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martedì 18 giugno 2013 ore 20.00 


Gran Teatro La Fenice, Sale Apollinee 


I Prix de Rome dell'età contemporanea
Preludio critico di Claudio Ambrosini



«Se devo comporre su richiesta - come quando
ho partecipato al Prix de Rome - le cose non
vanno bene. Ho scritto la peggiore delle
musiche ed ho ottenuto soltanto un terzo
premio […] ma io sono sempre stato così»
(Maurice Ravel, 1926)


Paolo Carlini fagotto

ExNovo Ensemble

Daniele Ruggieri flauto
Carlo Lazari violino
Carlo Teodoro violoncello
Aldo Orvieto pianoforte

 



Geoffrey Drouin (1970)
Cinq méditations sur le Bernin (2012) per flauto, violino, violoncello e pianoforte
Prix de Rome 2011-12

Francesco Filidei (1973)
Corde vuote (2010) per violino, violoncello e pianoforte
Prix de Rome 2012-13

Stefano Gervasoni (1962)
Due voci (1991) per flauto e violino
Prix de Rome 1995-96

Tristan Murail (1947)
Feuilles à travers les cloches (1998) per flauto, violino violoncello e pianoforte
Prix de Rome 1971-73

Claudio Ambrosini (1948)
Also sprach die Sibylle (2011) per fagotto
Prima esecuzione assoluta
Prix de Rome 1985-86

Raphaël Cendo (1975)
Rokc II e III (2012) per flauto, violino, violoncello e pianoforte
Prix de Rome 2009-2010

Geoffrey Drouin Cinq méditations sur le Bernin

Questo esercizio di meditazione è da intendersi come una libera digressione su un dato oggetto che mira a coglierne l'essenza e al contempo arricchirne la conoscenza con intuizioni personali. Il punto di partenza è dato dal barocco romano, in particolare la figura di Bernini, impressionante sia sul piano emotivo che su quello analitico per la sua capacità di organizzare lo spazio - attraverso una prodigiosa tecnica di rappresentazione - fino a riuscire a evocare il dinamismo del dramma. Mi sono riferito in particolare ad alcune opere emblematiche: L'estasi di Santa Teresa della chiesa di Santa Maria della Vittoria e quella di Ludovica Albertoni di Trastevere (San Francesco a Ripa), le due sculture Apollo e Dafne e il David di Villa Borghese, ed infine una strizzata d'occhio all'architetto rivale di Bernini, Borromini, rappresentato qui con la Galleria di Palazzo Spada, di cui è autore. Queste cinque miniature, commissionate da Radio France, si strutturano come un affresco pittorico in cinque tempi il cui percorso in forma d'arco è incorniciato da due estasi. (Geoffrey Drouin)

Francesco Filidei Corde vuote

Scritto su commissione dell'organizzazione Next Mushrooms promotion il breve lavoro di Francesco Filidei è dedicato a Tomoko Fukui. Come esplica il titolo le parti degli archi sono realizzate con il solo uso di corde vuote. La scelta di restringere lo spettro di altezze ai pochissimi suoni così realizzabili viene associata ad altre semplici variazioni espressive come lo spostamento dell'arco progressivamente verso il ponte o verso la tastiera dello strumento o l'inserimento di gruppi di pizzicati eseguibili con la mano sinistra. Lo strumento a tastiera, muto nella prima metà del brano, si inscrive debolmente nella trama degli archi con le medesime altezze stemperate su tutta la tastiera, senza rompere l'incanto sonoro generato dalla sovrapposizione delle quinte vuote. La scrittura va man mano infittendosi, sempre con pacatezza e misura, fino a giungere ad un climax che si articola in sole quattro misure con un fugace crescendo/diminuendo di tutti gli strumenti: il pianoforte, per l'unica volta nel corso del brano, propone le altezze degli archi un semitono sopra. A seguire una lunga coda che affida al pianoforte le uniche due altezze della scala diatonica non eseguibili con le corde vuote di violino e violoncello (fa/si) per concludersi con la progressiva scordatura della quarta corda del violino (da sol a mi b.) che conclude il brano.

Stefano Gervasoni Due voci

Quando una voce parla, sono almeno due le voci che si fanno sentire. La voce s'accompagna sempre ai suoi controcanti. Uno o più d'uno sono i controcanti delle intenzioni rimaste inespresse, a fare da sfondo alla voce manifesta. E almeno un'altra voce - quella di chi ascolta - si sovrappone alla voce che parla. Anche quando, da sola, parla per sé: sempre va incontro alla voce del proprio ascolto. Ogni voce intende e intende se stessa ascoltare. Irriducibile alla mera singolarità, ogni solo è sempre almeno unisono. Ogni unisono non è mai perfetta coincidenza di due soli. (Stefano Gervasoni)

Tristan Murail Feuilles à travers les cloches

Cloches d'Adieu, et un sourire ... Questo breve brano è stato scritto su commissione della Deutschlandfunk in memoria di Olivier Messiaen; la condotta del discorso musicale guarda ad una delle prime composizioni di Messiaen per pianoforte: Cloches d'angoisse et larmes d'adieu (1929). Ho cercato di inserire nella trama sonora, insieme ad altre allusioni, alcuni aspetti fonici caratteristici delle campane, che ho usato in molti miei lavori. A questi rispondono echi luminosi e cluster di accordi in tonalità “festose”, proprio come nelle ultimi lavori di Messiaen, nei quali il “sorriso” riuscì a trionfare sulle “angosce” e le “lacrime” del passato: non vi è quindi alcun finale in forma di addio. (Tristan Murail)

Claudio Ambrosini Also sprach die Sibylle

Gli strumenti musicali sono delle “sibille”: quando vengono suonati lanciano vibrazioni magnetiche a chi li ascolta, messaggi affascinanti, talvolta misteriosi, che ognuno poi arricchisce di significati, di interpretazioni personali. E possono, già con la loro voce, suscitare stati d'animo, emozioni, ricordi, nostalgie, desideri... Altri messaggi da far propri, da decifrare, per altri significati ancora. Il fagotto poi è una sibilla particolare, una meravigliosa “macchina da suono” che mette insieme un bellissimo legno, una forma molto ingegnosa e una quantità impressionante di collegamenti metallici e di chiavi per liberare una voce che può essere di volta in volta scura, imponente, buffa, pastosa, aggressiva, nasale, vellutata... Una voce che può uscire da una zona dello strumento o da un'altra, da sopra o da sotto, di lato, da dietro arrivando alla magia di spazializzare il suono anche se l'esecutore resta dov'è. E nonostante la dimensione e il registro caratteristico, che ne fa il re dell'orchestra nel grave, è anche capace di rivelare una sorprendente, dolcissima voce acuta, quasi femminile. Una voce che possiamo forse pensare fosse proprio quella della Sibylla. (Claudio Ambrosini)

Raphaël Cendo Rokc II e III

La mia poetica propone una musica che richiede a ciascun strumentista di esplorare i propri limiti quanto a velocità, intensità, densità, pressione e potenza di emissione sonora. Una scrittura dell'eccesso che pone gli interpreti in uno stato fisico parossistico poiché richiede, prima di tutto, lo sviluppo della massima energia strumentale possibile. Viene dunque a cambiare anche l'atteggiamento dell'interprete nel momento della performance, in quanto gli viene richiesta una diversa forma di controllo che mette in crisi i normali parametri di correttezza esecutiva e di rispetto del testo musicale. L'autentica immersione nel “corpo sonoro” che si via via articolando richiede una grande attenzione alla scrittura del gesto, che in qualche modo “supera” la scrittura delle singole altezze che lo compongono, e costituisce una esperienza di ricerca radicale. Il Rokc è un uccello mitologico dal piumaggio bianco, di proporzioni e forza tali da permettergli di ghermire e mangiare anche elefanti; apparentato con la Fenice greca, guardiano dell'albero della conoscenza nel giardino delle esperidi, simbolo del rinnovamento e dell'immortalità. Composto di tre movimenti di cui gli ultimi due sono da eseguirsi concatenati, Rokc esplora un vasto materiale che viene riproposto in ciascuno dei tre movimenti. Questo aspetto ciclico di vita, morte e resurrezione è presente lungo tutto il pezzo, dominato da cambiamenti di stato brutali con alternanze tra lunghe frasi statiche, momenti di denso fruscio, slanci violenti, come improvvisi ritorni alla vita. Tali alternanze costruttive culminano nella parte finale di Rokc III ove tutti gli elementi del pezzo vengono compattati con una rapidità ai limiti dell'impossibile provocando un turbinio orgiastico di suono demoltiplicato e sovrapposto. (Raphaël Cendo)