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Domenica26 ottobre 2014, ore 20.00
Gran Teatro la Fenice, Sale Apollinee

RONDES DE PRIMTEMPS

In collaborazione con Palazzetto Bru Zane
- Centre de musique romantique française

Ex Novo Ensemble
Daniele Ruggieri flauto
Carlo Lazari violino
Mario Paladin viola
Carlo Teodoro violoncello
Nicoletta Sanzin arpa

Preludio critico di Paolo Furlani

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Claude Debussy (1862-1918)
Sonata (1915) per flauto, viola e arpa
- Pastorale
- Interlude
- Finale

Vincent d'Indy (1851-1931)
Suite en parties op. 91 (1927) per flauto, violino, viola, violoncello e arpa
- Entrée en sonate (Modérément animé)
- Air (Désuet. Modéré, sans lenteur)
- Sarabande avec deux doubles (Assez lent)
- Farandole Variée en Roundeau avec entrain (Mouvement de Marche)

Theodore Dubois (1837-1924)
Terzettino (1904) per flauto, viola e arpa

Albert Roussel (1869-1937)
Sérénade op. 30 (1925) per flauto, violino, viola, violoncello e arpa
- Allegro
- Andante
- Presto

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Fu soprattutto la Francia del XVIII secolo a perfezionare e diffondere l'arpa,
e parigini furono i liutai che misero a punto un nuovo meccanismo dei pedali nel 1760.
Non sorprende che sia stata usata da molti autori francesi come
Debussy, Ravel, Fauré, Madame Tardieu, Germaine Tailleferre.
Immaginata come appannaggio esclusivo degli angeli, si rivela in realtà molto
più duttile e versatile, trasformandosi da cetra anticheggiante a chitarra gitana,
da sobria accompagnatrice a principessa prepotente.



Claude Debussy Sonata (1915) per flauto, viola e arpa

Nel 1915 Debussy era ormai il più grande musicista di Francia, il più rappresentativo della sua patria; la sua gloria risplendeva nel mondo intero. Giunto all'apogeo della sua carriera, quando il suo paese subiva la terribile prova di una lunghissima guerra (i cui orrori lo avevano sconvolto), egli desiderava manifestare con chiara evidenza la vitalità dell'arte nazionale e il fiorire del suo genio.
La Sonata per flauto, viola e arpa venne originariamente concepita come ideale filiazione di un tipico organico barocco (flauto, oboe e clavicembalo) attualizzato con l'impiego dell'arpa, uno degli strumenti simbolo della poetica debussyana, il cui ruolo centrale in Pelleas et Mélisande creò addirittura dei clichés per molti compositori a venire. La sostituzione dell'oboe con la viola - probabilmente preferita proprio per una maggior duttilità nel produrre sonorità velate e aeree - avvenne ad abbozzo già ultimato. Come nella sonata per violoncello, ma in modo più caratteristico, le melodie sono di una libertà di scrittura che ricerca uno stile monodico nuovo guardando molto indietro, fino alla musica medioevale. Canzoni popolari di trovatori e di trovieri, e più lontano ancora alla antichità indefinita del canto gregoriano.
Il clima di ambivalenza armonica trova un suo riflesso ideale nel coltivare quella melanconia, mai estenuata né disperata, di accento tenero e rassegnato di cui Debussy sentiva la potenza quando scriveva a un amico, a proposito del Minuetto di questa Sonata: «C'est affreusement mélancolique, et je ne sais pas si 1'on doit en rire ou en pleurer. Peut-ètre les deux?» (è terribilmente malinconica, e non so se si debba ridere o piangere. Forse tutte e due le cose?).


Vincent d'Indy Suite en parties op. 91 (1927)

La Suite op. 91 è una delle opere più interessanti uscite dalla penna del vecchio maestro, all'epoca settantaseienne. Pur essendo basata su danze barocche, il linguaggio armonico è decisamente tardo-romantico; riesce a sintetizzare nella sua poetica secoli di tradizione francese, impiegando però sonorità nuove, arguzia, vivacità, varietà timbrica. Il primo movimento, come esprime già il suo titolo (Entrée en sonate), ha la struttura di una sonata; il flauto è vivacemente accompagnato dagli archi, in volteggi aerei ed enunciazioni puntuali. Segue l'Air, dalle sonorità arcaiche e al contempo orientaleggianti, dal ritmo incerto tipico del canto gregoriano con ampio uso di effetti timbrici esotici. La Sarabande conserva il carattere di danza austera, ma in un clima di incertezza armonica. Di raffinata complessità nella prima parte, fiorisce poi in una sezione concitata e passionale, con veloci interventi affidati sia al flauto che agli archi per poi lentamente tornare allo stato di quiete iniziale. Infine la Farandole riprende dapprima la danza popolare provenzale per ritmo e carattere spensierato, per trasformarsi poi, in maniera immediata e inaspettata, in una sequenza di bizzarri umor.
La partitura risente del Grand Siècle ma, laddove Saint-Saëns utilizzava particolari armonie per trasportare l'ascoltatore in Egitto o alle Canarie, D'Indy le utilizza ad esempio nell'Air per imitare la tradizione organistica classica francese. L'opera era stata scritta per il flautista René Le Roy e fu eseguita la prima volta nel maggio del 1830, diventando poi una delle più amate del compositore.


Theodore Dubois Terzettino (1904)
Dubois doveva essere un personaggio ben noto e seguito nella vita culturale parigina se su La Semaine Théâtrale del 6 novembre 1904 si legge: «M. Théodore Dubois, direttore del conservatorio, ha appena consegnato ai suoi editori il prodotto musicale delle sue vacanze estive, che consiste quest'anno in un quintetto per oboe e archi, un terzettino per arpa, flauto e violoncello, due piccoli pezzi per violino e pianoforte, e una serie di melodie sulle poesie di Albert Samain, Musiche sull'acqua. E' quello che M. Dubois, così occupato d'altra parte dalle sue alte funzioni direttoriali, chiama 'concedersi uno svago'.»
Il Terzettino fu scritto per Philippe Gaubert (flautista tra i più stimati del periodo e direttore d'orchestra), Van Waefelgham (violista, probabilmente allievo del conservatorio) e Henrietta Renié (arpista autrice di un metodo utilizzato ancora oggi).
Il brano è breve ma molto raffinato, curato soprattutto nell'impasto timbrico dei tre strumenti. Il fraseggio legato che conduce le melodie da uno strumento all'altro sembra riproporre, in un raffinato intreccio strumentale, l'esperienza organistica di Dubois. L'atmosfera è sospesa e sognante, con transizioni armoniche continue e incalzanti, quasi come in una danza eterea tra due innamorati, flauto e violoncello, accompagnati dall'arpa come da un chiaro di luna.


Albert Roussel Sérénade op. 30 (1925)

Anche la Sérénade di Roussel fu composta per il flautista Réné Le Roy, appena due anni prima la Suite di D'Indy. L'organico è quello del Quintette Instrumental (flauto, trio d'archi e arpa), gruppo fondato dallo stesso le Roy nel 1925 in occasione di un Festival Albert Roussel. Per quanto abbastanza contenuto l'organico strumentale delinea una gamma luminosa e molto varia di colori, creando l'effetto di un'orchestra in miniatura. Il flauto, veloce ed espressivo, conserva il carattere di solista; il violoncello è una sorta di cantante dal registro tenorile; l'arpa si muta spesso in chitarra iperbolica o in mandolino acido, strumenti a corde pizzicate, perfetti per una serenata.
A differenza della struttura classica, che consta tradizionalmente di almeno cinque movimenti, quest'opera ne propone solo tre. Il movimento di apertura è una costruzione ingegnosa vagamente modellata sulla forma-sonata tradizionale: la prima metà del movimento comprende tre temi e i loro brevi sviluppi: uno lirico, esposto dal flauto; una melodia sbarazzina di note veloci, anch'essa affidata al flauto; una marcetta, scattante e staccata, suonata dalla viola. La sequenza tematica viene riproposta più volte con microvariazioni sempre più veloce; la sua struttura si contrae fino a confluire in un eccitato Presto e infine in una coda basata sul tema della viola.
L'Andante è all'opposto una melodia complessa e tortuosa, languida, sensuale e un po' misteriosa. É un canto d'amore tra le estremità di registro dell'ensemble: il flauto e il violoncello. Senza ripetizioni né ridondanze la melodia si dispiega fino al suo punto culminante, per distendersi poi in una graziosa discesa. Il finale è una danza vibrante, dalla ritmica tesa. Roussel riesce ad evocare una chitarra fremente, variando in maniera incredibile la strumentazione, eppure conservando grande coerenza interna. In particolare, il tema struggente ed espansivo della viola al centro del movimento fornisce contrasto formale ed equilibrio espressivo.