sabato 24 novembre 2012 ore 20.00
Gran Teatro La Fenice, Sale Apollinee


Alberto Mesirca chitarra

Ex Novo Ensemble
Daniele Ruggieri flauto
Mario Paladin viola
Carlo Teodoro violoncello

Preludio critico di
Andreina Costantini

florilegio di melanconie antiche e moderne

Nicolò Paganini (1782-1840)
Serenata in do maggiore op. 69
MS 17
per viola, violoncello e chitarra
Allegretto spiritoso - Minuetto
(Andantino/Amorosamente) -
Adagio non tanto (unione con
anima) - Rondò con maestria e
grazia (Canzonetta genovese) -
Andantino alla polacca

Saverio Mercadante (1795-1870)
Aria variata da Don Giovanni di
Wolfgang Amadeus Mozart, per
flauto solo

Andreina Costantini (1958)
Spiral: eine Klanggestalt (2012), per
flauto, viola, violoncello e chitarra
Commissione Ex Novo Musica
Prima esecuzione assoluta

Franz Schubert (1798-1828)
Quartetto D. 96 (dal Notturno op.
21 di W. Matiegka, 1814) per flauto,
chitarra, viola e violoncello
Tempo moderato – Menuetto -
Lento e patetico – Zingara - Tema e
Variazioni


Durante l’Ottocento si usavano stampare raccolte di musiche, denominate “florilegi”, il cui scopo era quello di fornire un repertorio appropriato per le abituali riunioni nei salotti: le raccolte avevano uno scopo eminentemente pratico e dunque, per assicurare varietà e godibilità, si raccoglievano brani musicali che differivano tra loro per epoca e stile, con predilezione per le riduzioni di arie d’opera e di singoli movimenti, particolarmente apprezzati, di brani strumentali. Il concerto di stasera è una raccolta varia di brani di inizio Ottocento, ma non manca, come di consuetudine, una composizione contemporanea che è stata commissionata da Ex Novo Musica ad Andreina Costantini con l’intenzione di condividere non solo un organico strumentale ma un progetto e un ambiente culturale, con sapienza e intelligenza creativa. La malinconia è uno stato d’animo associato, fin nell’antica Grecia, al temperamento dominato dall’umore della bile nera; “umore nero” non era da ricollegare al senso moderno di rabbia o stizza, ma piuttosto al “dolce oblio”, ad una leggera venatura di tristezza che pervade il carattere, rendendolo profondo e orientato alla pace e all’introspezione. Pensando a Nietzsche, potremmo anche qualificarlo come il sottile disagio provocato dall’ordine strutturato, dunque dall’apollineo. La Serenata di Paganini proposta questa sera è un dono di nozze per la sorella, un’occasione di gaiezza e di musica condivisa: vi aleggia un virtuosismo concepito per rallegrare, più che per stupire. Le gazzette italiane ed europee dei primi decenni del secolo XIX abbondano di informazioni sul virtuosismo di Paganini, esaltandone la tecnica strabiliante e il fascino personale; Paganini stesso accenna a una «nuvola di ritratti», nessuno dei quali presenta il suo vero volto, e di questa popolarità soleva dire «io ne rido a crepare e lascio fare». Tuttavia scriveva a Germi il 15 gennaio 1832 «a dirti il vero mi rincresce che si propaghi l’opinione in tutte le classi ch’io abbia il diavolo addosso». In questa temperie si situa efficacemente l’Aria variata di Mercadante, concepita per un ambito salottiero e mondano, da ascoltare tra una cioccolata e un pettegolezzo, per compiacersi del riconoscimento di un’aria ascoltata a teatro e della bravura dello strumentista che esegue i complicati passaggi delle variazioni. Il Quartetto di Schubert che ascolteremo stasera è un singolare esempio di opera a più mani: il brano è una “nuova versione” di un Notturno di Matiegka che Schubert non si limita a un ri-arrangiare, bensì arricchisce con temi proprî e della tradizione popolare zigana. Era forse il Notturno di Matiegka – come si direbbe oggi – un’opera originale? Ebbene no: il suo ultimo movimento si basa sul Lied Mädchen, o schlummre noch nicht di Johann Friedrich Anton Fleischmann. Il Quartetto fornirà inoltre ispirazione a Schubert per una sezione del famoso Quintetto in do maggiore, il quale chiude così un circolo intricato di reinvenzioni e rimandi. E’ una tipicità dell’età contemporanea una – a nostro avviso folle – caparbietà nell’affrettarsi a fissare un’opera d’arte attraverso edizioni e incisioni discografiche definitive. Anche nel panorama della musica cosiddetta – senza autentiche ragioni – leggera, ci si azzuffa su questioni di diritto d’autore per lo più inconsistenti. Varrebbe la pena ricordare le palesi analogie tematiche tra molte opere di Mozart e lavori di autori coevi ben note all’epoca. Cosicché se Mozart fosse vissuto ai giorni nostri avrebbe probabilmente passato al sua vita nelle aule di tribunale a difendersi dell’accusa di plagio! Per analogia, sarebbe come se uno scrittore contemporaneo fosse querelato perché adopera una parte di parole uguale a quelle di autori precedenti. La ripresa, l’elaborazione, la variazione non sono dunque da intendersi come emulazioni, bensì come reinvenzione nel contesto di un linguaggio parzialmente condiviso. [Valentina Confuorto]

Nicolò Paganini Serenata in do maggiore op. 69 MS 17 La chitarra ha spesso condizionato la vita musicale genovese: basti pensare all’accordatura del mandolino genovese identica a quella della chitarra, alla voce di chitarra nel “trallallero” (forma di canto polifonico esclusivamente vocale tipico dell’area genovese), all’interesse di Giuseppe Mazzini, valente chitarrista autore fra l’altro del saggio Filosofia della musica (1835) la cui chitarra è conservata al museo del Risorgimento, alla leggendaria figura di Pasquale Taraffo (1887- 1937), autentico pioniere della discografia mondiale chitarristica. Oltre che con il violino, Paganini era un grande virtuoso anche come chitarrista: molti degli arpeggi, accordi e bicordi che adottava sul violino erano trasposizioni di combinazioni accordali che aveva sperimentato sulla chitarra. Lo studio sistematico dei due strumenti ha fatto più la fortuna del primo, ma ha lasciato in eredità al secondo una quantità enorme di repertorio. Si racconta che il musicista, con Gioacchino Rossini e Mauro Giuliani nel 1818 a Roma, costituì il cosiddetto “Triumvirato musicale”: i tre si incontravano durante i festeggiamenti del Carnevale e, per passatempo goliardico, travestiti da ciechi, andavano cantando canzoncine lungo le strade, con Paganini che suonava la chitarra per il divertimento dei passanti. Inoltre il musicista era solito accompagnare alla chitarra le sue allieve violiniste. La chitarra trova altresì ampio spazio nella sua produzione cameristica, nella quale lo strumento riveste il ruolo insostituibile di sostegno armonico, dai tratti pacati e raffinati. La Serenata a viola, violoncello e chitarra fu composta nel 1808, in occasione del matrimonio della sorella Dominica con Giovanni Battista Passadore. Il manoscritto originale si trova a Roma nella Biblioteca Casanatese. Prima del Rondò è stata inserita nel manoscritto la Polacca al Terzetto n. 1, probabilmente scritta dalla nipote del compositore, ma che stasera sarà eseguita come da tradizione.

Saverio Mercadante Aria variata da Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart
La formula delle arie variate, procedendo sui due binari paralleli della riproposta di un tema celebre e della seduzione del virtuosismo puro, affascinò un’intera generazione di autori-interpreti, da Paganini a Liszt, da Briccialdi a Bottesini, fornendo, aldilà dell’effetto per l’effetto, una grande lezione d’artigianato, inventiva e sapienza compositiva. Certo, considerata l’enorme produzione operistica dell’epoca, temi celebri che nell’Ottocento suonavano all’orecchio come immediatamente riconoscibili non lo sono più ai giorni nostri; eppure questo genere non fu soltanto il tramite tra il melodramma e il salotto borghese, ma assunse autonomia creativa in una società dove spesso il fare musica era l’unico svago delle serate trascorse in famiglia. Per il flauto Saverio Mercadante ebbe una particolare predilezione, scrivendo sei concerti con orchestra, tre quartetti per flauto e archi, sei duetti a due flauti, venti studi e sette capricci per flauto solo. L’originale delle Dieci arie variate per flauto solo non riporta la data, ma tutte le opere da cui furono estrapolate le arie sono state rappresentate a Napoli tra il 1812 e il 1828, alcune in prima esecuzione assoluta. Non si tratta quindi di un lavoro giovanile, ma di componimenti che, pur assecondando le precise richieste dell’editore, coniugano l’omaggio al gusto dell’epoca ad una magistrale lezione di tecnica della variazione, sia per quanto riguarda l’inventiva che per ciò che concerne l’articolazione e l’alternanza degli effetti e delle cadenze, mirabilmente scritte per mettere in evidenza le più raffinate sonorità dello strumento. Sull’aria Là ci darem la mano Mercadante scrive quattro variazioni; la prima propone un semplice andamento a terzine con graziose note di passaggio cromatiche, la seconda si sviluppa soprattutto in verticalità, alternando arpeggi e scalette. La terza variazione riprende il tema in minore, mentre l’ultima sfoggia un brillante virtuosismo in arpeggi e una fitta alternanza di articolazioni; tutta l’opera è pervasa da autentico buon gusto e grande cantabilità.

Andreina Costantini Spiral: eine Klanggestalt
Il titolo (Spirale: una figura sonora) si relaziona a un lungo periodo della mia vita in cui sono stata affascinata dagli esperimenti, ormai storici, degli psicologi della teoria della Gestalt sulla percezione di figura e sfondo. L’idea di spirale genera la forma del pezzo, un progressivo allontanamento e conseguente riavvicinamento da un centro sonoro iniziale (la nota re). Mano a mano che le idee musicali si trasformano, la percezione delle “figure” e dei relativi “sfondi” varia in modo che ogni figura possa essere percepita come sfondo e viceversa. I quattro strumenti vengono considerati come personaggi di una pièce teatrale, trattati come protagonisti assoluti oppure come emanazione di un’unica voce, ricercando, in un gioco a tratti un po’ grottesco, sonorità che li facciano assomigliare il più possibile. [Andreina Costantini]

Franz Schubert Quartetto D. 96 Wenzeslaus Thomas Matiegka, chitarrista e compositore austriaco, pubblicò il Notturno op. 21 a Vienna presso Artaria nel 1807, dedicandolo al conte Johann Karl Esterhazy. Da questo trio Schubert ricavò il celebre Quartetto D. 96, aggiungendo una parte di violoncello all’organico originale. Il manoscritto schubertiano, datato 26 febbraio 1814, venne ritrovato nel 1918 e pubblicato una decina d’anni più tardi a cura di Georg Kinsky. Essendosi persa ogni memoria dell’opera originale, il quartetto venne interamente attribuito a Schubert. Fu solo nel 1932, quando il chitarrista danese Torwald Rischel trovò la prima edizione del Notturno, che fu possibile riconoscere definitivamente a Matiegka la paternità originale del brano. Tuttavia tra le due versioni esiste qualche attinenza: anche Schubert dedica il brano al conte Esterhazy, delle cui figlie sarà insegnante di musica a partire dal 1818. Probabilmente si trattò di un’opera di riscrittura ai fini esecutivi della nobile casa, oppure di un favore reso ad un amico violoncellista del compositore. L’opera tuttavia non manca di originalità e di interventi compositivi: oltre a scrivere interamente il secondo trio del minuetto, Schubert dà voce alla sua passione per la musica popolare ungherese, inserendo nel quarto movimento (Zingara) una tipica danza popolare gitana sotto forma di “verbunkos”. Dieci anni più tardi inoltre una citazione del terzo movimento del Notturno comparirà nell’Andante sostenuto del Quintetto in do maggiore op. 163 D 956, una delle estreme fatiche creative del compositore. Infine, è importante rilevare che l’ultimo movimento del Notturno di Matiegka si basa sul tema del Lied Mädchen, o schlummre noch nicht (Non dormire, ragazza), composto da Johann Friedrich Anton Fleischmann (1766-1798) ma talvolta erroneamente attribuito a Haydn.