4

mercoledì 31 ottobre 2012 ore 20.00
Gran Teatro La Fenice, Sale Apollinee


Ein Gruss an J. S. Bach


Camillo Togni (1922-1993)
Ricercare op. 28B (1947)
per pianoforte
prima esecuzione assoluta


Johannes Brahms (1833-1897)
Sonata in mi minore op. 38 (1862-65)
per violoncello e pianoforte
Allegro non troppo - Allegretto quasi
menuetto - Allegro


Bohuslav Martinu (1890-1959)
Cinque madrigali
"per Albert Einstein" H. 297 (1943)
per violino e pianoforte
Moderato - Poco allegretto -
Andante moderato - Scherzando -
Poco allegro


Alfred Schnittke (1934-1998)
Sonata No. 3 (1994) per violino e
pianoforte
Andante - Allegro molto - Adagio
- Senza tempo (tempo libre, ma
inquieto)


Wolfgang Amadeus Mozart
(1756-1791)/ Arvo Pärt (1935)
Mozart-Adagio (1992/2005),
versione del II tempo della Sonata in
Fa maggiore KV 189e (280)
per violino, violoncello e pianoforte

 


In collaborazione con
Istituto per la Musica della
Fondazione Giorgio Cini


Grazia Raimondi violino
Luigi Piovano violoncello
Aldo Orvieto pianoforte


preludio critico di
Vitale Fano

Mauricio Kagel, forse tra le figure più irriverenti e fuori dagli schemi 

della musica  contemporanea, ha affermato: 

«Forse non tutti i compositori credono in Dio, ma tutti credono in Bach». 

Johann Sebastian Bach, tanto misconosciuto dai
contemporanei quanto fonte inesauribile di ispirazione per numerosi figli
spirituali; poeta del contrappunto, «Urvater der Harmonie» (Beethoven),
demiurgo tematico, uomo dedito ai piaceri della vita e della musica. Dopo
la sua dipartita fu tenuto da poco conto per mezzo secolo, finché nel
1802 Johann Nikolaus Forkel pubblicò una sua biografia. Goethe conobbe
le opere di Bach relativamente tardi nella sua vita ascoltando una serie
di concerti a Bad Berka fra il 1814 ed il 1815; narrò di quest'esperienza di
ascolto in una lettera del 1827, definendo la musica di Bach come "un'eterna
armonia in dialogo con se stessa". Fu però Felix Mendelssohn il vero
e proprio sponsor di Johann Sebastian con l'esecuzione, della Passione
secondo Matteo a Berlino nel 1829. Hegel, che assistette alla Passione,
definì Bach «grande, davvero protestante, robusto, genio erudito». L'influsso
del compositore non è stato solo musicale, ma anche, per dirlo alla
latina, tramite un processo nomen omen. Molti compositori gli hanno reso
un omaggio dal sapore crittografico traducendo le lettere del suo nome in
note musicali (B = Si bemolle, A = La, C = Do, H = Si naturale): Beethoven,
Brahms, Liszt, Shostakovich, Maderna, Togni, per fare solo alcuni nomi.
Ancor molte di più sono le composizioni che, più o meno velatamente,
per stile, idee tematiche o tecnica compositiva si sono ispirate a Bach. Il
programma di stasera inizia con un "ricercare": una forma di ispirazione
rinascimentale, che consisteva nella trascrizione delle improvvisazioni e
delle sperimentazioni sul proprio strumento. Il Ricercare di Togni propone
molteplici soluzioni armoniche avventurose ispirate a un Bach non più
barocco, ma già contaminato dai rimaneggiamenti di due secoli, passando
per Arnold Schoenberg e Ferruccio Busoni. Il titolo del concerto di questa
sera è stato tratto dalla descrizione che Brahms stesso fece della Sonata
op. 38: «Ein Gruss an J. S. Bach»; dunque un saluto a J. S. Bach, non una
dedica, neppure un omaggio: l'utilizzo di temi dell'Arte della fuga mira
dunque a far rilucere il genio contrappuntistico bachiano, conferendogli
una nuova veste, inquadrandolo cioè in uno sviluppo tematico di temperie
romantica. Il clima di profonda, quasi solenne reverenza di Brahms
verso il genio bachiano sarà del resto subito chiaro a tutti dalle prime note
dell'opera. Il mondo sonoro dei Madrigali di Martinu, è più rilassato e
giocoso, ma, dietro l'apparente fruibilità, sottostanno due secoli di ricerca
contrappuntistica relazionata alla cantabilità. Schnittke, pioniere del caos
polistilistico, alla memoria di Bach ha dedicato molte opere tra le quali il
Concerto Grosso n. 1, la Seconda Sonata per violino e pianoforte. Nella
Terza Sonata proposta stasera non v'è alcun riferimento esplicito all'opera
bachiana: proprio per questo si apprezza ancor meglio il recupero di un
procedere fantasioso e stravagante, tipico dell'età barocca. Le risoluzioni
delle aspre dissonanze e gli incastri delle voci sembrano obbligate da lunghe
radici sotterranee. Si narra che Mozart, quando visitò la chiesa di San
Tommaso a Lipsia e ascoltò l'esecuzione del mottetto Singet dem Herrn
ein neues Lied BWV 225, esclamò: "Questo è qualcosa da cui possiamo
imparare!". Dopo essersi fatto dare tutti gli spartiti di Bach presenti nella
chiesa si sedette e non si alzò finché non ebbe finito di esaminarli tutti.
Arvo Pärt trasfigura l'adagio mozartiano, connotandolo con una nota luttuosa
e dolente, quasi da Passione. La musica di Bach è come la tessitura
di un tappeto persiano, dalle trame incalcolabili e dai disegni intricati e
sapienti. E' bello sapere che il Voyager Golden Record, il disco inserito
nelle prime due navicelle del Programma Voyager, lanciato nello spazio nel
1977, contiene tre sue composizioni e che dunque "i terrestri" hanno scelto
la sua musica come biglietto da visita. [Valentina Confuorto]


Camillo Togni Ricercare op. 28B (1947) «Quell'anno 1938 fu determinante però anche per
un altro motivo, mi capitò un'esperienza sconvolgente: ebbi la preziosa
possibilità di ascoltare Arturo Benedetti Michelangeli (di cui in seguito
divenni allievo) nell'esecuzione delle opere 11, 19, 25 e 33a di Schoenberg.
(...) L'occasione, più unica che rara, fu terrificante per un giovane musicista
come me; seppur nell'alveo di un fortissimo ascendente bachiano,
navigavo in un linguaggio che si faceva costantemente cromatico. Del
resto, ero mahleriano senza aver mai udito nulla del compositore boemo.»
In poche righe Camillo Togni evoca, in una limpida autoanalisi, gli stimoli
che animarono la sua ricerca stilistica nel periodo precedente all'adozione
del metodo dodecafonico. Il Ricercare op. 28B si situa in questa fase di
transizione e - in un certo senso in modo esemplare - rappresenta un breve
ma significativo interludio tra le Variazioni per pianoforte e orchestra
op. 27 e la Prima Partita Corale op. 29. Il grande amore per la musica di
Bach ben si esprime nella stesura della Prima Partita Corale op. 29 (1948,
trascrizione di cinque preludi corali di Bach dall'organo) che: "prendeva
l'avvio dalla grande lezione busoniana" e si inseriva nell'orbita di un "Bach
berlinese", nel "massiccio gioco pianistico che tende a valorizzare tutta la
densità polifonica". Le Variazioni op. 27 (1945/46), senz'altro una delle
opere più rilevanti di questo primo periodo stilistico, dedicate «al mio maestro
Arturo Benedetti Michelangeli» sono state concepite a partire da un
tema di dodici note, il quale però viene sfruttato - senza adottare il metodo
con rigore - per costruire una densa stratificazione di aree armoniche;
con abile tecnica Togni riesce ad ancorarsi ad alcuni centri tonali impliciti
nella serie superando la facile tendenza ad una esasperazione del cromatismo.
Tutte queste ricerche abitano il Ricercare op. 28B il cui primo aspetto
può risultare un semplice, schietto omaggio a Bach, ma le cui ricercatezze
armoniche certo superano i consueti giochi tonali sia del periodo barocco
che di quello tardo-romantico. Bach insomma rimane costantemente sullo
sfondo ma "non è un dato univoco, una volta per tutte determinato e concluso,
ma costituisce una 'virtualità', un 'itinerario' una 'summa' di infiniti
significati, un ' tracciato' di infinite direzioni". [Aldo Orvieto]


Johannes Brahms Sonata op. 38 in mi minore La genesi della Sonata op. 38 di Johannes
Brahms occupò un arco di tempo di tre anni; i primi due movimenti, oltre
all'Adagio affettuoso (poi eliminato per essere riproposto ventiquattro
anni dopo nell'op. 99), risalgono al soggiorno estivo del 1862 a Münster am
Stein, mentre il finale fu scritto nel 1865 a Lichtental. L'opera fu scritta sotto
sollecitazione dell'insegnante di canto e violoncellista dilettante Josef
Gänsbacher, il quale si era adoperato affinché il compositore ottenesse nel
1863 l'incarico di direttore della Wiener Singakademie.
Il primo movimento, Allegro non troppo, ha la forma di un movimento di
sonata con tre temi. L'esposizione si apre con il primo tema, in mi minore,
che imprime il tono espressivo all'intero movimento: di nobile effusione
lirica, il tema sale dal registro più grave del violoncello e si dispiega in
crescendo; la linea melodica, che pone in risalto l'intervallo di semitono
discendente (do-si) essenziale alla struttura dell'intera sonata, passa dal
violoncello alla tastiera. Il secondo tema, in si minore, è di natura lirica e
cantabile come il primo, ma assai più tumultuoso e frammentato; i due
strumenti sono strettamente intrecciati, in un'iniziale rincorsa in canone.
Alla conclusione dell'esposizione subentra il terzo tema, in si maggiore,
inizialmente affidato al pianoforte su disegno ostinato del basso. Lo sviluppo
si articola in tre arcate e l'elaborazione delle idee tematiche corrisponde
all'ordine di apparizione dei temi stessi nell'esposizione. Chiude il
movimento una coda di ampio respiro, in mi maggiore, fondata sulla testa
del primo tema e sul disegno ostinato del terzo. Il movimento centrale,
Allegretto quasi Menuetto, è contrassegnato da un ritmo danzante, leggermente
venato di malinconia; per tipologia e struttura è assimilabile a
uno Scherzo. La prima parte, in la minore, si caratterizza per una grazia
melanconica che allude esplicitamente all'epoca classica. La parte centrale
è costituita dal Trio, in fa diesis minore, lirico e sentimentale, in cui per
larghi tratti il violoncello e la mano destra del pianoforte suonano la stessa
melodia in ottave. Il movimento più singolare della sonata è l'Allegro
finale, dove convivono l'omaggio alla tradizione e una fervida creatività
compositiva, in un complesso ordito contrappuntistico a tre parti (mano
destra, mano sinistra del pianoforte, violoncello). Il tutto è una poderosa
e articolata fuga di inconfondibile impronta bachiana. La scrittura dell'op.
38 denota una mirabile diversificazione e ricchezza nelle modalità d'interazione
paritaria tra i due strumenti. La sonata si contraddistingue inoltre
per una disposizione in qualche modo retrospettiva dai molteplici riferimenti.
In evidenza, il riferimento all'Arte della fuga di Bach: il tema principale
del primo movimento trae spunto dal soggetto del Contrapunctus
4, laddove quello del finale, che è una mediazione tra la fuga e la forma
di sonata, ricalca il soggetto del Contrapunctus 13. Il secondo movimento,
Allegretto quasi Menuetto, si richiama invece all'epoca classica. Alcuni
elementi di affinità si possono cogliere con una sonata, anch'essa identificata
come op. 38, del violoncellista e compositore tedesco Bernhard Romberg
(1767-1841), che Brahms utilizzò come modello e fonte d'ispirazione
nel trattamento della parte violoncellistica.


Bohuslav Martinu Cinque madrigali "per Albert Einstein" H. 297 Nel novembre del 1943
Martinu scrisse Cinque madrigali per violino e pianoforte dedicandoli ad
Albert Einstein, allora professore presso la Princeton University. Fino ad
allora Martinu non aveva mai conosciuto lo scienziato, anche se in seguito
sarebbero diventati colleghi. Il compositore aveva però seguito il suo lavoro
scientifico con interesse e al riguardo ebbe a dire: «Non lo capirò mai,
ma mi piace immensamente leggerlo... .Continuo a studiare privatamente
questi argomenti. Per fortuna, più procedo nello studio, più mi perdo,
meno lo capisco, ma sono sopraffatto dalla curiosità e dall'entusiasmo di
scoprire, di sapere qualcosa che probabilmente non capirò mai.» Martinu
aveva saputo che il noto fisico suonava il violino amatorialmente; probabilmente
lo aveva scoperto l'anno prima, quando entrambi si trovavano a
Praga e Einstein aveva eseguito duetti per violino e pianoforte con Max
Brod. I brani si avvalgono di una scrittura polifonia libera, con ripetute
esposizioni dei temi; il gioco contrappuntistico tra le voci è di matrice
quasi barocca. La durata dei movimenti in generale è contenuta e l'andamento
piuttosto moderato, in modo da permetterne l'esecuzione con
una tecnica amatoriale, quale quella di Einstein. Fa eccezione l'Andante
moderato, che si prolunga in maniera più articolata, evolvendo secondo
una scrittura di complessità crescente, mentre il Poco allegro finale esplode
in irregolarità ritmiche e passaggi quasi virtuosistici. Einstein ringraziò
il compositore per il dono e cercò di eseguire alcuni dei brani all'università
con Robert Casadeus al pianoforte. Sfortunatamente, non abbiamo modo
di appurare la veridicità dell'aneddoto secondo il quale Martinu, alla domanda
su come il grande scienziato avesse suonato le sue composizioni,
esitò un po' e poi rispose con arguzia: «Relativamente bene».


Alfred Schnittke Sonata No. 3 

Nella Sonata n. 3 per violino e pianoforte Alfred  Schnittke
tralascia i consueti riferimenti a diversi stili compositivi del passato e
il suo umorismo sardonico, per consentire alla sua musica di affrontare
tematiche profondamente personali. Il brano è strutturato in movimenti
abbastanza brevi, essenziali e al contempo appassionati. Nonostante la
dizione 'per violino e pianoforte', in realtà lo strumento a tastiera serve
principalmente come punteggiatura per le note sostenute e per le figurazioni
del violino. Il primo movimento, Andante, dà l'impressione di essere
la continuazione di un discorso già principiato: una sorta di monologo violinistico
punteggiato dagli occasionali interventi del pianoforte; nel corso
dell'esposizione del materiale tematico di questo primo movimento il
tono va dall'argomentativo al supplichevole. Il secondo movimento, Allegro
molto, assegna al pianoforte una partecipazione molto più attiva, pur
restando il violino il catalizzatore dell'attenzione, con estesi e frequenti
passaggi solistici. L'andamento melodico è tortuoso e le strutture accordali
pungenti, con un climax sempre ascendente di intensità emotiva. Il
brano sfocia con naturalezza in un Adagio che, con le sue linee melodiche
placide e sussurrate, invita in un mondo emozionale più privato rispetto
agli altri tempi. L'ultimo movimento, con indicazione Senza tempo, inizia
con un accordo esplosivo di violino e pianoforte e continua con improvvisi
e forti contrasti nella melodia ora pacata ora angosciata del violino, con
improvvise entrate quasi aggressive di entrambi gli strumenti. Il movimento
arriva al culmine con una serie di concitate scale ascendenti e discendenti,
terminando con un ultimo frammento della melodia del violino e un
accordo stridente del pianoforte.


Wolfgang Amadeus Mozart/Arvo Pärt Mozart-Adagio fu composto in memoria del
violinista Oleg Kagan, grande amico di Arvo Pärt e raffinato interprete
mozartiano, mancato all'improvviso. Per lui e per Natalia Guttman il
compositore aveva già scritto un Doppelkonzert per violino, violoncello e
orchestra, eliminandolo poi dal catalogo perché non ne era soddisfatto.
Tuttavia l'esperienza a stretto contatto con gli interpreti era stata così
stimolante da indurlo a commemorare l'amico, riadattando il brano mozartiano
per lo stesso organico del concerto. La prima esecuzione del brano
fu a cura del trio Kalichstein al festival di Helsinki nel 1992. Quelli di
Pärt sono interventi quasi impercettibili, essendo presenti tutte le note
dell'originale mozartiano. Come sosteneva Olivier Messiaen, nelle opere
di Mozart è fondamentale lo studio della microdimensione, soprattutto in
campo ritmico; la sottigliezza delle scansioni deriva dal gioco delle inflessioni
e degli accenti, e quindi, in ultima analisi, dalla parola. Il fatto che
tali accenti non siano presenti sulla partitura, ma debbano essere dedotti
dal contesto melodico, dalla conduzione armonica e da altri fattori, spiega
la difficoltà di una buona esecuzione mozartiana. Non sorprende dunque
che Pärt abbia lavorato proprio sulla microdimensione, dove le sue sobrie
inserzioni richiedono prima di essere scoperte e poi interpretate nel modo
opportuno. Il brano non è dunque né un arrangiamento né un collage.
L'approccio del compositore al lavoro originale non ha un carattere giocoso
(come per esempio nel brano ispirato a Wenn Bach Bienen gezüchtet
hatte di Bach), ma piuttosto cauto e rispettoso. Aspetti relativi dello stile
compositivo di Mozart e dello stile tintinnabuli di Pärt sono in equilibrio
tra loro, in un risultante incontro spirituale tra il XVIII e il XX secolo. Alla
partitura di partenza Pärt aggiunge una modesta introduzione, un interludio
e una coda, così come un moderato e costante 'commento'. La cornice
introduttiva e conclusiva consistono nel più semplice materiale: violoncello
e violino suonano discretamente singole note in un umile duetto
di seconde e di terze. Per il commento, il compositore utilizza l'intervallo
mozartiano di seconda minore diffondendo questa sonorità dissonante in
tutto il brano, una sorta di sotterraneo e ripetuto lamento per la perdita
dell'amico.