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martedì 4 giugno 2013 ore 20.00 


Gran Teatro La Fenice, Sale Apollinee 


Maurice Ravel e i Prix de Rome dell'età romantica
Preludio critico di Paolo Furlani



«Il mio più caro desiderio sarebbe quello di
poter morire cullato dai voluttuosi e teneri
viluppi di quel 'miracolo musicale senza
confronti' che è il Prélude à l'après-midi d'un
faune
di Claude Debussy» (Maurice Ravel,
1931)


In collaborazione con Palazzetto Bru Zane
Centre de musique romantique française

ExNovo Ensemble

Nicoletta Sanzin arpa
Daniele Ruggieri flauto
Davide Teodoro clarinetto
Carlo Lazari violino
Annamaria Pellegrino violino
Mario Paladin viola
Carlo Teodoro violoncello

 



Claude Debussy (1862-1918)
Quartetto op. 10 in sol minore (1893) per archi
Animé et très décidé - Assez vif (Très rythmé) - Très lent - Vif et agité
Prix de Rome 1884

Gabriel Pierné (1863-1937)
Voyage au “Pays du Tendre” (1938) per flauto, violino, viola, violoncello e arpa
Prix de Rome 1882

Florent Schmitt (1870-1954)
Suite en rocaille op. 84 (1935) per flauto, violino, viola, violoncello e arpa
Sans hate - Animé - Sans lenteur - Vif
Prix de Rome 1900

Maurice Ravel (1875-1937)
Introduction et Allégro (1905) per arpa, flauto, clarinetto e quartetto d'archi





Claude Debussy Quartetto op. 10

Composto tra il 1892 e il 1893 ed eseguito a Parigi dal Quartetto Ysaÿe il 29 dicembre dello stesso anno con grande successo, il Quartetto op. 10 testimonia una temporanea rinuncia a coinvolgimenti letterari e pittorici per aderire ad una forma più tradizionale di “musica pura”. Pur coevo a Prélude à l'après-midi d'un faune, alle Proses Lyriques e alla prima versione dei Nocturnes, i maggiori saggi dell'estetica simbolista debussyana, il Quartetto applica la teoria franckiana della forma ciclica sottoponendola all'infaticabile cesello di continue riesposizioni e minuscole variazioni: predominano le trasformazioni di un unico tema, con sviluppi quanto mai modesti a favore di fascinose alterazioni prismatiche dell'armonia. Se dunque Debussy deve molto a Franck in questo quartetto è proprio il lato del trattamento armonico che crea tra le due concezioni musicali un abisso. Annota Debussy: «quando [il poeta Henri de Régnier] mi parlava della degradazione di certe parole della lingua francese dovuta all'uso eccessivo, mi dicevo che questo si poteva applicare anche a certi accordi che si erano deteriorati nello stesso modo». Secondo il giudizio di Franck «musique sur des pointes d'aiguille»: musica con i nervi tesi che - pur irritando Franck! - affascina per la sottile, impalpabile elettricità.

Florent Schmitt Suite en rocaille
Gabriel Pierné Voyage au “Pays du Tendre”

La fortuna dell'organico strumentale costituito da flauto, trio d'archi e arpa si deve a René Le Roy, famoso flautista francese e primo solista a portare in tournée nel 1919 la (appena ritrovata) sonata per flauto solo di Bach. Nel 1922 Le Roy fondò, con Marcel Garandjany, il Quintette instrumentale de Paris per il quale furono scritte molte importanti opere tra cui la Sérénade op. 30 di Albert Roussel, la Suite op. 91 di Vincent d'Indy , la Sonata a cinque di Gian Francesco Malipiero e i due brani in programma questa sera Voyage au “Pays du Tendre” di Gabriel Pierné e Suite en rocaille di Florent Schmitt. La Suite en rocaille fu presentata il 21 giugno 1937 durante il quindicesimo Festival della Société internationale de Musique Contemporaine e Nicolas Slonimski ne parla come di “un'opera in un elegante stile rococò”. Da sempre proclamatosi indipendente, fermamente credente nella necessità che l'elaborazione di un opera segua processi ed esigenze del tutto interiori Schmitt rimane formalmente legato alla tradizione classica tedesca di cui ammira la preziosa vitalità ritmica e l'impareggiabile geometria costruttiva. Come scrisse Albert Roussel: «Se ha ascoltato con compiacenza i tratti più affascinanti di Debussy, se ne ha gustato, come tutti i suoi contemporanei, la squisita e profonda voluttà, non ne ha derivato però che una grande lezione di indipendenza”. Sarebbe tuttavia riduttivo marchiare il gesto creativo di Schmitt come pura e semplice “tendenza conservatrice”, anche perché - a ben guardare nelle pieghe della sua arte - questa “proclamazione di indipendenza” non recide i legami della sua musica con l'impressionismo, pur accolto - sono sempre parole di Roussel - senza alcun tratto «di quella sdolcinatezza né di quella raffinatezza eccessiva che è stata rimproverata talvolta alla nostra scuola nazionale». Lo stesso Ravel confessò del resto aver guardato a Lucioles (1910) di Schmitt prima di stendere i suoi Miroirs. La musica di Schmitt non è da trascurare neppure quanto a invenzione ritmica: ne sono un esempio rilevante la Danse des Eclairs e la Danse de l'Effroi ne La Tragedie de Salomè (1907-1912) la cui metrica in (3/4+3/8) anticipa chiaramente la Sagra della Primavera di Stravinskij. Un'arte personale, disciplinata, certosina e artigianale quella di Schmitt che, seppur non aderendo alle istanze innovatrici della musica del suo tempo, non si può certo etichettare di epigonismo. Diverso è il caso di Voyage au “Pays du Tendre” di Gabriel Pierné, figura di grande notorietà nell'ambiente musicale parigino per la sua riconosciuta perizia come direttore d'orchestra. Seppur fortemente legato ad una visione di tradizione ottocentesca - sostanzialmente quella di Franck e di Massenet, che furono i suoi diretti maestri - la musica di Pierné fu alimentata da una insaziabile curiosità verso tutte le istanze innovatrici del suo tempo (diresse moltissimi lavori dell' “avanguardia” ad esempio la prèmiere di Ouseau de feu di Stravinskij) dei quali penetrò in profondità le ragioni artistiche e le tecniche esecutive. In Voyage au “Pays du Tendre”, l'ultima opera di Pierné si avverte dunque un tentativo di innestare nella propria temperie creativa una cultura musicale profonda senza “spirito di aggiornamento”, senza tradire la propria sensibilità, con sottile humor e raffinata delicatezza.

Maurice Ravel Introduction et Allégro

Il committente di Introduction et Allégro fu Albert Blondel, direttore della fabbrica di strumenti Érard, desideroso di promuovere un nuovo modello di arpa con cui affrontare la concorrenza della ditta Pleyel, la quale aveva precedentemente commissionato a Debussy le Danse sacrée et profane. All'arpa è affidato dunque un ruolo spiccatamente concertante che esalta tutte le potenzialità virtuosistiche dello strumento come risulta evidente nel virtuoso e brillante solo posto al centro dell'Allegro. Come scrive Hélèn Jourdan-Morhange (Ravel et nous, 1945) : «Ravel, tentato dalle 'mille' corde dell'arpa gioca con armonici e glissandi di sonorità translucida che si fondono, ricadono, provocano la nascita di raffinati accordi del quartetto d'archi. Opera dalle molte facce, come molte delle composizioni raveliane, sarebbe potuta essere affidata alla danza; una sorta di piccola favola fatata in forma di balletto nella quale ogni sogno può rivivere nel clima irreale della musica». L'opera, con algida raffinatezza, supera in un sol balzo tutte le tentazioni della musica francese “fin de siècle” e, avvalendosi di scelte timbriche studiatissime, tratta ogni colore strumentale come un motore in grado di sollecitare nuove risonanze utili ad alimentare il discorso musicale. Introduction et Allégro pur ereditando il sapore squisitamente diatonico del Quatuor è lavoro senz'altro più evoluto per l'estrema raffinatezza con cui Ravel, senz'altro memore delle sfide di Shérazade, tratta (si potrebbe dire “al microscopio”) la sonorità di ogni strumento.