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domenica 19 maggio 2013 ore 20.00 


Gran Teatro La Fenice, Sale Apollinee


La chambre magique

preludio critico di Gabriele Bonomo


«Il mio principale maestro di composizione è
stato Edgard Allan Poe» (Maurice Ravel, 1928)


Daniele Ruggieri flauto
Davide Teodoro clarinetto
Carlo Lazari violino
Mario Paladin viola
Carlo Teodoro violoncello
Nicoletta Sanzin arpa
Aldo Orvieto pianoforte

 



Christophe Bertrand (1981-2010)
Dall'Inferno (2008) per flauto, viola e arpa
Prima esecuzione assoluta
Prix de Rome 2008-09

Murice Ravel (1875-1937)
Sonate (1922) per violino e violoncello
Allegro - Tres vif - Lent - Vif, avec entrain

Betsy Jolas (1926)
Quatuor VI (1997) per clarinetto, violino, viola e violoncello

Françis Poulenc (1899-1963)
Sonate (1957) per flauto e pianoforte
Allegro malinconico - Cantilena - Presto grazioso

Gèrard Pesson (1958)
Ne pas oublier coq rouge dans jour craquelé (Moments Proust) (2010)
per violino e violoncello e pianoforte
Prix de Rome 1990-92

 


Christophe Bertrand Dall'Inferno

Ispirato all'omonimo romanzo di Giorgio Manganelli, Dall'inferno è una sorta di corsa contro l'orologio, in cui tutto è velocità e trasformazioni. L'architettura del brano risponde a criteri proporzionali precisi: in particolare lega la serie di Fibonacci al modello di ondulazione, costruendo una metrica delle sezioni che segue lo schema 1-2-3-5-8-5-3-2-1-2-3-5-8-5-3-2-1. La costruzione formale, frammentaria strutturalmente, è ideata secondo schemi processuali e sono facilmente identificabili elementi ricorrenti (come campi armonici o filiazioni motiviche) che conferiscono unità al lavoro. Impossibile non evocare in Dall'inferno il modello di Debussy: l'organico strumentale crea un esplicito riferimento nella memoria di tutti gli appassionati di musica. Ho dunque bandito, in particolare per l'arpa, tutte le tecniche che potessero ricordarlo: i glissandi, le atmosfere eteree, la ricerca di una “grazia sonora”; non volevo, d'altra parte, inseguire un cliché “negazionista” con un trattamento aggressivo e percussivo degli strumenti e dunque ho a lungo ricercato un identità della materia sonora in cui riconoscermi pienamente. (Christophe Bertrand)

Murice Ravel Sonate per violino e violoncello

La Sonata fu composta tra il 1920 e il 1922 («sembra una cosa da niente, questa costruzione musicale per due strumenti, ma c'è dentro quasi un anno e mezzo di lavoro accanito») su invito della Revue musicale: il solo Allegro iniziale, con il titolo di Duo, comparve nel famoso Tombeau de Claude Debussy, pubblicato nel dicembre 1920. Scrive ancora Ravel: «Credo che questa sonata segni una svolta nell'evoluzione della mia carriera: La spoliazione vi è spinta all'estremo e comporta la rinuncia al fascino dell'armonia e un orientamento sempre più pronunciato in direzione della melodia». L'autore rinuncia programmaticamente alla peculiarità timbrica dei due strumenti optando per registri quasi identici; proponendo dunque una nuova concezione del duo in cui prevale una melange sonoro simbiotico, e una concezione melodica volutamente labirintica. Come scrive Vladimir Jankélévich la Sonata «è forse la più riuscita, la più eccezionale» di Ravel poiché in essa non si può far a meno di ammirare quel rigore che Jean-Richard Bloch, alla morte del compositore, identificava come la disciplina che ci si è imposti per «dominare i mostri» di cui Ravel «sentiva dentro di sé i movimenti disordinati». Un “ritorno al disegno”, al contrappunto più puro e più denso, un abbandono delle sontuose sonorità orchestrali sperimentate nel Trio, a favore di un artigianato accanito e meticoloso. La critica del tempo non seppe scorgere in questo enigmatico capolavoro la poesia che si cela dietro dissonanze e virtuosismi diabolici, glaciali limpidezze, registri inconsueti, crudezze armoniche e frequente uso della politonalità: i primi esecutori Hélène Jourdan-Morhange e Marcel Maréchal parlano di «massacro». Ravel non fu presente alle prime esecuzioni della Sonata ma il resoconto di questi «massacri» lo fece molto ridere!

Betsy Jolas Quatuor VI

Più di trent'anni fa, avevo chiamato quatuor un'opera per trio d'archi e voce che richiamava chiaramente al quartetti di Mozart per flauto o oboe. Tra le mie preoccupazioni del momento mi ricordo della necessità di confrontare tre rappresentanti di una stessa famiglia strumentale con l'unico membro di una famiglia differente. Già mi si ponevano alcune questioni divenute poi fondamentali e che io chiamavo di organigramma: chi fa che cosa, quando, dove? Chi conduce, chi segue, chi propone, chi sviluppa etc. etc. … ? Questa volta, avendo scelto il clarinetto per rappresentare la famiglia dei fiati in contrapposizione a quella degli archi, come non pensare non solo a Mozart ma anche a Brahms. Rilevando tuttavia che, in entrambi i casi, si tratta di un quintetto. Quattro archi contrapposti ad un clarinetto: come se il clarinetto valesse, si potrebbe dire “pesasse” di più rispetto ad un flauto o ad un oboe! Nel 1997 ho dovuto evidentemente tener conto di questo e, associando il clarinetto a tre e non a quattro archi, ho dovuto trovare delle strategie per “compensare” l'arco mancante e assicurare al clarinetto un ruolo di spicco, per renderlo - difficile trovare l'espressione migliore - principale. Tutto un programma! … (Betsy Jolas)

Françis Poulenc Sonate per flauto e pianoforte

Anche se la prima notizia appare nel 1952 in una lettera all'amico, il baritono Pierre Bernac, la Sonata per flauto fu composta a Cannes tra il dicembre 1956 e il marzo 1957, al tempo della première dell'opera Les dialogues des Carmélites e venne commissionata dalla Elizabeth Sprague Coolidge Foundation per onorare la memoria della fondatrice, scomparsa nel 1953, e probabilmente la più importante figura di mecenate della storia della musica del Novecento. Nella sua autobiografia il flautista Jean-Pierre Rampal riferisce di aver lavorato più volte con Poulenc per la messa a punto della stesura definitiva della Sonata, che venne presentata in prima esecuzione il 18 giugno 1957 al Festival di Strasburgo con il compositore stesso al pianoforte. Il primo movimento è un Allegretto malinconico: non più che una velatura di malinconia, fondata sulle innumerevoli ripetizioni - costantemente cangianti per tonalità e ricche di contrasti dinamici - del suo incipit, un motivo di disarmante semplicità: un levare con un veloce accordo spezzato del solista introduce una melodia che discende con regolarità cromatica per una sesta dalla tonica alla caratteristica della tonalità di mi minore. La celebre Cantilena in si bemolle minore prepara ad un Presto giocoso très mordant che concede al flauto libertà di volteggiare solisticamente su un andamento motorio brillante e dinamico del pianoforte. La gioia è velata da un episodio secondario introspettivo e - in maniera del tutto inattesa - da un tratto di profonda malinconia.

Gerard Pesson Ne pas oublier coq rouge dans jour craquelé (Moments Proust)

Questo trio è costruito di molteplici momenti musicali ispirati dai taccuini di Marcel Proust. Proust è in un certo senso un legame riflesso fra Anne-Lise Gastaldi (pianista e fondatrice del trio George Sand) e me stesso. Questa partitura, è un omaggio alla musica di Vinteuil (compositore quasi immaginario de La Recherche du temps perdu)ed è a lui dedicata; ma è anche una meditazione sugli arcani dell'invenzione proustiana. La frase utilizzata come titolo di questo trio è una sorta di memoria abbozzata da Proust sul foglio 45 (verso) del Carnet 4 (1914-1917), ed è legata ad un particolare di un quadro di Pieter Bruegel come anche all'incandescente Septuor, l'ultima opera di Vinteuil. (Gerard Pesson)