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Sabato 8 novembre 2014, ore 18.00
Conservatorio Benedetto Marcello

ANIME MECCANICHE, ANIME UMANE

In collaborazione con SaMPL (Sound and Music Processing Lab)

Maria Grazia Bellocchio e Aldo Orvieto pianoforti
Alvise Vidolin regia sonora
Luca Richelli live electronics

Ex Novo Ensemble
Daniele Ruggieri flauto
Davide Teodoro clarinetti
Carlo Lazari violino
Mario Paladin viola
Carlo Teodoro violoncello
Aldo Orvieto pianoforte

Preludio critico di Luca Richelli

Carmine Emanuele Cella (1976)
When the light thickens (2014)
per clarinetto (anche basso), violino, violoncello pianoforte ed elettronica in tempo reale
Commissione Ex Novo Musica. Prima esecuzione assoluta

Stefano Gervasoni (1962)
Descdesesasf, Trio-rito per violino, viola, violoncello e suoni esterni (1995/2013)
Prima esecuzione assoluta della versione con elettronica

Nicola Sani (1961)
Seascape VIII, Venice 2nd view (2014),
per flauto, clarinetto, violino, violoncello,
pianoforte, suoni digitali e live electronics
Commissione Ex Novo Musica. Prima esecuzione assoluta

Claudio Ambrosini (1948)
Capriccio (1982) per due pianoforti
Prima esecuzione assoluta

Ivan Fedele (1953)
Pulse and Light (2013) per due pianoforti ed elettronica


Accettando il principio aristotelico dell'entelechia, ovvero della coincidenza tra il corpo e l'anima, cosa succede se la forma meccanica coincide con quella umana? Avrà anch'essa un'anima, ancorché meccanica? E un suono, naturale o strumentale, è, in potenza, quello che, in atto, diventa con la manipolazione elettronica? Chi è l'autore della musica, il compositore o la macchina che produce il risultato fisico-acustico?


Carmine Emanuele Cella When the light thickens (2014)

Il lavoro prende le mosse da un verso del terzo atto del Macbeth di Shakespeare:

Light thickens; and the crow
Makes wing to the rooky wood:
Good things of day begin to droop and drowse;
While night's black agents to their preys do rouse.

Già s'ottenebra il giorno
ed il corvo dirige la sua ala
verso il bosco già fumido di brume,
mentre cedono al sonno ed al riposo
stanche, le miti creature del giorno,
e i tenebrosi agenti della notte
si levano a ghermir le loro prede.


L'intero lavoro, dunque, racconta di un passaggio: quello dalla luce all'oscurità. L'aspetto materico in questo caso è essenziale: la scrittura non si inscrive in un tempo lineare, ma nell'istante e nell'infinito. Il tempo è allungato, supera la forma e diviene il presente. Le continue piccolo variazioni distruggono la memoria e disattendono la previsione. Senza memoria e senza previsione il tempo si disgrega per divenire il sol momento in cui tutto è stato, è, e sarà. L'elettronica si rivela come mezzo privilegiato per questo modo di sentire la musica e si rende tramite essenziale per realizzarlo. Nuove tecniche di trasformazione permettono di raggiungere uno spazio irreale in cui le distanze sono interiori e le relazioni immaginarie.; gli strumenti e l'elettronica creano un'immagine sonora indissolubile, senza gerarchie, priorità e tempo. (Carmine Cella)


Stefano Gervasoni Descdesesasf (1995/2013)

Il brano è un doppio omaggio a Robert Schumann e a Paul Celan. Il sottotitolo, che lega in anagramma “trio” e “rito”, allude alla natura del pezzo, nel corso quale si fa dominante una forte teatralità. Il materiale compositivo è interamente ricavato dal terzo pezzo dei Fantasiestücke op. 12 di Schumann, intitolato Warum?, con il suo motivo-domanda:



Schumann ripete continuamente questo motivo nel corso della composizione, come se alla domanda non si potesse rispondere che con un'altra domanda. La richiesta di una pacificazione definitiva si rivela infinita e si esaurisce nel nulla. Il tema di Schumann diventa per me un nome, che ho letto in due modi diversi: Des, C, Des, Es, As, F ed anche D, E, S, C, D, E, S, E, S, A, S, F. Questo mi permette di avere due cellule motiviche, sulla base della cui interazione è costruito l'intero trio. I tre musicisti, tuttavia, non si limitano a una performance musicale. Mettono anche in scena la poesia di Celan tratta da Atemwende.

ASCHENGLORIE
hinter deinen erschüttert-verknoteten
Händen am Dreiweg.
Pontisches Einstmals: hier,
ein Tropfen,
auf dem ertrunkenen Ruderblatt,
tief im versteinerten Schwur,
rauscht es auf.
(Auf dem senkrechten
Atemseil, damals,
höher als oben,
zwischen zwei Schmerzknoten,
während der blanke
Tatarenmond zu uns heraufklomm,
grub ich mich in dich und in dich.)
Aschen- glorie hinter
euch Dreiweg- Händen.
Das vor euch, vom Osten her, Hin-
gewürfelte, furchtbar.
Niemand
zeugt für den
Zeugen.
AUREOLA DI CENERE
dietro le tue sconvolte-annodate
mani al trivio.
Tempo trapassato al Ponto: qui,
una goccia, sull'affogata
pala di remo, in fondo
alla promessa pietrificata,
lo risolleva, stormente.
(Lungo la verticale
corda di respiro, a quel tempo,
più in alto che in alto,
tra due groppi di dolore, mentre
la fulgente
luna tartara s'inerpicava fino a noi,
io m'internavo in te e in te.)
Aureola di cenere dietro
a voi, mani del trivio.
Orrendo, ciò che, da Oriente,
il caso vi gettava davanti.
Nessuno testimonia per il
testimone.
(traduzione di Paolo Borsoni)


Quattro diversi tipi di sordine vengono continuamente alternate, producendo un effetto di un soffocamento crescente. La loro manipolazione nel corso dell'esecuzione strumentale acquisisce il valore di un gesto simbolico (il “rito” nel trio), e svuota progressivamente il pezzo della sua sostanza musicale. Modellata sul suono trasfigurato di Warum?, la forma interrogativa di descdesesasf affonda lentamente, distrutta da un eccesso di sordine, alla deriva tra il silenzio del suono e la sommersione delle parole - prima le parole della poesia (dette dai musicisti stessi) alla ricerca di una possibile risposta, una via d'uscita della sofferenza del mondo, poi le parole del mondo stesso (veicolate dagli apparecchi radiofonici azionati dai musicisti in corrispondenza dei loro interventi vocali), il rumore senza senso del mondo. La poesia di Celan non diventa mai canto. Non si integra mai con la musica, ma costituisce una presenza strana e straniante in un contesto musicale. La metamorfosi musicale non conduce in nessun'altro luogo che non sia silenzio, e dimostra solo l'impossibilità di costruire qualsiasi cosa di musicale che possa trasmettere un significato. Le parole si sgretolano - sono ridotte a ronzio, gioco fonemico, rumore di fondo. Diventano incapaci di testimoniare, denunciare e diventare azione. Attraverso questa musica Celan porta a compimento il gesto che Schumann aveva sospeso nel desiderio di trasformare la musica in un veicolo di poesia e di senso. Annegando nella Senna, Celan porta a compimento ciò che Schumann aveva iniziato nelle acque del Reno più di un secolo prima. In questa occasione veneziana viene presentata per la prima volta la versione di descdesesasf con live electronics realizzata da Alvise Vidolin. L'elettronica ha il compito di magnificare poco a poco il rumore dei cambi di sordina e l'intervento delle radio trasformandoli in maniera iperrealista da rumori parassiti quasi imperscrutabili a dominatori della scena musicale. (Stefano Gervasoni)


Nicola Sani Seascape VIII, Venice 2nd view (2014)

Seascapes è una serie di “immagini sonore” che sto componendo in questi ultimi anni, ispirate all'omonima serie di immagini fotografiche dell'artista giapponese Hiroshi Sugimoto. Sono visioni di luoghi in cui osservazione, meditazione e memoria si uniscono e proiettano la loro prospettiva nelle dilatazioni sonore che inquadrano ogni composizione. Ogni Seascapes ha una propria figura, una propria “voce”, in cui risuonano le diverse densità visive e percettive. 2nd view amplifica e dilata la visione del precedente frammento dedicato a Venezia. L'acqua e l'aria definiscono zone di colore, nella gradazione dei grigi e del bianco e nero, che si confondono e a volte sono in profondo contrasto. Le superfici timbriche dei suoni strumentali si rispecchiano tra loro per affinità e contrapposizione. L'elaborazione elettronica penetra nei suoni, li avvolge, li trasforma e ne definisce intersezioni timbriche e spaziali. (Nicola Sani)


Claudio Ambrosini Capriccio (1982)

Per quanto mi riguarda i primi anni Ottanta sono stati particolarmente intensi, direi duri, segnati da momenti difficili anche sul piano fisico, ma fecondi. Infatti sono nati proprio in quel periodo molti dei pezzi solistici che ho dedicato agli allora giovanissimi componenti dell'Ex Novo Ensemble. Lavori come Icaros, per violino; A guisa di un arcier presto soriano, per flauto; Rousseau, Le Douanier: “Follia d'Orlando”, per clarinetto; “Oh, mia Euridice...” A fragment, per clarinetto (anche cantante), violoncello e painoforte; Capriccio, detto L'Ermafrodita, per clarinetto basso; Una forma, chiusa, per trio; Trobar clar, per quintetto a fiato; Trompe-l'oreille, per flauto e vibrafono. Quasi sempre i titoli cercavano di far capire quale fosse il mio assunto, delineando nel contempo una posizione. E il metodo d'indagine compositiva era sempre lo stesso: partire dalla natura dello strumento, dalle caratteristiche intrinseche di ogni singola fonte sonora; da investigare e poi usare come “leva” per far possibilmente emergere altre possibilità tecniche e espressive. Una sorta di scrittura da natura - un po' nel senso di “pittura dal vero”, da contrapporre a quella “d'atelier” -, quasi una maieutica. Quindi un approccio al suono “da contatto”, preferibilmente illuminato dalla fisiologia degli strumenti piuttosto che da schemi, alee, moduli, fibonaccerie, frattaliate, citazioni nostalgiche o improvvisazioni di terza mano. E, tra le altre cose, c'è anche un gruppetto di composizioni per vari tipi di pianoforte, come Impromptu e Rondò di forza per pianoforte a coda, Grande ballo futurista e Épater! Épater! per pianoforte verticale e Vietato ai minori e Nell'orecchio di Van Gogh, una pulce, per pianoforte a coda, pianoforte verticale e ensemble. Il Capriccio per due pianoforti, che si presenta oggi in prima assoluta, nasce proprio in questa fase di ricerca in tutte le direzioni. É stato scritto nella primavera del 1982 e da allora è rimasto lì, ad aspettare fiducioso. Da un punto di vista compositivo cerca di espandere e insieme comprimere la materia sonora, forzandola in direzioni più estreme. Senza dilungarmi, riporto solo la prescrizione in apertura del brano: Sbalzato, a tratti incontenibile. In effetti vi è un alternarsi continuo dei piani prospettici, che aggettano e rientrano, quasi dei “cori battenti” ma intesi nel senso della profondità, immersi in un magma che continuamente produce forme, silhouettes, per fonderle un istante dopo. Capriccio è ovviamente anche un brano tecnicamente assai arduo, e ringrazio di cuore gli interpreti per la dedizione e l'impegno che hanno messo nell'affrontarlo. (Claudio Ambrosini)


Ivan Fedele Pulse and Light (2013)

Pulse and Light di Ivan Fedele si ispira alla “terza fase” della storia dell'universo nella quale, formatisi gli atomi neutri, la luce comincia a “viaggiare nel buio”. Il primo movimento del lavoro Nero opaco, presenta infatti una situazione musicale di stasi creata dal continuo movimento dei materiali: poche note ribattute vengono costantemente micro-variate attraverso sofisticati procedimenti esecutivi e di live electronics determinando una situazione musicale in costante “criptica” evoluzione. La conseguente esplosione della radiazione (secondo movimento, Phos) e il seguente terzo movimento, Nero chiaro, evocano il disaccoppiamento della luce dalla materia, cui fa seguito una ulteriore fase di stasi cosmica ben descritta dai pochi suoni altamente “luminosi” che costituiscono la drammaturgia di Nero chiaro. Il lavoro di Ivan Fedele si conclude con due movimenti che ben descrivono il “nuovo mondo” che si è venuto a creare circa dopo 380.000 anni dal momento del Big Bang: un mondo che naturalmente non è ancora il “nostro” mondo ma ne assume parzialmente la fisionomia in quanto la luce ha creato un Altro spazio (quarto movimento) e un Altro tempo (quinto movimento). Riportiamo di seguito una breve nota dell'Autore scritta in occasione della prima esecuzione assoluta: «Tutti i miei lavori che vedono protagonista un duo di pianoforti con elettronica (Two moons e Pulse and light) o con orchestra (De li duo soli et infiniti universi) fanno riferimento alla dimensione dello spazio cosmico o dell'universo. Questo trittico si presenta come un progetto che si è sviluppato nel tempo in modo articolato e coerente. Pulse and light prende spunto dall'origine dell'universo ed esattamente dalla terza fase in cui la luce comincia a viaggiare nel buio per pulsazione. Da qui il titolo. I sottotitoli delle varie parti in cui si articola la composizione fanno riferimento ai diversi momenti di questo evento cosmico e alla conseguenza straordinaria che un “nuovo spazio” e un “nuovo tempo” hanno comportato: l'inizio della Storia. Naturalmente si tratta di metafore d'invenzione senza alcun (vano) intento descrittivo. Processi “astratti” elaborati elettronicamente e applicati a un materiale che si sviluppa nel tempo dell'ascolto e nello spazio acustico secondo principi che non vogliono derogare dalle necessità espressive e poetiche del soggetto». (Ivan Fedele)