIDIM, Roma 2001)


Wilhelm Friedemann Bach Trio Sonata in Re maggiore Fk 48

Wilhelm Friedemann era il maggiore dei figli di Johann Sebastian, matematico, compositore e organista, tanto virtuoso e valente quanto povero e di magra fortuna. Per le sue composizioni si parla spesso di Empfindsamer Stil (stile sentimentale), stile compositivo in sintonia con il pensiero illuminista che mirava ad esprimere sentimenti veri, semplici e naturali. Una certa predilezione per i cambiamenti repentini di umore non sposa però l'adozione dell'erudita teoria barocca degli affetti; l'accompagnamento piuttosto blando nel basso, tipico dello stile galante, viene abbandonato a favore di un più acceso vigore ritmico.
Il Trio in Re maggiore è uno dei non numerosi brani cameristici che furono dati alle stampe. Si apre con un Andante piuttosto animato, nel quale i due flauti propongono un tema in cui le terzine fungono al contempo da elemento tematico e figura di abbellimento. I flauti impiegano la cellula tematica in continui processi modulanti, alternando tratti omoritmici a dialoghi di scalette alternate, fino ad una progressione più distesa, dai tratti quasi corelliani, che conduce alla tonalità di fa diesis minore. Il movimento si conclude graziosamente con il ritorno del tema in re maggiore. L'Allegro, pur non essendo particolarmente veloce, richiede grande abilità e precisione esecutiva per le continue mutazioni delle cellule, tra sincopi, imitazioni, abbellimenti in stile francese e accordi spezzati in quartine di semicrome che a tratti ricordano i concerti vivaldiani. Il conclusivo Vivace, in tempo ternario, si avvale di una grande varietà di fraseggi, di alternanze metriche e di nuovi spunti musicali. Dopo l'apparizione del tema principale si presentano ben cinque nuove proposte espositive, scritte con fantasia prolifica e gusto, fino al ritorno del tema iniziale e la conclusione in piacevole ascesa.


Salvatore Sciarrino Ai limiti della notte (1984)

«È certamente, il silenzio, qualcosa di essenziale al suono, come il giorno alla notte. Il suono è dentro il silenzio, e questo è suono. Una volta gli dei si lasciavano interrogare. Nell'attesa, l'oracolo si schiudeva al silenzio». Questo scriveva Sciarrino ne Il silenzio degli oracoli e ci sembra calzare a pennello per questo brano. È estate, è notte, le finestre sono aperte, ci si sta per assopire. C'è silenzio, ma forse no: un cane lontano, un sottile fruscio di foglie, forse un insetto ma non si saprebbe dire dove. Rumori impercettibili che lottano contro un silenzio impossibile. Un breve sogno dove si muovono ombre, forme sinuose, misteri. Suoni, sibili, in uno scenario dove tutto scorre senza un inizio ed una fine. La durata stessa diviene un elemento compositivo. Il pianissimo, non più semplice attributo, diviene veicolo ed essenza del suono lontano. E le sue folate non provocano un incresparsi della musica pura, la sua disgregazione logica. Al contrario, rende manifesta una realtà sonora che vive al di là, misteriosamente ai limiti della notte: la mente si fa spazio all'immagine, e questa è portatrice di senso.


Carl Philipp Emanuel Bach Trio Sonata in mi maggiore Wq 162

Per quasi tre decenni (1738-1767) Carl Philipp Emanuel Bach occupò il posto di accompagnatore musicale di Federico il Grande di Prussia presso la sua corte. Nella sua breve autobiografia si riferisce a questo incarico come al più grande trionfo della sua vita, per aver ricevuto l'onore di essere l'unico accompagnatore di sua maestà al clavicordo.
Nonostante la sua stretta familiarità con grandi flautisti dell'epoca, non ultimo Friedrich Ludwig Dülon, questa è l'unica trio-sonata per due flauti e basso continuo che Carl Philipp Emanuel compose, probabilmente nel 1749. Il primo movimento, con il suo tema alto e in continua espansione, è un vero e proprio dialogo tra i due flauti. A livello tecnico i due strumenti devono affrontare non poche difficoltà, dovute alla tonalità di impianto in mi maggiore, particolarmente scomoda per strumenti d'epoca con poche chiavi, e alla ricercata raffinatezza di abbondanti fioriture e figurazioni. La colorazione cromatica dell'Adagio conferisce al brano un carattere intensamente meditativo, quasi fosse un pensiero doloroso lasciato vagare nella mente come una domanda senza risposta. L'uso audace dell'ottava diminuita aumenta la drammaticità del contesto. In netto contrasto l'Allegro assai finale, estremamente gioioso e quasi frenetico negli accordi ribattuti dalla tastiera che sostengono le terzine vivaci dei flauti.


Salvatore Sciarrino Il motivo degli oggetti di vetro (1986)

1986. Un pomeriggio di luglio sull'isola di Stromboli. L'autore risaliva dal bagno, quando fu circondato da una costellazione di suoni minuscoli:

1. il fischio dei gabbiani in riposo, con accentuata inflessione dialettale;
2. rarefatte cicale;
3. il ronzare obliquo dei mosconi;
4. legni battuti su una barchetta in mezzo al mare;
5. il pauroso brontolio del vulcano che gli abitanti chiamano in confidenza “la Montagna”.

Tali suoni rimasero annotati sul quaderno di Sciarrino e, dopo qualche tempo, furono artificiosamente ricreati e organizzati per poter diventare musica. L'imprevedibile susseguirsi degli eventi sonori, il loro sovrapporsi, vengono dunque a costituire un nuovo paesaggio. Qualcosa tuttavia esso trattiene dell'originale ambiente naturale: la sospensione e una speciale qualità bianca del silenzio. Ed è quest'immagine illusoria che alla fine s'infrange, come su vetro riflesso, a causa delle brusche interruzioni. Si scoprono così più dimensioni temporali e intermittenti. Il curioso motivo degli oggetti di vetro ricorre da secoli nella storia della pittura, mettendo alla prova l'abilità del rappresentare. Infatti il vetro impone la sua doppia proprietà d'immagine: trasparenza e riflesso; ciò spinge a raffinare lo studio della percezione oltre la percezione. Dedica a Gérard Grisey, con la seguente epigrafe: «Sul calderone che un demonio porta in capo, si vede un'immagine riflessa: la finestra della bottega di Bosch».(Salvatore Sciarrino, 1993, da Carte da suono, Edizioni CIDIM, Roma 2001)


Giampaolo Pretto Still Untitled (2014)

Una linea estesa e curva di volute sinuose: è un colore/calore caldo, quello di un flauto contralto, che genera un grado di fusione quasi cellulare col violoncello. Può suscitare immagini tattili, che invitano ad avvicinarsi a ciò che si visualizza, o ad immergervi addirittura la mano: evoca la densità lucida di una materia molle e uniforme, o il dorso lucido e gommoso di un delfino … Muta questa materia, se lo decide, con un salto netto, rifrangendosi nel contrasto di una freschezza ghiacciata di accenti, croccanti e brillanti provocazioni. Con l'altro flauto, tagliato una quarta superiore, che provoca i due strumenti verso un gioco al tenere. Tenere note tenute: che sono appuntamenti di gioco, l'invitarsi a vicenda per condividere altezze e lunghezze, avviare periodi e imitazioni. Personaggi, tutti e tre, più che strumenti. Un teatro di improvvisazione, puntuto, autoironico, contrappuntato di recitativi. C'è un quarto strumento, che per la sua stessa natura fisica fatica a entrare in questo gioco: gioco che sembra volerlo deliberatemente escludere, con suo disappunto. Un quarto personaggio, dunque: che assiste alla schermaglia e tenta di inserirsi nel “tenere” a lui precluso: parte da una natura troppo diversa, lui, che è quella del fiorire, sostenere, abbellire; dell'evocare salotti di danza, mordere e trillare con fresca lucentezza. Ce la farà? (Giampaolo Pretto)