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Sabato 15 novembre 2014, ore 20.00
Gran Teatro la Fenice, Sale Apollinee

MUSICA E LITURGIA

Carlo Teodoro violoncello
Germano Scurti bayan

Preludio critico di Germano Scurti

Johann Sebastian Bach (1685-1750)
Suite n. 1 in sol maggiore BWV 1007 (1720), per violoncello
Preludio - Allemande - Corrente - Sarabanda - Minuetto - Giga

Sofia Gubaidulina (1931)
In Croce (1979/2009) per violoncello e bayan

Sofia Gubaidulina (1931)
De Profundis (1978) per bayan

Andrea Manzoli (1977)
The eggs in the water (2008) per bayan e violoncello
Prima esecuzione assoluta

Elena Firsova (1950)
Crucifixion op. 63 (1993) per violoncello e bayan
Prima esecuzione in Italia

§ § §

L'idea di “memoria al futuro” ci sembra quanto mai appropriata per descrivere lo sviluppo che negli ultimi decenni ha vissuto la fisarmonica e in particolare modo la sua versione più evoluta: il bayan. Uno strumento musicale acustico di recente invenzione ed elaborazione che desta sorpresa e nello stesso tempo familiarità. La sua origine, radicata nella tradizione popolare, e i suoi sviluppi negli ultimi decenni nella musica colta contemporanea vanno proprio a definire questo suo carattere duplice: essere uno strumento predisposto all'inedito e al tradizionale allo stesso tempo, una marcatura che probabilmente lo rende inconfondibile. Considerazioni queste che stanno alla base del presente programma, caratterizzato appunto dalla valorizzazione della suddetta connaturata duplicità: la produzione di memoria e lo slancio verso il futuro, il sentimento della familiarità e l'attivazione perturbante dell'inedito. La stessa combinazione bayan-violoncello che qui proponiamo rivela una altrettanto sorprendente duplicità: due diverse forme di produzione del suono che, tanto all'orecchio, quanto a una analisi fisico-acustica dello spettro armonico, rivelano una affinità tonale quanto mai unica. (Germano Scurti).


Johann Sebastian Bach Suite n. 1 in sol maggiore BWV 1007 (1720)

La Suite n. 1 in sol maggiore BWV 1007 per violoncello solo fu composta da Johann Sebastian Bach circa nel 1720, quando egli si trovava al servizio della corte calvinista di Köthen. Consta di una successione di un preludio e cinque danze, che alternano tempi veloci a tempi lenti. Il Preludio è costituito da serie di arpeggi spezzati con grande forza trainante, la cui ripetizione, spesso simmetrica, è talvolta interrotta da quartine di passaggio che lentamente delineano le trasformazioni armoniche; si conclude in maniera toccante dopo una scala cromatica ascendente spezzata e un lungo pedale all'acuto. Nell'Allemanda una formula ritmico-melodica subito dichiarata in apertura plasma la logica del periodo, in una serie di enunciati musicali precisi e cantabili. La Courante è in stile italiano, dal ritmo brillante e incalzante. Le particelle tematiche ricompaiono a tratti regolari sulle diverse corde dello strumento, mentre il colore diverso e il mutamento dei registri arricchisce la tavolozza timbrica. La Sarabanda condensa nella sua struttura speculare di due volte otto battute una carica di esitante introversione melodica. Ogni battuta ha un ritmo proprio, in una tensione anelante alla cantabilità più diffusa. La tersa, raffinata eleganza dei due Minuetti (uno nel tono d'impianto, l'altro in minore) e la semplicità lirica della Giga finale concludono l'opera in un'atmosfera di rara elevatezza spirituale.


Sofia Gubaidulina In Croce (1979/2009)

La compositrice russa affermò che «il simbolo di per se stesso è un fenomeno vivo [...]. Cosa vuol dire simbolo? Secondo me la massima concentrazione di significati, la rappresentazione di tante idee che esistono anche fuori della nostra coscienza e il momento in cui questa apparizione si produce nel mondo: questo è il momento di fuoco della sua esistenza, perché le molteplici radici che si trovano al di là della coscienza umana si manifestano anche attraverso un solo gesto.»
Il simbolo utilizzato in questo brano è quello della croce, trasposta in musica a livello grafico, strutturale, esecutivo e cristologico. Una croce è formata dal suonatore di bayan che dispiega il suo strumento, un'altra croce dal violoncellista che tende l'arco sulle corde. I due strumenti iniziano a suonare proponendo forti differenze di registro, di fraseggio, di timbrica, scambiandosi poi man mano reciprocamente -sempre nel rispetto della simbologia della croce- i rispettivi parametri: registro alto/registro basso, legato/staccato, diatonismo/microcromatismo.
La musica comincia in maniera relativamente diatonica, col bayan che emette pulsazioni acute e il violoncello che intona le sue note più gravi, entrambi focalizzandosi sulla nota mi. Lentamente i due strumenti si avvicinano e, man mano che procedono verso la “collisione”, aumentano i volumi e le intensità, sprigionando quasi aggressività. Dopo un passaggio dai tratti piuttosto selvaggi di entrambi gli strumenti, ci si inoltra lentamente verso il silenzio; gli accordi dissonanti del bayan accompagnano le note spoglie del violoncello, mentre entrambi convergono nuovamente sul mi, in un finale sobrio e cupo.


Sofia Gubaidulina De Profundis (1978)

Il De Profundis è la prima opera per bayan della compositrice russa e la prima volta in cui questo strumento viene inserito in un ambito simbolico-religioso. Fu scritto in collaborazione con il fisarmonicista Friedrich Lips, che lo eseguì a Mosca nel 1980. La gamma delle espressioni più peculiari del bayan aderisce perfettamente alle vere e proprie intonazioni organiche del lamento, del sospiro e del respiro; cluster si alternano a sonorità quasi elettroniche, vibrazioni celestiali a cupi boati. Non si tratta di una trasposizione sillabica o immaginabile per la voce del salmo, ma di una reazione istintiva della compositrice, invocazione e supplica, sofferenza e speranza. Lo strumento musicale diventa un corpo vivo che affronta un viaggio nel mondo del dolore, un attraversamento caratterizzato da una specifica origine e una altrettanto specifica destinazione: dalle scure profondità della sofferenza alla luminosità dell'ascensione.


Andrea Manzoli The eggs in the water (2008)

Una voce continua, che nel suo fluire nel tempo e nello spazio subisce improvvise e continue sollecitazioni, crea intorno a sé un percorso drammatico di forte e mutevole impatto. In The eggs in the water il fulcro centrale è rappresentato da una cellula melodica, per l'appunto una voce, che viene sottoposta in maniera vertiginosa a cambi di prospettiva acustica. Il suono sorge e si rifrange, si intreccia in un fitto dialogo fra gli strumenti e l'ondeggiante presenza di linee melodiche viene accompagnata da processi di accumulazione e rarefazione delle stesse. Ritmo e gesto strumentale sono posti in continua relazione dialettica attraverso passaggi virtuosistici fra il bayan ed il violoncello; i gesti strumentali, inoltre, sono giustapposti tra loro secondo un criterio paratattico e la gestione del tempo, subordinata a tale procedimento, è votata a produrre smarrimento.
(Andrea Manzoli)


Elena Firsova Crucifixion op. 63 (1993)

Crucifixion fu composto nella primavera del 1993 per due interpreti straordinari, Karine Georgian ed Elsbeth Moser. Ritorna il simbolo della croce, che si spoglia della sua valenza esclusivamente cristiana, per significare l'universalità della sofferenza umana, quasi a livello archetipico. I contorni della forma sonata sono riconoscibili in questo brano, concepito come un concerto di un solo movimento.