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domenica 21 ottobre 2012 ore 20.00
Gran Teatro La Fenice, Sale Apollinee



Daniele Ruggieri flauto
Aldo Orvieto pianoforte
Mario Scappucci pianoforte (*)
Alvise Vidolin regia sonora e live electronics


Ex Novo Ensemble
Davide Teodoro clarinetto
Carlo Lazari violino
Carlo Teodoro violoncello


preludio critico di
Alvise Vidolin e Nicola Sani

 


diabolici meccanismi espressivi


Nicola Sani (1961)
No landscape (2012) per pianoforte
e live electronics con controllo
"motion capture"
Commissione Ex Novo Musica/SaMPL
prima esecuzione assoluta


Vittorio Montalti (1984)
Labyrinthes per flauto ed elettronica (2012)
Commissione Ex Novo Musica/SaMPL
prima esecuzione assoluta


Claudio Rastelli (1962)
Per pianoforte (n.2) (2012)
per pianoforte amplificato
Commissione Ex Novo Musica
prima esecuzione assoluta


Mario Scappucci (1964)
Lieder ohne Worte (2012) per flauto,
clarinetto, violino, violoncello e
pianoforte (*)
Commissione Ex Novo Musica
prima esecuzione assoluta


È un luogo comune affermare che la musica contemporanea spesso si esprime attraverso
linguaggi e strutture sconosciuti al grande pubblico. Il problema della
decodifica di un'opera musicale, della conoscenza o meno della grammatica
in base alla quale è stata strutturata un'opera è tematica oggi molto
discussa. Questo poiché oltre agli aspetti estetici e strutturali interni alla
composizione (che raramente sono stati percepiti, anche nella musica del
passato), si è posto un ulteriore importante tema di indagine: quello delle
modalità percettive, della gerarchia dei parametri musicali su cui deve
concentrarsi l'ascolto. Se la musica tonale focalizzava la sua attenzione
sull'altezza e la durata dei suoni (per cui si imponeva la supremazia di
un procedere melodico/armonico sempre ben strutturato ritmicamente)
i parametri dinamica/timbro - come ha autorevolmente fatto notare il
semiologo Jean-Jeacques Nattiez - erano stati posti gerarchicamente in
un ambito "di secondo livello" percettivo. Ma questa gerarchia non è assoluta
e non può essere dunque applicata alla successiva evoluzione della
storia della musica. Ogni altro parametro o gerarchia di parametri può dare
origine ad una particolare grammatica musicale che consenta imprevedibili
o se vogliamo diabolici meccanismi espressivi. E con ciò entriamo nel
vivo della tematica proposta dal programma di questa sera. Per ritornare
sull'importanza sempre maggiore dell'elemento timbrico nell'ambito della
nuova musica, la disponibilità di strumenti sempre più sofisticati per
l'elaborazione elettronica del suono ha fornito ai compositori potenzialità
espressive un tempo inconcepibili: portare alla soglia dell'udibilità, selezionare,
e amplificare le risorse timbriche più nascoste di un determinato
materiale musicale, farlo interagire con se stesso e con l'ambiente. Il
suono e il suo doppio, il suono e lo spazio, o anche la costruzione di uno
spazio timbrico, come sentiremo questa sera. Fin qui gli aspetti tecnici,
formali, situazionali. Ma queste nuove possibilità di scandagliare nel profondo
il materiale sonoro determinano anche una diversa concezione semantica
della musica. Con la crisi della tonalità sembra rompersi - all'atto
dell'ascolto, non ovviamente nel momento creativo - l'equilibrio tra elemento
logico (forma, struttura) ed elemento fenomenologico (il materiale
sonoro udito); si acquista sempre più la consapevolezza che i suoni siano
di per sé fin troppo significativi perché abbiano bisogno d'altro. Al pari
dell'aroma del caffè nel celebre esempio di Wittgenstein il loro significato
si impone a prescindere dalla possibilità e ancor meno della necessità
di esprimerlo a parole. Gli ascoltatori di questa sera, dunque, dovranno
sgombrare la loro mente da preconcetti e concezioni estetiche giustificate
solo dall'abitudine, e cogliere con orecchio aperto e sensibile gli elementi
caratterizzanti le composizioni proposte: il paesaggio sonoro che schiude
la composizione di Nicola Sani e insieme la sua immagine elettronicamente
deformata; i labirinti paralleli (metafora di quanto abbiamo fin qui
affermato sull'intangibilità del noumeno musicale) nel brano di Vittorio
Montalti; le combinazioni casuali/intenzionali che si generano in base ad
un nuovo sistema di regole ideato da Claudio Rastelli; infine, il cosiddetto
"gradiente stilistico", cifra distintiva del lavoro di Mario Guido Scappucci,
tentativo di superare l'eclettismo postmoderno spesso fine a se stesso e
ristabilire, pur nella varietà di stili, una nuova coerenza espressiva.
(Roberto Campanella)

 


Nicola Sani No landscape 

«There is no landscape in my work» (Mark Rothko) Lo spazio
timbrico del pianoforte è la materia sonora di questa composizione, paesaggio
sonoro su cui si innesta quello della sua immagine trasposta e trasfigurata
attraverso l'elaborazione elettronica. I processi che determinano
la formazione di questo spazio timbrico "altro", che distorce, trasforma
quello reale con un effetto straniante, sono determinati dalla gestualità
dell'interprete, mediante un complesso sistema interattivo realizzato dal
Laboratorio SaMPL di Padova, basato sul dispositivo Phase Space "Impulse",
che utilizza la tecnica del motion capture. A differenza di altre
tecniche di elaborazione del segnale che intervengono sui processi di determinazione
gestuale del suono, il sistema utilizzato per questo progetto
utilizza i movimenti dell'interprete per entrare letteralmente all'interno dei
parametri costitutivi del suono, modificandone strutturalmente la componente
spettrale. No landscape si riferisce alla creazione di un piano
sonoro virtuale e etimologicamente "utopico", dove il piano strumentale
si confonde continuamente in un'immagine stravolta e esasperata. I due
campi sonori sono l'uno espansione dell'altro e la loro interazione avviene
secondo una logica destrutturante della compresenza. Entrambi insistono
sullo stesso spazio percettivo, da essi deriva l'insieme delle proiezioni sonore.
Gli interpreti (al pianoforte e alla regia del suono e live electronics)
determinano interagendo il non-luogo timbrico di figure che emergono da
agglomerati sonori e da loro condensazioni tridimensionali, scatenando le
azioni in una drammaturgia che ogni volta inventa, crea un diverso concetto
spaziale.
(Nicola Sani)


Vittorio Montalti Labyrinthes 

«Ossessivamente sogno di un labirinto piccolo, pulito, al
cui centro c'è un'anfora che ho quasi toccato con le mani, che ho visto
con i miei occhi, ma le strade erano così contorte, così confuse, che una
cosa mi apparve chiara: sarei morto prima di arrivarci.» (jorge luis borges)
Labyrinthes è un brano per flauto basso ed elettronica scritto per
l'Ex Novo Ensemble. Nella composizione si sviluppa la descrizione di un
ipotetico labirinto e di possibili itinerari in cui perdersi. Il viaggio all'interno
di questa rete costruisce una narrazione in cui gli elementi musicali si
alternano, si sovrappongono e si trasformano l'uno nell'altro con ritorni
in luoghi già visitati. L'elettronica amplifica il percorso strumentale, divenendone
un'estensione. Si creano così labirinti paralleli, diramazioni che
aprono la porta su dimensioni "altre". Il brano è inoltre un omaggio allo
scrittore e poeta Jorge Luis Borges e ai suoi labirinti.
(Vittorio Montalti)


Claudio Rastelli Per pianoforte (n.2) 

Il brano nasce in seguito a lunghe improvvisazioni al
pianoforte e all'individuazione di un "gesto-base": un rapido continuum nel
quale il pianista articola molto e crea le condizioni per evitare/aumentare/
diminuire il "rischio" che i martelletti raggiungano le corde. Le caratteristiche
tecniche ed espressive del gesto-base mi hanno suggerito la creazione
di un sistema di regole che conduce il brano attraverso casualità, gestione/
controllo della casualità, intenzionalità. L'interesse a comprendere elementi
di casualità nella mia musica è dato esclusivamente dalla possibilità di ottenere
risultati musicali che sarebbe impossibile o molto difficile ottenere con
l'intenzione. Le regole e le indicazioni interessano molti ambiti: dal registro
nel quale si svolge il gesto-base (10 note) alla comparsa delle rimanenti due
"note intenzionali"; dall'obbligo di creare sempre combinazioni per gradi
congiunti alla precisa "gradazione di rischio-suono"; dai due ampi cluster
tenuti dal pedale tonale al particolare uso del pedale di risonanza. Il risultato
è una semplice forma ad arco che inizia e termina con il solo ticchettio delle
dita sui tasti. Il brano raggiunge dinamiche appena udibili; la postazione
migliore per l'ascolto sarebbe quella del pianista. Per questo motivo il pianoforte
sarà amplificato sia nella cordiera sia sulla tastiera. Per pianoforte
(n.2) è dedicato ad Aldo Orvieto.
(Claudio Rastelli)


Mario Guido Scappucci Lieder ohne Worte 

Per molti anni ho lavorato affinché lo stile
Postmoderno, dal quale ero pur partito alla fine degli anni '80, fosse superato
- senza dovervi rinunciare del tutto - in favore di una nuova coerenza.
Fu così che le partiture della prima metà degli anni '90 si caratterizzarono
soprattutto per una ricerca di costanti rapporti tra stili musicali diversi,
che entrassero in relazione reciproca attraverso quelle che avevo chiamato
"modulazioni stilistiche". Questa nuova concezione compositiva si è
andata evolvendo verso una sempre più coerente omogeneizzazione dei
materiali musicali più diversi. Nacquero così una serie di lavori, basati su
diverse sintassi provenienti da aree stilistiche assai differenti e che alternavano
gesti musicali tardo romantici, impressionistici e espressionistici
con il jazz e le nuove concezioni ritmiche, derivate dallo strutturalismo.
Da allora questa modalità di composizione si è ulteriormente sviluppata e
rafforzata, dando origine a quella concezione stilistica che ho chiamato,
in omaggio ad Hindemith, "Gradiente Stilistico". Questo concetto, per
me, rappresenta la possibilità di valutare esteticamente tutto il mondo
sonoro contemporaneo così eterogeneo, non come mera compresenza
contingente di materiali diversi - concezione questa già definita dal Postmoderno
-, ma come possibilità di un nuovo linguaggio che si riallacci
alla tradizione e la renda attuale. L'elemento, che più di ogni altro si pone
come agente omogeneizzante, è la melodia. Una ritrovata cantabilità è la
forza gravitazionale attorno alla quale i materiali più disparati accettano di
fondersi gli uni negli altri. In fondo la mia concezione musicale si esprime
soprattutto in un canto ritrovato, un canto oltre il silenzio. Il silenzio, appunto,
l'ultimo, straordinario e più prezioso anello della sperimentazione
avanguardistica.
(Mario Scappucci)