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Lunedì 1 dicembre 2014, ore 17.31
Gran Teatro la Fenice, Sale Apollinee

DA STRANIERO, INIZIO IL CAMMINO
- SCHUBERT, ULTIMO ANNO

In collaborazione con Fondazione Amici della Fenice, Accademia Perosi Editore

Sandro Cappelletto, Claudio Ambrosini, Mario Messinis e Aldo Orvieto presentano il volume:

Sandro Cappelletto
Da straniero, inizio il cammino - Schubert, l'ultimo anno
Accademia Perosi Editore, Biella, 2014

Giacomo Serra baritono
Aldo Orvieto pianoforte

Franz Schubert (1797-1828)
Andantino dalla Sonata in la maggiore D959 (settembre 1828)
Franz Schubert (1797-1828)

da Winterreise D. 911 (1827/8)
Die Nebensonnen (Wilhelm Müller) - Der Leiermann(Wilhelm Müller)

da Schwanengesang D957 (1828)
Der Doppelgänger (Heinrich Heine) - Die Taubenpost (Johann Gabriel Seidl)


«Credo che i diciotto mesi più ricchi e produttivi nella storia della musica siano stati quando Beethoven era appena morto e gli altri giganti del XIX secolo, Wagner, Verdi, Brahms, non avevano ancora iniziato. Mi riferisco al momento in cui Franz Schubert ha composto la Winterreise, la Sinfonia in do maggiore, le ultime tre sonate per pianoforte, il Quintetto per archi in do maggiore, come anche altre decine di splendide opere. La sola creazione di tali capolavori in quell'arco di tempo sembra incredibile, ma la qualità dell'ispirazione, della magia, è miracolosa e supera ogni spiegazione.»
(Benjamin Britten, 1964)

«il WINTERREISE di F. Schubert, p - fff - ppp - f - ppppppp - fffff nel mio cuore» (Luigi Nono, 1987)
Schubert non ha scadenze, non ha vincoli. Deve rendere conto a nessuno, se non a se stesso, della spendibilità e dell'ortodossia della propria musica. Vive in una simultanea condizione di libertà e di privazione. Molte delle sue ultime opere sono indifferenti alla concezione dell'arte come oggetto di consumo, mentre ha ormai assunto contorni netti la principale differenza, per quanto riguarda la ricezione, della sua musica rispetto a quella di Beethoven: a Schubert non appartengono ideali o slanci universalistici. Lui non sembra preoccuparsi dei destini dell'umanità, non pensa ai “milioni”; non scrive un Inno alla gioia il cui scopo è «la riconciliazione, all'interno della comunità dei fratelli, fra Dio e le sue creature, fra le masse e il singolo individuo». Eppure, avventurandosi lungo il crinale dell'individualità inviolabile, nell'alternanza anche incontrollata di euforia e desolazione, la sua musica coinvolge ciascuno e tutti, altrimenti epica. Johann Mayrhofer l'amico poeta di cui Schubert musicò molte liriche, così ha scritto: «Per me era e rimane un genio, che mi ha accompagnato fedelmente e con melodie appropriate attraverso la vita come essa è, agitata e quieta, mutevole e inesplicabile, fosca e luminosa». Il racconto degli ultimi mesi della breve vita «del più ardito e libero di spirito di tutti i musicisti moderni», come lo ha definito Robert Schumann, è l'orizzonte del libro di Sandro Cappelletto.