giovedì6 dicembre 2012 ore 20.00
Gran Teatro La Fenice, Sale Apollinee


Michele Marasco flauto (*)
Daniele Ruggieri flauto preludio critico di
Francisco Rocca e Nicola Campogrande

Wilhelm Friedemann Bach (1710-1784)
Duetto Nr. 4 Fk. 57 in fa maggiore (1736/43)
Allegro e moderato - Lamentabile - Presto

Carl Philipp Emanuel. Bach (1714-1788)
Sonata in la minore Wot 132 (Helm 562) per flauto solo (*)
Poco Adagio - Allegro - Allegro

Ludwig van Beethoven (1770-1827)
Duetto in sol maggiore WoO 26 (1792)
Allegro - Minuetto

Paul Hindemith (1895-1963)
Sonatina canonica op 31/3 (1924)

Philip Glass (1937)
Piece in the Shape of a Square (1967)

Nicola Campogrande (1969)
Sistole & Diastole (2012)
Commissione Ex Novo Musica 2012
prima esecuzione assoluta


La musica contrappuntistica viene spesso avvertita come complessa, noiosa, quasi solo severo esercizio riservato alle scuole di composizione. Per non conservarne tale immagine mentale alterata può essere utile brevemente ricordare il fenomenale excursus che ne ha visto l’applicazione in molti diversi universi musicali attraverso i secoli. Nata nel Medioevo con la pratica del canto liturgico, dalla sovrapposizione punctum contra punctum di una seconda linea melodica, detta discanto al canto dato, l’arte contrappuntistica si è affinata e si arricchita di regole in parallelo con il cambiamento della notazione musicale. Il potenziamento della scrittura da semplici neumi sopra il testo biblico a note quadrate su un numero di linee sempre crescente, fino all’adozione del pentagramma, ampliò le possibilità di riflessione compositiva consentendo la creazione di mondi espressivi raffinatissimi, quali i mottetti fiamminghi, i madrigali secenteschi e, tra gli altri generi, le messe protestanti del Settecento. La pratica conservò anche, nei secoli, la sua originaria valenza didattica e i duetti barocchi che ascolteremo stasera (figli dei bicinia rinascimentali) nascono con naturalezza dal contatto tra maestro e allievo. In un’epoca nella quale la musica era un’attività quotidiana, parte integrante e imprescindibile dell’educazione delle classi abbienti, fu famoso il sodalizio tra Johann Joachim Quantz, polistrumentista e compositore, e Federico II di Prussia, flautista dilettante e suo allievo. La copiosa produzione di duetti flautistici di Quantz e di Georg Philipp Telemann apporta una decisa svolta a tale genere e ne propone una forma che equilibra virtuosismo e adesione alle regole del sistema. Il Duetto di Wilhelm Friedemann e la Sonata (in questo caso si tratta appunto di un duetto per flauto solo!) di Carl Philipp Emanuel Bach proposti stasera possono considerarsi tra i saggi più alti del periodo barocco, poiché innestano lo stile contrappuntistico di Johann Sebastian, ben più evoluto armonicamente, nella forma, in origine più leggera e mondana, del duetto: i risultati sono sorprendenti. Impostare un intero concerto con un organico composto da due soli flauti potrebbe sembrare azzardato. Stupirà alquanto constatare come due voci omofone, costrette in un genere ben delineato, possano invece creare mondi fascinosi, fittamente intersecati. E’ questo il caso del Sonatina canonica di Hindemith, grande estimatore dei meccanismi creativi del passato che furono per lui vivificante tema di riflessione: «la musica non è altro che rumore, finché non raggiunge una mente in grado di riceverla» è tra i suoi detti più celebri. Ma anche dell’invenzione di Philip Glass, nella quale la forma viene ampliata fin quasi a spaccarsi, e genera un nuovo atteggiamento di ascolto, volutamente oppiaceo e straniante. Chiude il concerto un nuovo lavoro di Nicola Campogrande, Sistole & Diastole, un duetto d’amore basato su un gioco meccanico, un «pulsare piuttosto evidente» che si fa di volta in volta implacabile, trasognato, lirico o tagliente. [Valentina Confuorto]

Wilhelm Friedemann Bach Duetto Nr. 4 Fk. 57 Fu durante il suo soggiorno a Dresda, tra il 1733 e il 1746, che Wilhelm Friedemann Bach compose i suoi duetti per flauto. Organista come il padre, si dedicò anche alla composizione per strumenti a fiato probabilmente suggestionato dalla presenza in città di due dei più importanti flautisti dell’epoca: Pierre-Gabriel Buffardin (1690-1768) e il suo allievo Johann Joachim Quantz (1697-1773). Tra i modelli ispiratori sono da annoverarsi anche le Sonates sans basse per due flauti o violini di Georg Philipp Telemann, del quale aveva grande stima anche suo padre Johann Sebastian. Il duetto in fa maggiore riunisce in sé spirito galante e accenni di classicismo. Il primo tempo, Allegro e moderato, comincia con figurazioni rapide su basso albertino; procedendo, i vari temi sono proposti in ordine diverso, con modulazioni improvvise e imprevedibili, per ritornare soltanto nelle ultime battute alla tonalità principale. Dominano i contrasti di modalità e di colore, in un vorticante crescendo. Di tutt’altro carattere il Lamentabile, nel quale la perizia compositiva si congiunge con un’affettività introspettiva e toccante. Le due voci si intrecciano, si invertono o si accompagnano, si riecheggiano e si rincorrono, toccando innumerevoli tonalità, ma senza fermarsi in particolare su nessuna. L’ultimo tempo è brillante, di carattere più leggero e accattivante; gli strumenti si esibiscono qui nelle agilità, in un ritmo che alterna il binario e il ternario.

Carl Philipp Emanuel Bach Sonata in la minore Wot 132 (Helm 562) Le componenti dell’esecuzione sono il volume e la morbidezza delle note, la loro pressione, la direzione, il disegno, la spinta e la vibrazione, con interruzioni, trattenimenti, rallentamenti e accelerazioni. Colui che non usa queste cose o le utilizza al momento sbagliato produce una cattiva esecuzione. Con queste poche, lapidarie parole Carl Philipp Emanuel Bach descrive le modalità di una buona esecuzione, senza nemmeno accennare all’elemento tecnico, ma concentrandosi esclusivamente sul gesto musicale. Secondo figlio maschio di Johann Sebastian e della sua prima moglie Maria Barbara, tenuto a battesimo da Georg Philipp Telemann, fu clavicembalista della cappella di Federico II il Grande, che era flautista dilettante. Prolifico compositore, coniugò lo studio della forma alla ricerca della cantabilità, espressa tanto nei brani vocali quanto in quelli strumentali, sempre proteso verso confini espressivi oltre le consuetudini dell’epoca. La Sonata in la minore, probabilmente composta per il re, è l’unico brano della raccolta per strumento solo senza accompagnamento al basso. Divisa canonicamente in tre tempi, inizia con un adagio che è una sorta di lunga cadenza giocata su grandi contrasti dinamici e su uno straordinario rapporto suono/silenzio, dove l’intenzione musicale è affidata soprattutto alla capacità dell’esecutore di dosare le frasi "rubando", ossia gestendo il tempo con le opportune sfumature di trattenimenti e accelerandi. Gli abbellimenti della linea melodica sono naturali, e il suo elaborato sviluppo non forzato; in alcuni punti la linea melodica suggerisce polifonia a due e anche a tre voci. Il secondo tempo (Allegro) sembra richiamare l’energico movimento di una delle Suites inglesi di Johann Sebastian, con ampi salti e veloci modulazioni. L’ultimo, Allegro, è più vicino, invece, allo stile brillante delle sonate flautistiche di Johann Joachim Quantz, con virtuosismi non scevri di affettuosità.

Philip Glass Piece in the Shape of a Square Quando il compositore francese Eric Satie si sentì dire che la sua musica era priva di forma, scrisse in risposta a questa accusa i suoi Trois Morceaux en forme de Poire per pianoforte a quattro mani. Il titolo del Piece in the Shape of a Square per due flauti di Philip Glass è dunque un chiaro omaggio all’arte di Satie. L’incipit del brano propone un motivo - quasi la "bozza" di un motivo - scritto ad arte per contenere numerose pause; in tal modo l’entrata della seconda voce si può inserire nel dialogo "riempiendo" poco a poco i vuoti melodici della prima voce fino a comporre una attraente melodia, dalla semplice orecchiabilità. Una volta che la melodia si è conquistata pienamente lo spazio sonoro, si trasforma gradualmente - con estrema lentezza, sempre aderendo ai precetti della minimal music - nelle sue strutture ritmiche, armoniche e melodiche dilatandosi in senso orizzontale mediante un processo di costante interpolazione di nuovi materiali e di accumulazione. L’opera volge al termine proponendo una frenetica sovrapposizione delle cellule melodiche che si accavallano incessantemente in un concitato duello ritmico tra le voci. La prima esecuzione del brano avvenne alla Film-Makers Cinemathèque di New York il 19 maggio 1968; le partiture musicali erano appese al muro, per una esecuzione itinerante ‘geometrica’ da parte dei flautisti. La risposta del pubblico, che comprendeva anche molti artisti visivi, fu entusiastica.

Ludwig van Beethoven Duetto in sol maggiore WoO 26 Nel suo primo periodo creativo Beethoven ebbe una certa predilezione per la composizione di duo strumentali destinati a celebri virtuosi. Oltre al Duo in sol maggiore per due flauti (WoO26) il Duo in mi maggiore per viola e violoncello (ca. 1795) e i tre Duo per clarinetto e fagotto (ca. 1800) testimoniano questa tendenza. Tutte e cinque le composizioni sono creazioni particolarmente ingegnose. Il Duo per flauti, dedicato all’amico giurista Degenhart, è stato scritto il «23 agosto 1792 a mezzanotte ». Pochi mesi dopo Beethoven sarebbe partito per andare a studiare composizione con Haydn a Vienna e voleva lasciare un ricordo del sentimento d’affetto che lo legava al giurista, il quale gli scriverà poco più tardi in una lettera: l’amicizia ti ha inciso nel mio cuore con lettere di fuoco indelebili. Questo brano è scritto nella forma concisa che caratterizza le composizioni giovanili di Beethoven: uno stile fluente e scorrevole e un trattamento della melodia a tratti ancora convenzionale, ma sempre raffinato. La tecnica di Beethoven di proporre motivi semplici - quasi insignificanti - e svilupparli successivamente con un ricco e fantasioso contrappunto, che svilupperà soprattutto nelle opere della maturità, è già preannunciata in questi brevi pezzi. Nell’Allegro iniziale un primo tema delicato e grazioso è svolto spesso per terze e i due flauti si scambiano ordinatamente gli interventi. Il secondo tema propone, come era consuetudine, una figurazione meno veloce che sfrutta giochi ritmici di semplice ma ben articolata fattura. Segue un intervento cantabile in minore, ove si presentano modulazioni inaspettate e toccanti, che preludiano il ritorno al tema iniziale. Nel Minuetto la danza scorre lieta, attribuendo al secondo flauto una mera funzione di accompagnamento. Come scrive Giovanni Carli Ballola a proposito di questi brani per fiati, «non riusciamo ad immaginarceli da due servi in livrea, o comunque da strumentisti prezzolati: ciò è particolarmente vero per il leggiadro Duo di flauti, che consta di un Allegro e di un Minuetto e scorre via con l’amabile tenuità della brezza notturna.»

Paul Hindemith Sonatina canonica op 31/3 Dal 1922 Hindemith iniziò a farsi conoscere presso la Società Internazionale di Musica Contemporanea di Salisburgo. E’ in questo periodo che il suo stile tende ad abbandonare il gusto tardo-romantico che aveva caratterizzato la sua prima fase creativa per intraprendere una ricerca contrappuntistica più approfondita, attingendo elementi soprattutto dal linguaggio bachiano. La maggior parte delle opere di questo periodo è tonale ma non diatonica, utilizza le dodici note della scala cromatica liberamente, piuttosto che fondarsi su un determinato numero di note della scala diatonica. La Sonatina canonica per due flauti aderisce pienamente a queste caratteristiche stilistiche. Nel primo movimento, un Moderato in 12/8, il tema è esposto dal secondo flauto e ripreso dal primo una battuta e mezzo dopo una terza maggiore sopra. La melodia scelta appare alquanto capricciosa e inafferrabile, eppure l’opera si presenta all’ascolto come ben ordinata e strutturata. Il secondo movimento è un Capriccio; stavolta è il primo flauto ad esporre la melodia principale, imitato dal secondo una seconda maggiore sotto. L’opera non rinuncia ai classici stilemi flautistici di note ribattute alternate a passaggi più legati e cantabili ma il sapiente trattamento polifonico riesce a conferire un colore affascinante e inusuale all’ordito strumentale; predomina l’uso di un ritmo anapestico, metro antico derivato dalla poesia greco-latina e formato da due sillabe brevi e da una lunga. L’emozionante Presto inizia con un canone "alla quinta"; dopo una prima sezione veloce e dinamica il brano si placa in un fluido andamento a terzine, per poi far ritorno al tema iniziale, imitato stavolta "alla settima" dal secondo flauto. Infine, dopo tanti giochi imitativi, la Sonatina si conclude con disegno omoritmico in ottave.

Nicola Campogrande Sistole & Diastole Avevo voglia di scrivere un duetto d’amore, e mi sono arrovellato a lungo alla ricerca della storia migliore da poter proporre a un duo di flauti. Cercavo qualcosa di forte e di semplice, che potesse sposarsi con un organico basic ma in realtà molto complesso da gestire - come quello che mi aveva proposto l’Ex Novo Ensemble. Alla fine, conversando con un amico sceneggiatore, ci è venuto in mente che i protagonisti della storia sarebbero stati quelli minimi, essenziali, dei due movimenti di un cuore che batte, e così i miei personaggi sono immediatamente diventati Sistole e Diastole. Con loro, avevo evidentemente identificato un ritmo di base che si sente pulsare in modo piuttosto evidente, benché non manchino episodi extrasistolici e, giocando ad intrecciare, a sciogliere e ad intrecciare nuovamente le linee dei due flauti, mi sono divertito a seguire il filo di un grande amore. [Nicola Campogrande]